The Eggregores’ Theory (Sic&Sic)

Andrea Gatopoulos

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Non ricorda molto di quel periodo. Le cose sono sbiadite, come il colore di un dipinto esposto a troppa luce. L’unica cosa che lo disturba è questa musica. Continua a venirgli in mente... Crede di aver dimenticato cosa significasse. Tutto quello che sa è che non riesce a togliersela dalla testa.
DATI TECNICI
Regia
Andrea Gatopoulos
Interpreti
David Rumsey
Durata
15'
Genere
Animazione
Fiction
Sceneggiatura
Andrea Gatopoulos
Montaggio
Andrea Gatopoulos
Musiche
Giorgio Labagnara
Nazionalità
Italia
Anno
2024

Presentazione e critica

Quanto profondamente è destinata a mutare la società umana? The Eggregores’ Theory di Andrea Gatopoulos riflette, attraverso un futuro distopico e fantascientifico, su temi centralissimi della nostra epoca, utilizzando un espediente che – erroneamente – crediamo appartenere al futuro: l’intelligenza artificiale. In apertura alla 39esima Settimana della Critica, il cortometraggio è co- prodotto da Eliofilm, Il Varco Cinema, Naffintusi e distribuito da Gargantua Film Distribution. Nel cast, un solo inteprete: David Rumsey. Musiche curate da Giorgio Labagnara.

Nella cittadina di Lublich, una misteriosa malattia si diffonde a macchia d’olio. Dopo diverse teorie, la scoperta: una parola è diventata velenosa per l’umanità, e nessuno sa quale sia. Anche solo guardarla può causare la morte istantanea. E quando l’ordine pubblico sembra ripristinato, una nuova minaccia incombe tra la gente. Nel frattempo, riaffiorano i ricordi del protagonista: la sua relazione sentimentale interrotta bruscamente, i disordini politici e il caos, la Macchina costruita per salvare l’umanità attraverso un nuovo alfabeto, l’eggregore gigantesco creatosi e destinato a cambiare per sempre la vita di quella piccola città che un tempo sembrava funzionare. E su quella melodia che non si leva dalla testa. E il ricordo di lei, ormai sbiadito. Siamo accolti da una voce fuori campo, monotona e lievemente rassegnata (David Rumsey): il protagonista narra le sensazioni provate nella ormai perduta relazione, che presto diventano la cornice per un racconto estremamente differente. Nell’immaginario collettivo di questa città inizia a diffondersi una notizia: quasi all’improvviso, le persone muoiono senza un perché e dovunque si trovino. Tra i cittadini subentrano dapprima sgomento e paura, poi una razionalità di ordine bellico: sono in guerra contro un veleno che, paradossalmente, non esiste, ma del quale la causa è l’uomo stesso. Attraverso questo racconto di finzione, il regista descrive un tetro scenario umano, ma spaventosamente reale.

Paranoia e frustrazione, come in una catastrofe, prendono il sopravvento. È una caccia alle streghe; si cerca il responsabile del contagio o quantomeno una soluzione. Poi l’assurdità: una parola sembra essere la causa dei numerosi decessi. E se in un primo momento sembra sia stata trovata ed eliminata da ogni luogo, altre parole-veleno emergono poi. Come un virus che, opponendo resistenza, si propaga indisturbato.

Le autorità vietano di leggere, scrivere, e le persone smettono di parlare. Addirittura alcuni indossano tappi per le orecchie, mentre altri se le strappano direttamente. Le persone iniziano a bruciare gli archivi cinematografici, le biblioteche, e i romanzieri vengono aggrediti nelle loro case. Accecati dall’odio e dall’ira, subentra una sola necessità: costruire collettivamente la figura di un colpevole. Impotenti, assistiamo alla decadenza del bene comune in questa cittadina, tra i confini di un mondo che ha perso la sua umanità.

Il futuro ad ogni costo
Per spiegare questo agire collettivo, Gatopoulos tira in ballo la Teoria dell’eggregore. Ma cos’è? “Un accumulo di energia sociale attorno a parole o idee che si caricano di odio e rancore fino a diventare mortali per l’umanità”. La semplicità di questo racconto fantascientifico è disarmante, paragonabile alle minacciose storie della buonanotte tipiche dell’infanzia. Siamo catturati dalla complessità che affiora immagine dopo immagine, simbolo dopo simbolo, descrivendo una società che ci sembra così lontana. Eppure il coinvolgimento è totale. Come dei bambini vorremmo una morale, ma non c’è: è il ritratto di una società in preda al terrore, travolta dal linguaggio della crisi.

Nel frattempo, una Macchina viene creata da un team di scienziati, pronta a risolvere il problema. Inventa addirittura un nuovo alfabeto, che non deriva da nessuna lingua già esistente. Il passato ora può essere cancellato definitivamente, rimanendo nella polvere.

Still from The Eggregores’ Theory, by Andrea Gatopoulos.

