Tutto in un giorno

Juan Diego Botto

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Il racconto di 24 ore di tre personaggi in lotta per la sopravvivenza che hanno in comune il tema drammatico dello sfratto. Storie che si intrecciano di persone comuni alle prese con problemi all’ordine del giorno ma determinanti nel corso delle loro vite.
DATI TECNICI
Regia
Juan Diego Botto
Interpreti
Penélope Cruz, Adelfa Calvo Soto, Luis Tosar, Nur Al Levi, Aixa Villagrán, Christian Checa, Ame Aneiros, Font García, Juan Diego Botto
Durata
105 min.
Genere
Drammatico
Thriller
Sceneggiatura
Juan Diego Botto, Olga Rodriguez
Fotografia
Arnau Valls Colomer
Montaggio
Mapa Pastor
Musiche
Eduardo Cruz
Distribuzione
BIM Distribuzione
Nazionalità
Spagna
Anno
2022
Classificazione
Tutti
Attività

Presentazione e critica

Un film di analisi sociale con il focus sugli sfratti che hanno dilaniato la Spagna negli anni scorsi. Tre storie che si sviluppano nell’arco di un giorno e che la mattina successiva trovano il loro epilogo. Le difficoltà economiche e di lavoro portano strascichi importanti nelle vite di questi nuclei familiari. Sono le donne a portare la croce, mentre gli uomini risultano impalpabili.
Circa 400.000 sfratti in dieci anni, più di cento al giorno. Sono questi i drammatici dati sull’emergenza-casa riportati sui titoli di coda di Tutto in un giorno, già presentato alla 79. Mostra di Venezia nella sezione Orizzonti.

Nel film s’incrociano tre storie. Azucena ha 24 ore di tempo per non farsi togliere la casa dalla banca e lotta contro le sue forze mentre il marito, che lavora come operaio, si è ormai rassegnato. Rafa è un avvocato che cerca di aiutare le persone in difficoltà. Va alla ricerca di una ragazza araba per impedire che venga sottratta dalla sua custodia la figlia. Per occuparsi degli altri però trascura la famiglia, a cominciare dalla moglie incinta. Germán è un operaio, che lavora con il marito di Azucena, che ha fatto scelte sbagliate che lo hanno mandato in rovina e non risponde alla madre che lo cerca disperatamente.
Tutto in un giorno è un’affannata corsa contro il tempo. Non sembra quasi esserci speranza, solo disperazione in personaggi che sembrano già sconfitti in partenza. La struttura con le storie incrociate rimanda al cinema di Paul Haggis, in particolare Crash – Contatto fisico, per come fa interagire parallelamente le situazioni. C’è già una dimensione apocalittica, di fine imminente. Per questo il ritmo, come nel cinema di Haggis, diventa nel film un elemento decisivo proprio per mostrare i disperati tentativi di salvezza da parte dei protagonisti.

Juan Diego Botto, attore di origine argentina al primo lungometraggio che nel film interpreta anche Manuel, il marito di Azucena, carica la tensione al punto-limite. Si vede nei dettagli dove emergono il nervosismo, la paura, le incomprensioni familiari. Il rapporto che riesce a cambiare nel corso della giornata è quello tra Rafa e il figliastro Raúl. In conflitto sin dall’inizio perché l’uomo gli ha fatto perdere il pullman che lo doveva portare in gita, i due personaggi restano distanti per gran parte del film ma poi trovano una loro collaborazione più intima.
Forse è l’unico squarcio di luce, assieme al finale, in un film spesso caratterizzato da colori grigi e dai piani sugli occhi di un’intensa Pénélope Cruz (anche produttrice del film) che ha la tragedia già stampata sul volto e può apparire come una reincarnazione di una delle protagoniste del Neorealismo italiano e di Luis Tosar in una prova tutto fisico, nervi e istinto, che combatte sempre per la causa giusta ma non riesce a gestire il proprio tempo. Una scena sotto questo aspetto, mostra come le sue intenzioni non corrispondono mai con le sue azioni. Nella corsa di Rafa in ospedale dove la moglie ha una visita importante per la gravidanza, c’è tutto il caos e il vortice della nostra quotidianità.

