Vangelo secondo Maria

Paolo Zucca

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Maria è una ragazzina di Nazareth. Come donna tutto le è proibito, anche imparare a leggere e scrivere. Ma lei sogna libertà e sapienza. Trova in Giuseppe un maestro e un complice. Il loro matrimonio è casto, un paravento, mentre lui segretamente la istruisce, preparandola alla fuga. Ma ecco un ostacolo imprevisto: Maria e Giuseppe si innamorano. Stanno per abbandonarsi alla passione, quando l'angelo dell'annunciazione rovina tutto. Il piano di Dio e quello di Maria non coincidono affatto.
DATI TECNICI
Regia
Paolo Zucca
Interpreti
Benedetta Porcaroli, Alessandro Gassmann, Lidia Vitale, Leonardo Capuano, Giulio Pranno, Maurizio Lombardi, Fortunato Cerlino, Andrea Pittorino
Durata
105 min.
Genere
Drammatico
Sceneggiatura
Paolo Zucca, Barbara Alberti, Amedeo Pagani
Fotografia
Simone D'Arcangelo
Montaggio
Marco Spoletini
Musiche
Fabio Massimo Capogrosso
Distribuzione
Vision Distribution
Nazionalità
Italia
Anno
2023
Attività

Presentazione e critica

Lo hanno fatto, su tutti, Martin Scorsese e Paul Schrader, preferendo ai canonici la riscrittura di Nicos Kazantsakis, per entrare, come mai prima, nei più intimi pensieri di Gesù, fino alla sua ultima tentazione. Era il 1988: e fu scandalo. Con Vangelo secondo Maria, presentato fuori concorso all’ultima edizione del Torino Film Festival, anche Paolo Zucca ha scelto la strada di una doppia mediazione, portando sullo schermo, in un film piccolo ma sentito, il ritratto di Maria di Nazaret scolpito dalle militanti pagine femministe di Barbara Alberti.
Ci sono voluti 45 anni, e una radicale riscrittura del finale, per ritrovare in sala quel libro manifesto; l’autrice, nel 1979, lo dedicava “a donne che (si credeva) stavano prendendo in mano la loro vita. Ora a donne che la stanno perdendo”. La trasposizione cinematografica, con la sua incontestabile attualità, è dunque anche un invito alla conoscenza di una storia di coraggiose battaglie e di conquiste che non sono date per sempre. Cosceneggiato dal regista con la stessa Alberti e Amedeo Pagani, Vangelo secondo Maria, come il romanzo, risponde alla millenaria necessità di riempire i vuoti della narrazione evangelica, e più specificamente di approfondire la psicologia di una figura lungamente fatta oggetto di manipolazioni patriarcali, alimentate dallo stesso medium cinematografico. Ad un archetipo mariano passivo e silenzioso, desessualizzato, centrato sull’umiltà e sull’abnegazione, Barbara Alberti contrapponeva l’immagine di un’adolescente avventurosa e assetata di scienza, che rifiuta la costrizione di un matrimonio combinato, penetra i segreti della natura e ogni sabato corre alla Sinagoga ad ascoltare le disobbedienze dei profeti. Sorella di tutte le giovani Yentl pronte a indossare panni da ragazzo per accedere allo studio (è del 1983 il film di Barbra Streisand dal racconto di Isaac B. Singer), Maria, vergine violata dal disegno divino, nel rovesciamento dell’Alberti grida al cielo il suo rifiuto di un destino non cercato. Da allora il cinema ha in varia misura accolto il cambiamento promosso dalla stessa mariologia in consonanza con una società in trasformazione.
Una nutrita schiera di “vite di Maria” le ha regalato nuovi tratti di libertà e di indipendenza; i risultati, tuttavia, sono stati scialbi, se si esclude la colta e personalissima interpretazione firmata da Guido Chiesa con Io sono con te (2010). Paolo Zucca ha cercato altrove la sua ispirazione. Scansato anche il riferimento diretto alla scabra poesia sacra di Su Re (2013), girato tra le rocce lunari del nuorese dal conterraneo Giovanni Columbu, il regista sardo risale alla comune origine pasoliniana per un racconto che respinge ogni spettacolarizzazione; dalle gallerie di volti popolari l’omaggio si estende al corto circuito nella figura dell’angelo, con le sue ali da recita religiosa.
Seguendo il principio di un’ideale analogia poetica, Zucca trova la sua Matera, e figurativamente la Palestina precristiana, nell’arcaica koinè mediterranea che infonde il patrimonio archeologico e antropologico della Sardegna. Del libro, il film sviluppa la storia d’amore tra Maria (Benedetta Porcaroli) e Giuseppe (Alessandro Gassmann), “vecchio gigante” che si fa maestro e complice del suo progetto di autodeterminazione. Non era certo impresa banale mettere in quadro la parola poetica di Barbara Alberti e il vorticoso flusso di coscienza della sua Maria. Il film a tratti ne stempera le ebbrezze e i furori; ma convince, tra altre, la scena che ambienta astoricamente sul bastione di Saint Remy il sogno di Maria. “Venerata come simulacro, ignorata come persona”. Parte da qui un risarcimento che, 45 anni dopo, fa proprio il programma dell’Alberti e si impegna a far sorridere la Madonna.

