Zamora

Neri Marcorè

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Walter Vismara è un ragioniere a tutto tondo, lo era nell'animo addirittura prima di iniziare a praticare la professione, e lavora come contabile presso una piccola fabbrica di Vigevano. Quando la ditta per cui lavora senza alcun preavviso chiude, il ragioniere si ritrova a lavorare per un'altra azienda, che ha un approccio molto differente dalla prima. Il suo nuovo posto di lavoro, infatti, si trova nella dinamica e avveniristica Milano e il suo capo è il Cavalier Tosetto, un imprenditore moderno e arguto. Tutto filerebbe liscio, se non fosse che il suo nuovo boss ha una fissazione, quella per il folber: ogni settimana costringe i suoi dipendenti a sfidarsi in una competizione calcistica, che vede i single gareggiare contro gli sposati. Purtroppo Walter detesta il calcio e sin da subito si schiera in porta. Questa sua scelta porta l'insopportabile ingegner Gusperti a prenderlo di mira, soprannominandolo sarcasticamente Zamora in riferimento al celebre portiere spagnolo degli anni '30. Il ragioniere è costretto a sopportare le umiliazioni sia in campo che in ufficio, decide di mettere a punto un piano per vendicarsi.
DATI TECNICI
Regia
Neri Marcorè
Interpreti
Alberto Paradossi, Neri Marcorè, Marta Gastini, Anna Ferraioli Ravel, Walter Leonardi, Giovanni Esposito, Giovanni, Giacomo, Pia Engleberth, Giuseppe Antignati, Pia Lanciotti, Marco Ripoldi, Dario Costa, Giulia Gonella
Durata
100 min.
Sceneggiatura
Maurizio Careddu, Paola Mammini, Neri Marcorè, Alessandro Rossi
Fotografia
Duccio Cimatti
Montaggio
Alessio Doglione
Musiche
Pacifico
Distribuzione
Pepito Produzioni con Rai Cinema
Nazionalità
Italia
Anno
2024

Presentazione e critica

Anni ’60. Walter Vismara è il contabile di una piccola fabbrica di provincia. Trasferitosi per necessità a Milano si trova a lavorare in un’azienda il cui proprietario è fissato con il calcio e tiene tantissimo al fatto che i suoi dipendenti disputino ogni anno una partita. A una delle due squadre che dovranno affrontarsi manca però il portiere e Walter, per assecondare i voleri del boss, finge di esserlo. Dovrà però cercare di trovare una soluzione prima dell’incontro.

Neri Marcoré debutta dietro la macchina da presa con originalità e, al contempo, con una nota personale anche se il film si ispira al romanzo del giornalista sportivo Roberto Perrone scomparso nel 2023.

 

Perché Walter è quel Neri introverso e un po’ spaesato che lasciò Porto Sant’Elpidio per andare a studiare a Bologna divenendo progressivamente l’attore che tutti conoscono. Qualcuno cioè che scopre aspetti della vita sociale da cui si era tenuto lontano ed è costretto a crescere, magari anche contro voglia.

Partendo però da un appellativo attribuitogli per dileggio: Zamora. Ricardo Zamora Martinez è stato un portiere il cui nome è rimasto nella storia del calcio come quello dei migliori in questo ruolo. Walter, un po’ come il protagonista di Impiegati di Pupi Avati, arriva nella grande città sapendo molte cose in teoria (risponde a tutte le domande di Mike Bongiorno) ma difettando nel rapporto con la realtà.

 

Marcoré si rispecchia in Walter ma, per ragioni anagrafiche, si cuce addosso il personaggio dell’ex portiere Cavazzoni. Costui, uscito dal mondo del professionismo in seguito ad uno scandalo, più che vivere si lascia vivere trovando però una ragione di riscatto nell’allenare segretamente Walter cercando di prepararlo nel modo più adeguato possibile all’incontro che lo attende. Due personalità che affrontano i propri disagi finendo con il divenire l’uno il sostegno dell’altro. Una volta tanto anche il versante romantico viene trattato con la dovuta misura e deprivato dei luoghi comuni che spesso il cinema ci propone (e propina).

Un apprezzamento ulteriore merita di essere sottolineato: Marcoré è un attore di vaglia e lo si vede non solo nella sua interpretazione (e sarebbe scontato). Lo si può apprezzare nella selezione di un cast in cui non c’è un interprete che non sia adeguato al ruolo affidatogli. A partire da Alberto Paradossi, che diventa un Walter a cui vengono richieste variazioni di atteggiamento successive, fino ai caratteristi (si veda in particolare l’arbitro) per non dire all’ultima comparsa. Irresistibile poi il confronto tra un Giovanni e un Giacomo rivali in ambito calcistico in un film che sa essere divertente e produttivo di riflessioni senza mai perdere di vista la giusta misura

 

Mymovies

“Il calcio continua a spiegare la vita. Un archetipo perfetto, nevralgico nella semplificazione dei concetti. Insegna la vita, ed è perfetto al cinema. Più in generale, gli sport movies sono un genere a parte che, spingendo su un certo tipo di immaginario, riescono a parlare trasversalmente al pubblico. In questo senso, Zamora, ottimo esordio alla regia di Neri Marcorè, sfata un mito: un vecchio luogo comune vorrebbe il calcio (o il folber, secondo la cadenza di Gianni Brera) impossibile da raccontare sul grande schermo. E Marcorè, che realizza un film dalle buone maniere, ma comunque spinto da un’atmosfera in qualche modo liberatoria e spregiudicata, riesce a puntellare al meglio le basi della scrittura, modellano secondo il suo modo di essere un’appassionata opera prima.

