Paolo Virzì
DATI TECNICI
Regia
Interpreti
Durata
Genere
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Musiche
Distribuzione
Nazionalità
Anno
Classificazione
Presentazione e critica
«Avete scommesso sulla rovina di questo paese e avete vinto», dice Valeria Bruni Tedeschi in una delle scene chiave de Il capitale umano, amara riflessione di Paolo Virzì su una nazione in macerie sia dal punto di vista economico che da quello morale. Un epitaffio che sembra attraversare anche Un altro Ferragosto, film con cui il regista livornese riprende a distanza di 28 anni la storia e i personaggi di Ferie d’agosto, il suo primo grande successo di critica e di pubblico. Un sequel con cui Virzì (anche sceneggiatore insieme al fratello Carlo e al sodale Francesco Bruni) trasforma la malinconia in vera e propria tragedia, unica possibile compagna di viaggio per personaggi senza presente e senza futuro, ancorati tristemente a un irripetibile passato.
Il tempo scorre inesorabile su Ventotene, sulla famiglia Molino e su quella dei Mazzalupi. Nella stessa isola dove Sandro scoprì la sua imminente paternità dalla compagna Cecilia, i Molino si ritrovano per stringersi attorno all’ex giornalista (affetto da un male incurabile), in un’ultima vacanza fortemente voluta proprio dal figlio Altiero, giovane e ricco imprenditore digitale. L’isola però è in fermento per il matrimonio della popolare content creator Sabrina Mazzalupi con il fidanzato Cesare, che ha aderenze con il nuovo potere politico di estrema destra. Non ci sono più Ruggero Mazzalupi e il cognato Marcello (scomparsi come i loro compianti interpreti Ennio Fantastichini e Piero Natoli), ma ritroviamo Marisa e tante vecchie conoscenze, insieme alle new entry Pierluigi Nardi Masciulli e Daniela, protagoniste di un nuovo confronto fra due fette inconciliabili di Italia.
Fin dall’incipit, in cui ascoltiamo una sorta di remix delle battute più celebri di Ferie d’agosto, Paolo Virzì intesse un amaro e profondo dialogo fra questo sequel e il suo film del 1996, capace di intercettare in tempo reale le fratture dell’Italia berlusconiana, l’affermazione del più mediocre e fiero qualunquismo e la conseguente crisi della sinistra. L’incontro-scontro di 28 anni fa aleggia continuamente sul racconto insieme ai suoi personaggi che non ci sono più, evocati da un toccante montaggio e dalle fotografie in bella vista sul comodino. Una mestizia acuita dal personaggio di Sandro, stanco nel fisico e nella mente ma ancora aggrappato a un ultimo gesto di resistenza politica e intellettuale, ovvero tramandare la memoria delle persone confinate a Ventotene dal regime fascista attraverso una lettera da inviare alla Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Intorno a lui un’Italia sempre più misera, simboleggiata dagli emissari di un nuovo potere che si finge presentabile, dalla venerazione per una influencer in ambito cosmetico e da un progressismo a cui non rimane che piangere sul latte versato dai rottamatori e dall’antipolitica. Con la sua proverbiale lucidità, Paolo Virzì non risparmia bordate a nessuno, tratteggiando con spietata sincerità personaggi che nel migliore dei casi ottengono pessimi risultati con le più nobili intenzioni. È questo il caso di Altiero Molino, simbolo dell’inclusività (è sposato con il modello Noah) ma incapace di difenderlo dall’omofobia, emblema dei nuovi giovani ricchi ma ironicamente vittima dell’incomunicabilità col padre, nonostante abbia ottenuto successo e ricchezza proprio con la commercializzazione di un’app di messaggistica.
