The palace

Roman Polanski

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Il Palace Hotel, è un albergo di gran lusso situato all'interno di un castello degli inizi del Novecento immerso nelle montagne svizzere. La struttura ricorda un luogo fiabesco completamente ricoperto dalla neve. Per il Capodanno 2000, l’hotel si prepara ad accogliere ospiti ricchi ed eccentrici che si aspettano di trascorrere il veglione più straordinario della loro vita. Un passaggio al nuovo millennio indimenticabile. Ad assicurare queste altissime aspettative ci sono Hansueli, dirigente dell’albergo, e il suo nutrito staff di camerieri, facchini, cuochi e receptionist. Tutto viene curato e preparato nel dettaglio e con minuzia, ogni richiesta e vizio degli illustri ospiti deve essere soddisfatto alla perfezione. Ma l’assurdità e l’imprevedibile degrado che raggiungeranno la festa e i suoi partecipanti, sono fattori del tutto imprevedibili…
DATI TECNICI
Regia
Roman Polanski
Interpreti
Oliver Masucci, Fanny Ardant, John Cleese, Bronwyn James, Joaquim de Almeida, Luca Barbareschi, Milan Peschel, Olga Kent, Fortunato Cerlino, Mickey Rourke, Danylo Kotov, Matthew Reynolds, Marina Strakhova, Irina Kastrinidis, Teco Celio, Naike Silipo
Durata
100 min.
Genere
Commedia
Sceneggiatura
Roman Polanski, Jerzy Skolimowski
Fotografia
Pawel Edelman
Montaggio
Hervé de Luze
Musiche
Alexandre Desplat
Distribuzione
01 Distribution
Nazionalità
Italia, Svizzera, Francia, Polonia
Anno
2023

Presentazione e critica

C’era una volta, e c’è ancora, il Palace Hotel. Uno straordinario castello progettato all’inizio del 1900 da un architetto mistico, un castello che si trova sulle montagne della Svizzera, nel bel mezzo di una valle innevata. È il Palace Hotel, edificio dall’atmosfera gotica e fiabesca dove ogni anno, ospiti ricchi, viziati e viziosi convergono da tutto il mondo. Un evento irripetibile li ha riuniti tutti, la festa di Capodanno 2000. Al servizio delle loro stravaganti esigenze c’è uno stuolo di camerieri, facchini, cuochi e receptionist. È l’alba del nuovo millennio e Hansueli, devoto manager cinquantenne del sontuoso albergo, ispeziona quasi militarmente lo staff prima dell’arrivo degli ospiti per la sera di Capodanno 2000 ribadendo che non sarà la fine del mondo. “Alle otto in punto ceneranno ai nostri tavoli delle persone davvero importanti. Le vite di milioni di persone dipenderanno dall’umore con cui questi se ne andranno la mattina dopo. È nostro dovere assicurarci che non gli si atrofizzino le chiappe perché le sedie sono troppo dure, che si rimpinzino di caviale fino a esplodere e che lo champagne gli esca dal naso e dalle orecchie. È chiaro?” Ma nell’aria aleggia il Millennium Bug e il timore o la speranza che al rintocco della mezzanotte i conti dei grandi finanzieri subiscano oscillazioni inaspettate grazie al blocco dei sistemi informatici. In effetti quella che si prepara è davvero una guerra combattuta a colpi di stravaganze ed eccentricità degli ospiti dell’Hotel. Cani e pinguini con bisogni umani e umani con bisogni animali. Le loro storie danno vita ad una commedia assurda, nera e provocatoria. È la fine del 1999, non solo l’epilogo di un secolo, ma la fine di un intero e controverso millennio.

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A quasi 90 anni, Polanski si rifugia nella satira di costume cercando conforto in un mondo che conosce molto bene. The Palace, il lussuoso hotel sulle Alpi svizzere frequentato da ricconi riuniti per festeggiare il Capodanno 2000, ha molto in comune col Gstaad Palace che Polanski ha eletto a buen retiro per quasi 50 anni. Il cineasta posa il suo sguardo d’autore sulla fauna varia e internazionale che frequenta quel luogo filtrandola attraverso una lente deformante grottesca con esiti spesso comici.

In un tripudio di volti plastificati, trucco pesante, pellicce, limousine e volgarità smaccata, sono due gli universi che si incrociano in THE PALACE. A un primo livello ci sono i clienti dell’hotel, ricconi (o presunti tali) che si permettono di nutrire i cani a caviale e lottano per accaparrarsi la suite più spaziosa. Intorno a loro ruotano i dipendenti dell’hotel guidati dall’impeccabile direttore Hansueli e dal suo braccio destro Tonino. Lo scontro tra questi due mondi dà vita a una sequela di gag fisiche e verbali costruite ad hoc per ridicolizzare ossessioni e idiosincrasie dei ricchi.