I primi piani sembrano usciti proprio dal cinema del regista inglese. Per Juan Diego Botto forse è un modello di cinema a cui fare direttamente riferimento anche nel modo in cui far recitare gli attori, che devono dare l’illusione di essere i personaggi stessi per conservare la verità dei loro gesti e delle loro azioni. Per affrontare un tema come quello degli sfratti è probabilmente quello un punto di partenza dove la (nostra) quotidianità può avere delle zone thriller con gli oscuri presagi di tutta la parte finale. Prima si sente l’affanno e il tempo che corre.
24 ore possono cambiare una vita. In una direzione o in un’altra. E in Tutto in un giorno sono molto condensate. Si, il (nostro) tempo non basta più. Il fermo-immagine finale sul volto di Pénélope Cruz al grido “vergogna” è un’istantanea da cui i protagonisti possono, forse, riprendersi in mano la loro vita.

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(…) È stata proprio la protagonista Penelope Cruz a convincere l’amico Juan Diego Botto ad occuparsi della regia di Tutto in un giorno e lo ha fatto perché colpita da una notizia terribile: in Spagna ogni anno si eseguono quasi 50.000 sfratti, ovvero quasi 140 sfratti al giorno. Quello che è ormai diventato un problema sociale, per non dire una piaga, non poteva restare sotto silenzio nemmeno e specialmente non al cinema e Botto ha il merito di essere soltanto partito dalla questione sfratti per allargare il discorso e lo sguardo ad un intero sistema di oppressione sociale nei confronti degli emarginati. In questa sua pellicola d’esordio lo sguardo di Botto rimane sempre indagatore e mai giudicante, riuscendo a catturare per gran parte del minutaggio la forza devastante delle frustrazioni, delle difficoltà e dei problemi di natura soprattutto burocratica che i tre personaggi principali del film devono affrontare. Botto rimane incollato a loro e specialmente a Rafa, la cui storyline fa da filo conduttore all’intera vicenda e che alla fine dei conti risulta anche essere la più interessante e quella meglio costruita.
Se quindi Tutto in un giorno riesce a disegnare un quadro chiaro e per certi versi terribile della questione sociale degli sfratti, il film di Juan Diego Botto dimostra però anche di possedere una certa ritrosia nello sguardo poiché molte delle scene più “violente” rimangono volontariamente fuoricampo o incastonate in un freeze-frame che le depotenzia. Anche la scelta di seguire ben tre storie contemporaneamente alla luce dei fatti non si è rivelata vincente, perché la sensazione continua è che Botto abbia voluto privilegiarne soltanto due e neanche con la stessa attenzione. Come già accennato prima è l’arco narrativo di Rafa quello principale, e il suo è anche l’unico personaggio dei tre a cui la sceneggiatura regala la possibilità di avere un cambiamento definito. Rafa è il personaggio che perde di continuo le chiavi della macchina, che colleziona multe nel tentativo di inseguire la sua cliente alla quale stanno per togliere la casa, che deve per forza confrontarsi con il figliastro Raùl e soprattutto con la sua incapacità di prendersi cura delle persone che gli stanno vicino, e di sé stesso. Più sfumato invece appare il personaggio di Azucena, alla quale Penelope Cruz regala un’interpretazione toccante e incisiva, sfaccettata e carica di tanti non detti.
Nonostante il tema sia decisamente scomodo e possegga forti connotazioni drammatiche, Tutto in un giorno si apre nel finale ad un salutare ottimismo rincorrendo una speranza che sembrava essersi perduta. Non tutti ce la faranno probabilmente e, anzi, alcuni non ce l’hanno già fatta ma Botto sembra volerci rassicurare sul fatto che in qualche modo qualcuno si preoccuperà sempre per noi, che non siamo dei derelitti allo sbaraglio senza alcuna possibilità di rialzarci e di combattere per la nostra casa, la nostra famiglia o il nostro futuro. Tutto in un giorno segue allora in maniera non troppo pedissequa la linea tracciata da tanto cinema di denuncia, da Loach a Petri, da Rosi fino ai diversi e agli emarginati immortali di Fassbinder. Un film che non sempre tiene a fuoco l’oggetto della sua indagine, che sbanda persino e diventa didascalico in certi frangenti, ma che nonostante tutto contiene in sé la forza di un cinema dirompente, un cinema di persone reali afflitte da problemi reali e dalla vita reale. Un cinema che si rifiuta di restare nei margini e che vorrebbe strabordare e inondare tutto, pur con la sua palese e sfacciata imperfezione.

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