I resti del vecchio mondo
Gatopoulos ci avvicina umanamente al racconto attraverso i dolori sentimentali del protagonista, costruendo due binari paralleli di un ricordo: a causa di questa grave malattia, si è separato dal suo amore. Viviamo, insieme al terrificante avvenimento, una prospettiva diversa e più intima grazie a questa parentesi. Lui sostiene che avrebbero potuto continuare a vedersi anche senza parlare, gli sarebbe bastato. Ma la paura è troppa. Lei ha già sofferto la morte della madre e si ritira nel suo dolore. E il nuovo vocabolario non lo aiuta: vorrebbe scriverle delle lettere, ma non esistono parole per esprimere ciò che prova. “Lei come le capirebbe?”, si domanda il protagonista.

E forse qui che arriviamo alla vera essenza della pellicola: come faremo a parlare dell’esistenza, dei sentimenti umani, del senso della vita o, banalmente, dell’amore quando tutto ciò che conta intorno a noi parla di mercato, ordine e produttività? Che spazio daremo, nel nostro futuro, al nostro passato?

Il tempo scorre, e con esso il ricordo di lei. La gente vive una nuova normalità; in fondo, l’economia sta iniziando a circolare. Poco importa se ora la città è sommersa da luoghi che sembrano sopravvivere tra le macerie, intrisi di una vita che vuole essere dimenticata.

Un’esistenza sbiadita
Poi lei appare improvvisamente tra le strade, immersa nella sua definitiva solitudine. Lui non sa come esprimersi a parole. Nel silenzio, l’unica cosa di cui ha paura è che si sviluppi tra loro un’eggregore. Al pensiero di lei, una melodia lontana si solleva, come l’eco sbiadito di un mondo perduto: quello del materiale umano. Il protagonista però non ricorda più il suo significato, l’ha dimenticato. Sa solo che non riesce togliersela dalla testa, e che un tempo le cose erano diverse.

Veniamo iniziati a questa nuova realtà con l’incomprensibile alfabeto creato dalla Macchina per salvare il mondo. E come frammenti di un doloroso ricordo, il protagonista ha bene in mente i volti delle autorità scientifiche e politiche. Terrificanti, sembrano affogare nella loro disperazione e prepotenza. Così come il dolore e l’ira dei cittadini; la solitudine nelle strade. L’emotività umana prende il sopravvento, rendendo l’immagine sbiadita, a tratti accecante, “come il colore di un dipinto dopo troppa luce“. Siamo immersi nei pensieri del protagonista, che pare l’ultimo barlume di speranza in quel mondo fantastico diventato grigio e buio. Ma alla fine non si è opposto, perché aveva passivamente accettato la sua nuova normalità: “nulla che non si potesse sopportare”.

Still from The Eggregores’ Theory, by Andrea Gatopoulos.

La dicotomia tra artificiale e umano
The Eggregores’ Theory in pochi minuti affronta argomenti di estrema complessità ma necessari, al punto da farci dubitare della realtà che abbiamo sempre desiderato. Un nuovo mondo è possibile, ma a quale prezzo? Cosa siamo davvero disposti a fare?

Chi conosce il manifesto dietro i lavori di Andrea Gatopoulos sa bene che il rapporto tra sentimento umano e artificio è al centro delle sue opere. In questa breve pellicola ritroviamo tutti i punti fondamentali del suo cinema: la disillusione, le critiche a un cieco progressismo, il conflitto tra la condizione umana e la filosofia capitalista, ma soprattutto la presenza della tecnologia nella società e l’uso che ne facciamo. Su quest’ultimo punto, in particolare, Gatopoulos fonda il suo linguaggio cinematografico: rappresentativa di ciò è la sua trilogia Uomo-Macchina (Happy New Year, Jim; Eschaton Ad; A Stranger Quest). In The Eggregores’ Theory, però, il regista compie un atto rivoluzionario, silenzioso. L’intelligenza artificiale non è presente solo nella drammaturgia: ogni inquadratura è generata con l’utilizzo dell’IA. Gatopoulos ci introduce a una nuova visione, una sfida per il futuro del cinema che possiamo affrontare con consapevolezza: queste immagini fanno parte di memorie perdute in un abisso digitale, depositate da noi stessi e che necessitano, perciò, della nostra guida.

Il cinema del presente e del futuro
Il cortometraggio si inserisce perfettamente nel programma della 39esima Settimana della Critica, che si propone di offrire uno sguardo sul futuro della cinematografia. Tema centrale di quest’anno è infatti il “presente indeterminato”. In un mondo pieno di incognite, dove il confine tra realtà e finzione sembra sempre più sottile, in che modo il cinema può contribuire? Ma soprattutto: come possiamo osservare senza pregiudizi le nuove frontiere dell’immagine, anche quelle generate artificialmente dalle IA? Il messaggio è chiaro: The Eggregores’ Theory, come titolo di apertura della selezione autonoma veneziana, spalanca le porte a un dialogo sul futuro della settima arte, soprattutto come un’opportunità per ripensare la nostra storia.

D’altronde, a che cosa serve un racconto, se non a darci un insegnamento?

“Sarebbe paradossale e bellissimo, se proprio alle porte dell’inferno, quando ogni schema è caduto e tutto sembra indicare che siamo ormai prossimi alla fine, riuscissimo invece a trasformare la tempesta perfetta in un nuovo inizio. E quindi rinascere. Rifondare. Anche attraverso l’immagine.” – Beatrice Fiorentino, Direttrice artistica della 39esima Settimana della Critica.

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