Mettiamo subito in chiaro una cosa. La comicità di THE PALACE è tutt’altro che raffinata. Per promuovere la sua tesi, Roman Polanski calca la mano sulle idiosincrasie dei clienti dell’hotel dando vita a improbabili gag che vedono coinvolti chihuahua con problemi intestinali, pinguini che vagano per i corridoi dell’hotel, anziane ubriache o affette da Alzheimer e pornoattori in pensione. C’è perfino una specie di Hugh Hefner a cui presta il volto John Cleese con moglie 22enne al seguito (anche se a interpretarla è la formosa Bronwyn James, non proprio una playmate). Il linguaggio scurrile abbonda così come gli escrementi e i liquidi corporei, e c’è perfino un momento alla Weekend con il morto (che continua a strappare risate, dopotutto il vecchio modello non sembra passato di moda). Ma perché giunto a questa età Polanski ha sentito il bisogno di “sporcarsi le mani”?
La satira funziona quando il suo bersaglio è chiaro e immediatamente riconoscibile. Guardando The palace, è palese che Polanski non nutre grande stima nei confronti dell’élite benestante che si trova a frequentare e che qui diventa oggetto di derisione. (…) All’opposto, chi ne esce bene in questo delirio collettivo è il personale dell’hotel che risponde con prontezza a ogni insensato capriccio dei clienti senza fare una piega. Per Polanski sono loro i veri eroi che si districano tra problemi di ogni tipo, sono lo sguardo giudicante, ma sotto sotto benevolo perché si lasciano scivolare addosso l’inferno che gli hanno fatto passare i ricchi accontentandosi di un buon sigaro e qualche bicchiere di vino. Ed è dal ceto medio che un Polanski anziano, rinchiuso ormai da tempo in una prigione dorata, prova a lasciarsi ispirare.

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Roman Polanski accarezzava l’idea di questo film dal Capodanno 2000 trascorso nell’hotel che fa da set al film. Ora, alla soglia dei novant’anni, è riuscito a realizzare il desiderio e a prendersi una vacanza cinematografica. È come se gli fosse tornata la voglia di far riemergere quel Roman che ironizzava sul cinema di genere in Per favore non mordermi sul collo o che faceva agire una giovanissima Sydne Rome (che in THE PALACE accetta un ruolo autoironico) nel divertente e divertito Che?.
Poi quel regista, allora quarantenne, era tornato a fare un cinema di grande qualità ma lontano dalla commedia (a meno che non avesse in sé i semi del dramma come in Carnage). Polanski deve essersi detto una sorta di ‘ora o mai più’ non certo per l’avanzare degli anni ma per quella libertà che un regista del suo calibro può decidere di prendersi al momento giusto.

Ovviamente il suo è uno sguardo internazionale che trae origine da un’osservazione acuta e minuziosa di una fauna di ricchi e arricchiti che ha conosciuto e studiato da vicino nei suoi numerosi soggiorni a Gstaad. Internazionale, si diceva, perché per uno spettatore italiano la memoria non può non andare agli iper citati e stigmatizzati cinepanettoni nostrani.
Questo Vacanze di Natale 2000 in versione polacco/elvetica (con il regista hanno scritto la sceneggiatura un collega del calibro di Jerzy Skolimowski ed Ewa Piaskowska) non si risparmia nessun stereotipo. Si va dai russi che agiscono ampiamente al di fuori della legalità con modelle al seguito (mentre Putin prende il potere parlando di diritti e libertà) alle donne certamente non aiutate dalla chirurgia estetica, per giungere, ahimé, all’idraulico di bell’aspetto pronto ad occuparsi di particolari tubi di scarico.
Si capisce benissimo quanto Polanski si sia divertito a gestire le sue innumerevoli marionette muovendone i fili all’interno di una, per lui, inusuale location (il vero hotel e non un set cinematografico, con tutte le complicazioni di ripresa comprese nella scelta) non perdendone di vista nessuna come faceva il suo collega Robert Altman.
Molte di loro sono grottescamente delineate a contrasto con quella del manager dell’hotel che finisce con il diventare il perno dell’azione, conservando una sua dignità umana nonostante tutti i compromessi che è costretto ad accettare per venire incontro alle esigenze dei suoi ospiti. Sarà per questo che alla fine, nonostante tutto l’alcol che ha ingerito per sostenersi nella Babele che lo circonda, è l’unico a restare sobrio e cosciente. In fondo. In un hotel in cui si aggira un pinguino qualcuno che non lo consideri un’allucinazione è non solo necessario ma indispensabile.

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