Un altro Ferragosto riprende alcune dinamiche di Ferie d’agosto, come gli inevitabili scontri dialettici e politici fra Molino e Mazzalupi. Dove c’erano dibattito e ardore sono però rimaste solo la finta pacifica convivenza “fra italiani”, le sterili polemiche sui radical chic e le altrettanto inutili prese di posizione sull’esibita ignoranza della controparte. Un azzeramento della riflessione e dell’approfondimento, ben sintetizzato proprio da Sandro, che dopo una vita come giornalista de L’Unità pubblica pensieri e analisi sui social (in una negazione del lavoro giornalistico e critico) finendo pure per litigare in pubblica piazza con il suo migliore amico, concedendosi solo qualche volo con la fantasia verso un lontano passato, in cui sogna di confrontarsi con Altiero Spinelli, Ursula Hirschmann e Sandro Pertini sul mesto destino dell’Italia. All’acuta analisi sociologica, Paolo Virzì affianca un’altrettanto appassionata analisi sul tempo che passa, mutando scenari, mode e costumi ma lasciando paradossalmente intatti i personaggi e le tipologie umane che rappresentano. Scopriamo così che Cecilia è ancora affetta da una sindrome di Peter Pan sentimentale, che Marisa è ancora alla ricerca di una passione travolgente e totalizzante, soltanto idealizzata 28 anni prima, e che Sabrina non ha mai superato l’amore adolescenziale raccontato in Ferie d’agosto. Intorno a loro cineforum sbiaditi e poco partecipati, forze dell’ordine svogliate e conniventi e personaggi gattopardeschi come quello di Christian De Sica, che da comico di razza sa incarnare anche la più profonda tragedia, dando vita a una delle prove più riuscite e intense della sua carriera.
Confinati a loro volta in una piccola isola turistica che sa trasformarsi in prigione esistenziale, i protagonisti di Un altro Ferragosto vanno incontro al loro destino, in parabole discendenti e mai appaganti, precipitando verso un finale sospeso come il mondo contemporaneo, in balia degli eventi e a un passo dal baratro. Con il passare dei minuti emerge così l’enigmatico personaggio di Emanuela Fanelli, che in uno dei pochi momenti di sincerità propone una riflessione apocalittica sul futuro dell’umanità. Un capovolgimento del precedente film di Paolo Virzì Siccità, ambientato in uno scenario distopico ma impreziosito da un finale colmo di speranza.
Ferie d’agosto è ancora oggi una lungimirante e precisa analisi della società italiana e della sua involuzione successiva agli eventi narrati. Con Un altro Ferragosto, Paolo Virzì si spinge ancora oltre, dipingendo uno scenario desolante, fra vite spezzate, matrimoni tossici e famiglie lacerate, con i pochi spunti di felicità che arrivano dal passato e da pochi fugaci scampoli di follia. Non ci resta che augurarci di parlare di un Virzì meno perspicace del solito ed eccessivamente pessimista quando rivedremo questo splendido film fra 28 anni.
Paolo Virzì, che ha scritto il film insieme al fratello e a Francesco Bruni, ci regala una commedia tragica, un horror senza violenza e senza speranza, con gli stessi attori (tranne quelli scomparsi, Ennio Fantastichini ci manca, c’è il figlio) e con attori nuovi, tutti bravissimi. Poi c’è Sabrina Ferilli, sempre più brava e che certamente riserverà altre sorprese. Virzì è un regista coraggioso e non ha paura di affrontare la morte. Il Sol dell’Avvenire è una speranza e forse un’utopia e il Silvio Orlando di Moretti decide di non ammazzarsi e sfilare per le vie di Roma insieme ai suoi ideali; quello di Virzì invece ci abbandona, affidando i suoi desideri al sogno, in cui chiama Pertini “Presidente”. Sono passati quasi trent’anni ed è tutto cambiato (come recitano i radical-chic derisi da Moretti in Caro diario), anche gli Optalidon non sono più gli stessi, non c’è più il tintinnio rassicurante del vecchio tubetto.
La pacchia è finita, ma è finita anche l’ideologia, sono finiti gli ideali nell’Italia contemporanea dei selfie e degli influencer. L’isola non è più un luogo di vacanza e di memoria, ma è un luogo tragico e triste, dove solo i riflessi bergmaniani della storia in bianco e nero riescono a far tornare il sorriso. Un altro ferragosto è un film bello, inteso e coraggioso, che non fa sconti a nessuno, un ritratto spietato e realistico dell’Italia di oggi, e riesce nonostante tutto a farci fare qualche risata, anche se amara, e a tenere viva la memoria, anche quella di una colonna sonora degli anni ’80.