Piccola parentesi: Marcorè è solo l’ultimo tra gli attori italiani ad aver attraversato il Rubicone: attori e attrici che diventano registi, cercando (chissà?) la chiave giusta, il personaggio che covavano dentro, senza aver avuto il modo di tirarlo fuori. La lista è lunga (lo sappiamo, da Paola Cortellesi a Michele Riondino), e questo testimonia tra l’altro la buona salute del nostro cinema, che cerca – tramite i nomi più amati – di dare al pubblico nuove storie e nuove suggestioni. Con un punto di partenza, che ha a che fare proprio con Zamora: nell’esordio di Marcorè, per sua stessa ammissione, c’è una sfumatura biografica. Un ragazzo di provincia che viene catapultato in un grande città, ritrovandosi in una dimensione sconosciuta. Che fare? Buttarsi. Buttarsi come un portiere.

Liberamente ispirato all’omonimo libro di Roberto Perrone, e scritto da Marcorè insieme a Maurizio Careddu, Paola Mammini e Alessandro Rossi, Zamora ruota attorno a Walter Vismara, ragazzotto mite, ordinato, metodico. Ragioniere nell’Italia del boom economico, quando trovare un lavoro era un’impresa facile: bastava un diploma, e ti aggiudicavi l’ufficio più grande. Walter lavora a Vigevano come contabile di una piccola impresa. Quando però la fabbrica chiude, eccolo assunto in una grande azienda, nel centro di Milano. Dalla campagna alla metropoli. L’Italia che cambiava, tra timidezze e retaggi difficili da scalfire.

Walter è un pesce fuor d’acqua, anche perché il capo dell’azienda, cavalier Tosetto, oltre essere ossessionato dall’Inter, è solito organizzare partite settimanali tra i dipendenti, ripartiti in Scapoli e Ammogliati. Peccato che Walter non conosca nulla di calcio, e sia ben poco avvezzo allo sport. Messo alle strette, si dichiara però portiere. In ufficio, tra battute e prese in giro, lo ribattezzano “Zamora” (campione spagnolo anni 30). Walter, che intanto ha stretto una tenera amicizia con la segretaria Ada, per uscire dal guscio, puntando alla rivincita con i colleghi, inizia ad allenarsi con Giorgio Cavazzoni, ex-portiere scalcinato finito in disgrazia.

Ecco, come per altre opere prime, Zamora ci spinge a chiederci come proseguirà la carriera registica di Neri Marcorè. E il motivo è semplice: il film, nella sua tenerezza e nel suo garbo, riesce a parlare in modo chiaro al pubblico, senza vergognarsi della propria riservatezza o della propria attinenza cinematografica. Siamo molto curiosi, allora, di capire come l’attore, divenuto regista, affronti il cambio di prospettiva. Che poi, a guardar bene, è ciò che avviene nella struttura del film: il protagonista Walter affronta un cambio netto, che verrà accompagnato dal regista tramite uno sguardo soffice e partecipe, avvolgendolo da un’artigianalità che trasuda calore (traducendo la vitalità di un’Italia entusiasta e speranzosa).

 

Movieplayer

Neri Marcorè, uno degli artisti italiani più̀ versatili del panorama italiano (autore, attore di cinema e teatro, conduttore televisivo e musicista), aggiunge un nuovo tassello al mosaico dei suoi modi di esprimersi. A stregarlo, convincendolo ad accettare la sfida della prima regia, è stato il romanzo di Roberto Perrone, “Zamora”. L’attore marchigiano lo ha girato senza rinunciare al suo sguardo e mostrando la maturità̀ di un veterano anche dietro la macchina da presa. Così, forte dell’esperienza di una quarantina di film da attore, e un Nastro d’argento vinto oltre dieci anni fa per Il cuore altrove diretto dal suo scopritore, Pupi Avati, Marcorè ottiene il risultato di farci viaggiare indietro nel tempo fino a quegli anni ’60 carichi di fiducia nel futuro ma anche di asprezze e concorrenza nel presente, proprio per l’inurbamento di tanta gente dai piccoli centri alle grandi città. Il risultato è una storia dai toni lievi, che offre i sapori e i colori di quel tempo ottimista, girata con cura nell’ambientazione, nei dettagli, nella guida degli attori. Tra i quali brillano una (di nuovo) strepitosa Marta Gastini e un divertentissimo Giovanni Storti nel ruolo del patron dell’azienda. Un debutto di grande qualità̀ e un film con pochi precedenti recenti, sia per lo stile, sia per le tematiche affrontate, dallo sradicamento al bisogno di credere in sé. E che aggiunge un sapore in più̀ a quelli già̀ presenti nella nostra cinematografia.

 

Ciakmagazine