Una terapia di gruppo

Paolo Costella

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Sei pazienti affetti da Disturbo Ossessivo Compulsivo ricevono per errore appuntamento alla stessa ora nello studio di un luminare della psicoterapia. C’è Federico, affetto dalla sindrome di Tourette, che non controlla il suo sfacciato turpiloquio… e fosse solo quello! C’è Annamaria, maniaca del controllo, che verifica sempre tutto… ha chiuso il gas? La luce? E dove ha messo le chiavi della macchina? C’è Emilio, il più espansivo e socievole, che è ossessionato dal calcolo aritmetico… e conta tutto quello che gli capita sotto tiro. C’è Bianca, fissata con la pulizia, che sfugge qualsiasi contatto umano… missione impossibile con quella compagnia. C’è Otto, terrorizzato dall’idea di rimanere escluso da qualsiasi occasione di lavoro… che non si stacca mai dal suo cellulare. C’è Lilli, maniaca della simmetria, che ripete sempre tutto due volte… che ripete sempre tutto due volte. E insieme a loro c’è Sonia, la segretaria, logorroica e nevrotica a sua volta, che prova in tutti i modi a tenerli buoni. Nell’attesa che il professore si presenti decidono di improvvisare una terapia di gruppo autogestita: costretti a fare squadra, i sei dovranno riuscire non solo ad andare d’accordo ma anche ad affrontare i propri traumi di fronte agli altri.
DATI TECNICI
Regia
Paolo Costella
Interpreti
Claudio Bisio, Claudio Santamaria, Margherita Buy, Valentina Lodovini, Leo Gassmann, Ludovica Francesconi, Lucia Mascino
Genere
Commedia
Sceneggiatura
Michele Abatantuono, Lara Prando
Fotografia
Fabrizio Lucci
Montaggio
Consuelo Catucci
Musiche
Michele Braga
Distribuzione
Warner Bros. Pictures
Nazionalità
Italia
Anno
2024

Presentazione e critica

Sei pazienti, sei disturbi ossessivo-compulsivi, un solo appuntamento nello studio di un luminare della psicoterapia. Sembra l’incipit di un incubo logistico e invece è l’inizio di Terapia di Gruppo di Paolo Costella, una commedia sfaccettata che ci mette davanti alle nostre manie, ansie e fragilità, riflettendo su di esse con uno sguardo che alterna ironia e profondità. Tratto dal soggetto originale di Laurent Baffie e dall’adattamento spagnolo di Juliàn Quintanilla Toc Toc diretto da Vicente Villanueva il film è una vera pièce teatrale che riunisce personaggi che incarnano alcuni dei disturbi ossessivo-compulsivi più comuni (e forse riconoscibili): dalla sindrome di Tourette al controllo compulsivo, dall’ossessione per la pulizia alla paura di essere tagliati fuori. Un microcosmo di nevrosi che, attraverso dialoghi serrati e situazioni imprevedibili, riesce a coinvolgere e far riflettere, mostrando che spesso dietro le nostre manie si nascondono traumi, insicurezze e paure condivise. Alla guida di questo improbabile gruppo c’è Federico, interpretato da un sorprendente Claudio Bisio, che porta sullo schermo la sindrome di Tourette con una leggerezza mai superficiale. “Non sono mai stato in terapia, ma credo che parlarne attraverso questo personaggio sia stato terapeutico a modo suo,” racconta Bisio. Federico, un uomo apparentemente risolto, è in realtà un padre e professionista segnato dal bullismo subito da bambino, un’esperienza che risuona nel suo turpiloquio incontrollato e nei tic che non può dominare.

Accanto a lui, Bianca è il volto di un dolore silenzioso, quello di una vittima di revenge porn. La sua ossessione per la pulizia e il rifiuto del contatto fisico nascono da un trauma profondo, che l’attrice interpreta con una delicatezza commovente: “Bianca mi ha toccato il cuore. Ammettere di avere un disagio è già un primo passo importante. Il revenge porn non è solo un crimine, è una violenza che toglie tutto: la dignità, la fiducia negli altri, la libertà di essere te stessa. Non dobbiamo mai permettere a nessuno di spegnere la nostra voce o farci sentire sbagliate per colpe che non sono nostre”.

