Marc Forster
DATI TECNICI
Regia
Durata
Genere
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Fotografia
Montaggio
Distribuzione
Nazionalità
Anno
Presentazione e critica
La magia di Wonder torna ad emozionarci con un nuovo capitolo. Dopo gli eventi del film precedente, il bullo Julian è stato espulso dalla scuola e cerca di ambientarsi nel nuovo istituto. Sentendolo in difficoltà, la nonna lo sorprende, gli fa visita e gli racconta la storia della sua infanzia. Di come lei, giovane ragazza ebrea nella Francia occupata dai nazisti, fu nascosta e protetta da un compagno di classe, oggetto di bullismo a causa di una deformità alla gamba destra frutto della poliomielite. Il suo nome? Julien, proprio (quasi) come lui. Parte da qui Wonder: White Bird, il nuovo film di Marc Forster che dopo Ritorno al Bosco dei 100 acri e Non così vicino continua a raccontare del potere della gentilezza e dell’empatia come unica ricetta possibile per cambiare il mondo.Tratto da A Wonder Story – Il libro di Julian, graphic novel di R. J. Palacio del 2015 e e al cinema dal 4 gennaio con Notorious Pictures e Medusa Film, rispetto all’opera originaria la narrazione di Wonder: White Bird si discosta in parte dal legame diretto con il predecessore, quel Wonder instant-cult di buoni sentimenti, famiglie e gioia di vivere, reso piccolo capolavoro cinematografico dal trio Julia Roberts, Owen Wilson e Jacob Tremblay, qui rievocato in apertura di racconto attraverso un piccolo espediente. Si parte da lì però, dalle conseguenze su Julian (Bryce Gheisar), l’unico superstite del capitolo precedente, per raccontare ancora di discriminazione ma in modo diverso. L’ingresso scenico di Nonna Sara (una Helen Mirren preziosa come voce narrante e rivelatrice) amplia i confini narrativi della pellicola raccontando di sensibilità e coraggio in tempo di guerra. E qui entriamo nel vivo di Wonder: White Bird, nel suo sorprendente e in fin dei conti spiazzante cuore narrativo, che ci lancia dritti nel cuore dell’avanzata nazista in Europa attraverso i volti e i corpi della giovane Sara (Ariella Glaser) e di quel Julien (Orlando Schwerdt) anima candida e pura in un mondo resistente ma in bilico su di un baratro, disposto sempre a porgere l’altra guancia nonostante le violenze e i soprusi. Nel loro incontro, l’indifferenza mista a pregiudizio diventano amicizia salvifica e infine amore mai realmente vissuto – e quindi divenuto memoria e reso nostalgia – sullo sfondo di un affresco storico in cui Forster non lesina mai in dolcezza, commozione e momenti magici di evasione (con tanto di omaggio a Tempi Moderni). Una lezione senza tempo sul valore della memoria e sull’importanza di fare del bene, sempre, a qualunque latitudine della vita.
Inizialmente previsto in uscita negli Stati Uniti per settembre 2022, Wonder: White Bird è stata una delle prime pellicole vittima dello sciopero degli attori e dei conseguenti rinvii. Uscita in Italia prevista per novembre, è stata poi spostata a gennaio 2024 per meglio adattarsi ai trimestri di distribuzione. Nasce come spinoff di Wonder ma, all’atto pratico, il “wonderverse” è solamente una scusa, un contorno per poter meglio vendere la storia narrata in White Bird. Effettivamente, i rimandi a Wonder si consumano nei primi cinque minuti di film, attraverso la figura di Julian. è quindi quasi un pretesto quello del legame con il film di Owen Wilson per far narrare a Marc Forster una storia sulla gentilezza, sulla capacità di accettare gli altri e di saper gestire le differenze che rendono unici. E il regista tedesco lo fa tramite un film furbo, mai esageratamente sdolcinato ma sempre con un sottile velo commovente che colpisce chiunque. una pellicola riuscita nel suo insieme e perfetta per il periodo natalizio d’uscita. Dopo gli eventi di Wonders, Julian, il bullo del primo film, fatica ad integrarsi nella sua nuova realtà scolastica. Riceve la visita della nonna. Nel tentativo di aiutarlo a superare la difficoltà nel fare amicizia, la nonna Sara inizia a raccontare la storia di come, da piccola, si salvò dalla deportazione in una Francia invasa dai tedeschi. Inizia così il vero fulcro narrativo del film, quello che racconta la storia della piccola Sara e del suo compagno di scuola Julian (nome che poi darà al figlio e poi sarà dato al nipote). Prima con il rastrellamento della piccola cittadina francese, poi la fuga di Sara e l’aiuto dello stesso Julian che la nasconde nella stalla di famiglia per più di un anno. È qui che il film assume la sua forza maggiore. Il racconto del rapporto che cresce tra i due è, probabilmente, la cosa più riuscita nella pellicola. Il passaggio tra compagni di scuola che non si guardano neanche, ad amici fino a qualcosa di più è raccontato con la delicatezza e la bravura che contraddistinguono i lavori recenti di Forster. Pensiamo, ad esempio, a Non così vicino, una pellicola con tanti difetti ma che seguo un po’ lo stesso motivo narrativo sull’accoglienza e la gentilezza. E proprio con gentilezza e calore il regista dirige la maggior parte del film che non è mai esageratamente sopra le righe, non si appoggia mai a slogan e frasi forzatamente d’amore ma anzi, rischiara una luce in un mondo buio come quello del nazifascismo.(…)