Un mondo a parte

Riccardo Milani

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Dopo 40 anni di insegnamento nella giungla romana, riesce a farsi assegnare all’Istituto Cesidio Gentile detto Jurico: una scuola composta da un’unica pluriclasse, con bambini dai 7 ai 10 anni, nel cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo. Grazie all’aiuto della vicepreside Agnese e dei bambini, supera la sua inadeguatezza metropolitana e diventa uno di loro. Quando tutto sembra andare per il meglio però, arriva la notizia che la scuola, per mancanza di iscrizioni, a giugno chiuderà. Inizia così una corsa contro il tempo per evitarne la chiusura in qualsiasi modo.
DATI TECNICI
Regia
Riccardo Milani
Interpreti
Antonio Albanese, Virginia Raffaele
Genere
Commedia
Sceneggiatura
Michele Astori, Riccardo Milani
Fotografia
Saverio Guarna
Montaggio
Patrizia Ceresani, Francesco Renda
Distribuzione
Medusa Film
Nazionalità
Italia
Anno
2024

Presentazione e critica

Michele Cortese è un maestro elementare che, dopo 30 anni di insegnamento nelle periferie della Capitale non ne può più di “cercare di salvare gente che non ha intenzione di essere salvata, e ti mena pure”. Pur essendo di ruolo, chiede l’assegnazione provvisoria presso una scuola di Rupe, un paesino sperduto dell’alta Val di Sangro, nel cuore del Parco nazionale dell’Abruzzo, che conta 378 anime – anzi, 364 perché l’anno prima ci sono state “14 dipartite e nessuna nascita”.
Quando Michele arriva alla scuola del nuovo incarico, attraversando montagne innevate popolate da lupi, scopre che dovrà insegnare ad una pluriclasse di soli sette bambini fra prima, terza e quinta elementare. E in breve scoprirà anche che il preside del comprensivo di una cittadina più grande ha tutto l’interesse a che la scuola di Rupe chiuda i battenti, dato che gli alunni di quinta se ne andranno e occorre un numero minimo di studenti per non accorpare lo sparuto gruppetto alla scuola più grande. Toccherà al maestro Cortese e alla vicepreside Agnese, insieme al personale scolastico, ai bambini e agli abitanti di Rupe, tentare di salvare il proprio presidio educativo con un escamotage davvero audace. Riccardo Milani torna a scegliere Antonio Albanese come suo alter ego, con cui condivide le caratteristiche di generosità d’animo, impegno civile e comune decenza, facendone un eroe per caso, come era successo anche nel suo recente Grazie ragazzi.
La formula cinematografica non è nuova, e attinge tanto a Benvenuti al Sud quanto a Io speriamo che me la cavo, ma anche a Baby Boom e ad un film precedente dello stesso Milani, Come un gatto in tangenziale (sempre protagonista Albanese), sia per il contrasto fra due provenienze sociali opposte, sia per il bagno di realtà che Michele, votato ad un’ideologia bucolica di sostenibilità ambientale, dovrà fare a confronto con una popolazione immersa in una natura non sempre amena, e stanca della fatica ingrata che comporta fare gli agricoltori in certe zone d’Italia. La sceneggiatura, di Milani e Michele Astori, dipinge forse gli abruzzesi come un po’ troppo arretrati, e c’è anche qualche caduta di tono a scopo comico, come il suggerimento che un bambino marocchino “puzzi” (sarebbe bastato evidenziare che la bambina che lo dice riecheggia il pregiudizio del padre) o l’equiparare un ritardo cognitivo a “fare lo scemo” di alcuni abitanti di Rupe. Ma in generale si avverte il genuino affetto che Milani ha per la sua terra di origine, e il suo rispetto per l’istituzione scolastica come baluardo di civiltà. È interessante anche il modo in cui la sceneggiatura inserisce certi accomodamenti all’italiana come un tentativo di raddrizzare le storture della burocrazia, invece che di frodare le istituzioni.

Albanese è come al solito all’altezza del ruolo, ma sorprende per efficacia Virginia Raffaele sia per la capacità di calarsi a fondo, lei romana, nell’accento di sua madre, sia per quella di impersonare in modo riconoscibile una delle tante figure scolastiche che combattono una quotidiana battaglia per difendere il diritto all’apprendimento dei bambini, e aggiornarlo con corsi di storytelling, educazione digitale e sessuale che non sono solo goffi tentativi di seguire i trend del momento ma argini all’isolamento e all’oscurantismo: e anche su questo Milani evita di romanticizzare la realtà locale. Un mondo a parte è una favola intenzionata a tradurre in forma di commedia popolare un depauperamento tangibile e lo spettro di una generale rassegnazione “a perdere una cosa dopo l’altra”, riconducendoci ad un principio base di solidarietà umana. Nella sua semplicità ha molto cuore, e chiude su Ivan Graziani, abruzzese doc, che incarna nella sua musica la sincerità delle intenzioni artistiche. E siamo abbastanza certi che il tormentone “la montagna lo fa” diventerà…virale.