Non meno toccante è Annamaria, interpretata da Margherita Buy, giudice maniacale ossessionata dal controllo, che fatica ad ammettere di essere lì per una terapia. “Riconoscersi vulnerabili è qualcosa di potente,” spiega la Buy, che rende il personaggio tanto rigido quanto umano, un simbolo della difficoltà di abbandonare il controllo per accettare sé stessi. Otto incarna la generazione iperconnessa e terrorizzata dalla FOMO, la paura di essere esclusi. “Mi capita spesso di uscire per il timore di perdermi qualcosa,” confessa Gassmann, il cui personaggio è legato indissolubilmente al suo cellulare, emblema di un’ansia lavorativa e sociale che appartiene a molti giovani. Lucia Mascino, che interpreta Sonia, una segretaria logorroica e nevrotica, racconta: “Si ride tanto, ma questo è un film che ha spessore, un cuore pulsante e tanta qualità. Per me è stata un’esperienza di grande libertà, anche perché il regista mi ha dato carta bianca per esplorare il personaggio. È una storia che ti invita a ‘sposarti da te’, ad accettarti così come sei, e a ridimensionare le cose che spesso ci schiacciano. È importante che esca adesso, in un momento in cui vediamo crescere una nuova ondata di bullismo, giudizio e quella pericolosa abitudine di puntare il dito contro gli altri. E poi c’è Lilli, una ragazza che, dopo la morte del padre, vive con l’ecolalia, ripetendo ogni frase due volte come una sorta di mantra che la aiuta a mantenere il controllo. “Parlare di questi temi è importante. Dobbiamo imparare a chiedere aiuto”, sottolinea l’attrice, che regala al personaggio una vulnerabilità disarmante.

Il regista sottolinea che il cuore del film è un racconto delle ossessioni contemporanee, portato avanti con una leggerezza che non banalizza mai i temi trattati. “La commedia nasce dal dramma,” spiega, “ma il nostro obiettivo non era risolvere magicamente i disturbi dei protagonisti, bensì offrire uno sguardo affettuoso e divertito che permetta di affrontare questi temi con meno paura”. E così, la stanza d’attesa si trasforma in un laboratorio umano in cui i sei pazienti, nell’attesa del dottor Stern, decidono di improvvisare una terapia di gruppo autogestita. Costretti a confrontarsi con i propri tic e manie davanti agli altri, i personaggi trovano in questa assurda situazione la chiave per affrontare i loro traumi. E il risultato è sorprendente: risate, tensioni, momenti di dolcezza e riflessione si intrecciano in un crescendo emotivo che culmina in un finale che lascia il pubblico con il sorriso e qualche pensiero in più.

Il film non si limita a raccontare i protagonisti, ma ci invita a riconoscere in loro una parte di noi stessi. Chi non si è mai chiesto, almeno una volta, se ha chiuso il gas? Chi non ha mai contato ossessivamente qualcosa o temuto di essere escluso? Come ricorda Valentina Lodovini, “ognuno di noi ha le sue manie, piccole o grandi, e accettarle è un modo per vivere meglio.”E forse è proprio questa la vera terapia che il film ci propone: ridere di noi stessi, abbracciare le nostre imperfezioni e trovare, in mezzo al caos delle nostre ossessioni, un pizzico di serenità.

 

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(…) Tratto dal soggetto originale di Laurent Baffie e dall’adattamento spagnolo di Juliàn Quintanilla Toc Toc diretto da Vicente Villanueva il film tratta con leggerezza disturbi e ossessioni con cui ci confrontiamo più o meno tutti. “Ci siamo allontanati dalla versione spagnola- dice Bisio-. Abbiamo girato l’estate scorsa in un appartamento ai Parioli a Roma. Faceva un caldo tremendo. Ogni nostro personaggio è doppio e non è mai quello che dice di essere. Tutti abbiamo un po’ queste ossessioni compulsive. Anche io talvolta per gioco non calpesto le righe per terra. Per raccontare il disturbo di Tourette ci siamo a lungo documentati e abbiamo parlato con alcune associazioni”. “Tanti fattori mi hanno fatto sposare questo progetto- racconta Valentina Lodovini-. Dal cast, composto da tutti fuoriclasse, al testo teatrale fino al mio personaggio che mi ha toccato subito il cuore. Si raccontano con il sorriso le ferite dei disturbi compulsivi-ossessivi. È un invito a non rimanere in silenzio. Io sono una empatica e ho sempre pensato che la diversità fosse una ricchezza”. E Lucia Mascino: “Si ride, ma il film è corposo e di qualità. Per me è stata un’esperienza di grande libertà anche perché il regista mi ha dato carta bianca. È un film che ti insegna a sposarti da te per relativizzare tutto. Ed è importante che esca ora che c’è una nuova ondata di bullismo, giudizio e bisogno di puntare il dito contro l’altro”. “Credo sia molto importante parlare in gruppo delle proprie paure e mostrarsi per quel che si è”, commenta Leo Gassmann. Margherita Buy aggiunge: “Riconoscere di avere un disagio è già un grande passo”. E Ludovica Francesconi: “Bisogna condividere lo stare male e capire di avere bisogno di aiuto. Purtroppo c’è ancora poca informazione su questo argomento”. Infine il regista conclude: “Come riferimenti ho avuto Verdone e Altman. Viviamo in un mondo in cui spesso restiamo schiacciati, fatto di sguardi giudicanti, la differenza sta nel come reagiamo agli ostacoli che la vita ti mette davanti”.

 

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