Cinematografo

Maria è un’adolescente scapigliata, irrequieta e ribelle, come sono tutte le adolescenti di ogni luogo e di ogni epoca. Si aggira per la Nazareth avanti Cristo come un’anima in pena, insofferente delle costrizioni e alla ricerca della sua strada nella vita. Selvatica, scaltra e luminosa, ha dalla sua la determinazione assoluta a sottrarsi al destino di essere barattata per finire nel letto di qualche vecchio pastore per dargli, come si conveniva, qualche figlio e assistenza domestica gratuita fino alla fine dei suoi giorni.Maria sa di essere un problema per la madre e il padre, che vorrebbero scambiarla per migliorare la propria posizione sociale, come si faceva prima e come si farà per moltissimi secoli a venire con le figlie femmine, ma nonostante tutto non ha intenzione di abbandonare le sue ambizioni per la misera ricompensa di guadagnarsi l’affetto e la stima della famiglia.
Le sue ambizioni le scopre, paradossalmente, tramite i sacerdoti, che mentre, ogni settimana, ribadiscono le leggi ingiuste che soffocano la vita di Maria, svelano anche che, al di là di Nazareth, di quella terra pietrosa e misera, c’è un mondo intero di avventure e conoscenza. Ed è allora che Maria inizia a cullare il sogno che la rende una reietta. Un sogno di libertà e sapere. Un sogno che a lei, e a tutte le creature come lei, non è permesso. Per realizzarlo, Maria si farà furba: troverà un prezioso alleato, il saggio Giuseppe, con cui farà un patto basato sul reciproco interesse e il rispetto delle apparenze. Ma quel rapporto, partito su basi chiare, si svilupperà in modo inaspettato, fino a quando arriverà l’Angelo, messaggero di Dio ad annunciare a Maria, che qualcuno, ancora una volta, ha deciso della sua vita. È incantevole questo film di Paolo Zucca: una storia umana e terrigna ma in cui incombe il magico, l’inspiegabile, l’ignoto che attrae tanto l’irrequieta giovane protagonista. Perché in quel mondo arcaico dove le è toccato di nascere, una Galilea pasoliniana ricostruita nell’interno della Sardegna, ancora quasi tutto è ignoto, ma per lei, che è condannata all’ignoranza per legge in quanto donna, la mancanza di sapere è ancora più sconfinata, limitante e dolorosa. La lacera, quella mancanza, più della miseria, più della vergogna dei genitori, più della solitudine a cui è condannata per il suo imperdonabile desiderio. Quando la situazione sembra disperata, arriva l’incontro con il saggio Giuseppe, che possiede quel tesoro da lei tanto bramato, e l’unica cosa che vuole Maria è che lui condivida quel tesoro, diventando suo maestro. E’ questo che nasconde la mossa furba di un matrimonio contratto solo per forma che, intrappolandola per finta, la libera per davvero.Giuseppe è empatico, colto, solo e al tramonto. E accoglie Maria con tutta la comprensione che ha, per le sue inquietudini, le sue insofferenze, le sue ambizioni e anche per la sua giovinezza che regala linfa nuova anche ai suoi tanti anni. E’ una figura bellissima, questo Giuseppe così comprensivo, così sapiente, ma che poi, all’improvviso, diventa umanissimo anche lui, quando lo punge l’ago della gelosia, della frustrazione, di una sofferenza sincera e profonda come i suoi sentimenti silenziosi. La gelosia si scatena quando arriva la notizia delle notizie, grazie all’Angelo che cala dall’alto sull’esistenza di Maria proprio quando lei era finalmente arrivata a un passo dal sogno di partire per una vita di avventure. Questo essere soprannaturale, che è un po’ un burocrate celeste, si limita a svelarle che è in attesa del figlio di Dio, e quando Maria, comprensibilmente, chiede altre spiegazioni, lui si limita a dire che “tutto era già scritto”. Ed eccola una nuova imposizione, una nuova prepotenza su questa creatura di cui tutti, addirittura Dio, vogliono disporre.
Ma la Maria di Benedetta Porcaroli è sanguigna, umana e indomabile. Piccola com’è vuole parlare con Dio, vuole “ragionare” con Dio e vuole convincerlo a darle ciò che più desidera, la sua libertà, in un dialogo disperato e rabbioso contro l’ennesimo che ne vuole cancellare l’autodeterminazione. E’ tesa, ruggente e sempre con il rischio di essere schiacciata questa ragazzina con cui non si può che empatizzare. Nella sua figura minuta e bruciante vibra un urlo contro secoli di educazione violenta che ha schiacciato le donne, soprattutto negli anni in cui sbocciano, per addomesticarle subito a un futuro in cui “tutto è già scritto”. La ribellione di Maria che arriva all’estremo, è impossibile, perché l’altro tema di questo bel film è ancora più universale e impegnativo, ovvero: quanto, nelle nostre vite, dipende da scelte individuali, e quanto invece, è legato a un destino in cui tutto è già scritto?
Il Vangelo secondo Maria è un film suggestivo, sensibile e anche venato di un’ironia pungente che colora la storia di tocchi irriverenti e dà ancora più dimensione a questo incisivo presepe sardo antico, che rende ancora più umani questi Giuseppe e Maria così veri, così intelligenti, così imperfetti, così diversi e così aggrappati l’uno all’altro che, alla fine, trovano il loro modo per non tradire se stessi ma anche per andare incontro al loro complicato destino.

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