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(…) Rupe è ovviamente una località fittizia immaginata per far sfondo alla storia di Michele, ma l’ispirazione è reale e concreta e si tratta del piccolo centro abitato di Opi, a due passi da Pescasseroli, dove Un mondo a parte è stato girato. E altrettanto reali sono le problematiche che Riccardo Milani mette in scena, cogliendo l’occasione per sottolineare temi preziosi per il nostro paese: l’importanza di preservare i piccoli centri, la centralità dell’istruzione pubblica e di mantenere quel baluardo educativo, il conflitto tra la voglia di aprirsi a un mondo moderno che si muove su regole e con ritmi diversi, senza trascurare il legame col territorio e far crescere la propria comunità senza essere costretti ad andare via. Milani lo racconta senza nascondere l’amore che prova per questi territori, lasciandosi andare a esso e forse, in un paio di sequenze un po’ meno riuscite, esserne ostacolato nell’avere una visione obiettiva del risultato. Ma l’intento è encomiabile e prezioso e si traduce in un film che funziona nel suo complesso e sa dialogare con efficacia con il proprio potenziale pubblico. Un dialogo ottenuto con lo strumento della commedia, con un’ironia efficace e a fuoco, ben veicolata dal lavoro di Antonio Albanese sul suo Michele, sognatore bisognoso di trovare il proprio spazio in un contesto meno frenetico e opprimente di quello romano, che dà vita a una prima parte dal sapore e le dinamiche da Benvenuti al sud, affidato alla mimica efficace dell’attore. È buona co-protagonista anche Virginia Raffaele, nei panni della vice-preside della scuola in cui Michele viene trasferito.

Se funzionano i due attori protagonisti, altrettanto possiamo dire di tutto il magnifico cast di comprimari che, come accennato, viene evidenziato nei titoli di coda: sono quasi tutti abitanti della zona, principalmente di Pescasseroli, che diventano vero valore aggiunto del film. Sono loro a caratterizzare Un mondo a parte e renderlo quel sentito omaggio che è, sono loro a funzionare come perfette spalle per i protagonisti. Su tutti sono incantevoli i bambini che popolano la classe in cui insegna Albanese, perfetti nei tempi e nelle espressioni, nella capacità di dire con la necessaria spontaneità le battute richieste dal copione. Merito evidente di Milani, che su questo si è concentrato in particolare nel dirigere il suo mondo a parte, nel renderli gruppo affiatato e anima autentica del piccolo centro che è andato a raccontare.

 

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Benvenuti al centro, in mezzo agli Appennini più aspri e seducenti, fra lupi e neve alta, in uno dei tanti piccoli borghi in via di rapido spopolamento. Riccardo Milani, sempre più appassionato cantore della commedia con risvolti sociali, questa volta si affida allo schema consolidato del contrasto di provenienze, all’alieno che irrompe nel villaggio senza conoscerne lingua, usi e costumi per scatenare una dinamica comica, per poi mettere in luce un fenomeno spesso trascurato come la scomparsa di comunità rurali e montane che rappresentano da sempre una delle ricchezze del nostro paese. (…) Divertente variazione sul processo di avvicinamento fra differenti abitudini di vita, Un mondo a parte si giova dell’alchimia fra Antonio Albanese, il maestro che si avventura fra la neve in mocassini e idealismo, e la vice preside che l’accoglie, una Virginia Raffaele convincente nei panni (e nella calata) di un’abruzzese che gli ideali non li teorizza, ma li mette in pratica. Presto si troverà di fronte allo spettro della chiusura della scuola del paese, come avvenuto in passato alla sua, anticamera di una morte civile e sostanziale di un altro paesino.

(…) Quello che rimane è lo slancio ideale, la fiducia ostinata di Milani per un cambiamento possibile, identificando come miccia degli adulti consapevoli e coraggiosi, ma come esercito senza paura i bambini e più giovani, speranza a cui affidare il testimone di un vero cambiamento. Una fiducia luminosa come i colori di una primavera radiosa che ripulisce i monti e la neve, in un saluto che sa di ottimismo civile, sensazione rinfrescante in un’epoca di cinismo come premessa o vezzo. Perché “abituarsi al peggio è la cosa peggiore che gli esseri umani possano accettare”.

 

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