Terra e polvere

Ruijun Li

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Nel nord-ovest della Cina vivono Youtie e Guiying, un uomo e una donna che conducono vite difficilissime. I due, che ormai cominciano a essere un peso per le rispettive famiglie, decidono di sposarsi per via di un matrimonio combinato. Inevitabilmente le nozze porteranno alla somma delle loro solitudini, nonché di una povertà sociale, ma anche affettiva ed emotiva. Dal loro incontro del tutto tenero e pudico nascerà col passare dei giorni un legame molto solido e prezioso, che li aiuterà a migliorare le loro vite, e che li poterà ad uscire dall’estrema povertà lavorando la terra e vivendo dei suoi frutti.
DATI TECNICI
Regia
Ruijun Li
Interpreti
Renlin Wu, Hai-Qing, Guangrui Yang, Dengping Zhao, Cailan Wang, Jiangui Zeng, Yunzhi Wu, Zhanhong Ma
Durata
131
Genere
Drammatico
Sceneggiatura
Ruijun Li
Fotografia
Weihua Wang
Montaggio
Ruijun Li
Musiche
Peyman Yazdanian
Distribuzione
Tucker Film
Nazionalità
Cina
Anno
2022

Presentazione e critica

Nella poverissima provincia del Gansu, nel nord-ovest della Cina quasi al confine con la Mongolia, Guiying e Youtie hanno ormai una certa età e le rispettive famiglie non sanno cosa farsene di due anime tanto solitarie se non cercare di unirle in matrimonio. Tra le dune del deserto, la coppia e il loro asinello si stabiliscono in una di quelle casupole che il governo sta cercando di demolire. I due, però, sono pieni di risorse e si mettono al lavoro per costruire una casa e una vita contadina degne di questo nome.
TERRA E POLVERE è un inno alla resilienza e allo stoicismo che ha come simbolo un’unione improbabile eppure riuscita: il nuovo film del regista cinese Li Ruijun posiziona una piccola storia a due voci sullo sfondo di una questione ben più controversa, che ha a che fare con l’erosione delle comunità rurali cinesi e sulle politiche governative che le prendono di mira.

Ruijun scrive e dirige, forte dell’esperienza di cinque altri lungometraggi che gli vale anche una certa destrezza nel dosare il contenuto politico e la critica sociale per navigare i contorni suscettibili della censura locale. Stavolta ci riesce a metà, nel senso che lo stoicismo e l’accettazione un po’ passiva dello stato delle cose, di cui il film è intriso, sembra tradire un certo pudore espressivo; al tempo stesso, Terra e polvere è stato preso di mira e fatto sparire in patria dopo buoni risultati al botteghino, segno di come le corde toccate siano comunque quelle giuste.
Presa per ciò che vuole esprimere, l’opera è un bozzetto umano dallo spirito gentile e dai modi di racconto lineari, che trova motivi di interesse nello studio di una relazione tra due persone di mezza età e in quanto tale sa distinguere sfumature di tenerezza più profonde del consueto. C’è nelle pieghe della storia una toccante meditazione tanto sulla serenità con cui si cerca di fare il meglio per il proprio compagno di vita di fronte alle difficoltà, quanto sull’erosione fisica dei corpi (Youtie dà letteralmente il sangue per il beneficio di uno dei potenti della zona), progressivamente sempre più provati.
È in questa progressione che il film usa i due protagonisti (Wu Renlin e Hai Qing, lei attrice professionista, lui zio del regista e portatore di un’autenticità notevole) come una simbolica simbiosi tra la terra stessa e il tempo che passa, prestando particolare attenzione ai gesti della loro quotidiana attività contadina e mostrandoli nel rispetto della loro completezza. C’è del bello, sembra dire Li Ruijun, in ciò che inesorabilmente ci consuma.

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Applaudito nei festival di mezzo mondo, da Berlino a Toronto passando per il Far East di Udine, il cinese Terra e polvere è diventato un caso anche in patria sbancando il botteghino, salvo poi sparire sotto i colpi della censura di regime che lo ha ritirato dalle sale e da tutte le piattaforme streaming.
“I due protagonisti sono come il raccolto dopo la semina, sono figli della terra”, dice il regista e sceneggiatore del film che di terra e polvere, parafrasando il titolo, è profondamente intriso. È infatti in mezzo a quella terra tra i campi da arare, le povere case e le dune del deserto che si consuma la storia di Youtie e Guiying, un uomo e una donna non più giovanissimi che solo un matrimonio combinato può salvare da un destino di solitudine ed emarginazione.
Lei ha un handicap fisico, ha subìto diversi traumi, confinata fino a poco tempo prima in un capanno nel cortile di casa del fratello, lui è un contadino taciturno, lo chiamano “quarto fratello” e per tirare avanti è costretto a vendere il proprio sangue: due vite ai margini, due povertà sociali ed emotive a cui l’improbabile unione decisa dai familiari ansiosi di sbarazzarsene, regalerà la libertà e un amore pudico, inaspettato, declinato in tutte le forme della tenerezza. Il legame tra i due crescerà giorno dopo giorno, sotto i ritmi contadini della Cina rurale, tra il sapore della terra e il ciclo delle stagioni, lo sciabordare della pioggia e l’infaticabile lavorio nei campi. Con Terra e polvere Li Ruijun realizza un ritratto umano di rara potenza, un inno alla gentilezza e allo stoicismo degli ultimi.

La regia privilegia i piani lunghi, lontano da orpelli e virtuosismi lavora per sottrazione, mentre i dialoghi sono quasi assenti, la parola cede il passo infatti a una messa in scena abitata dalle pratiche quotidiane dei due protagonisti e dal paesaggio che attraversano: il deserto, un vecchio asino e la casa scalcinata in cui vivono, destinata come le altre della zona alla demolizione voluta dal governo per far spazio ad un presunto rinnovamento edilizio. Youtie e Guiying sono il simbolo di una resistenza silenziosa definita da piccoli e meticolosi rituali che si ripetono nella ciclicità della vita contadina: concimano, arano, falciano, irrigano, si occupano degli animali. E affrontano la vita nell’unico modo da loro conosciuto, con una rassegnata dolenza e una vocazione alla terra che è la sola in grado di dargli il sostentamento di cui hanno bisogno.
“Tutto inizia nella terra, tutto finisce nella terra. La terra ricompensa sia i ricchi che i potenti, anche quelli come noi” dice Youtie, e a chi vuole offrirgli una delle “case comunali” in città risponde candidamente: “Dove vivranno il mio asino e le mie galline?”. Piuttosto la casa se la costruiranno da soli un mattone di fango dopo l’altro, anche a costo di difenderla con il proprio corpo sotto un temporale improvviso che rischia di distruggere tutto. E il corpo, nonostante l’assenza di riferimenti espliciti al sesso, è anche il protagonista dei rari momenti di intimità: quando si lavano a vicenda nel fiume, quando si sdraiano l’uno accanto per chiacchierare o quando sul tetto lui la lega a sé con una corda per non farla scivolare via.
Li Ruijun rimane ad osservarli da lontano con piglio documentarista e affida il ruolo di Guiying ad un’attrice di grande esperienza, Hai Qing, e quello di Youtie a un non professionista (come fa spesso), suo zio Wu Renlin, che è un vero contadino. Insieme sono la vera forza del film, l’amore passa dalle piccole azioni messe in campo ed è tutto un susseguirsi di devozione e complicità nella fatica: Guiying che lo aspetta con una bottiglia d’acqua calda a notte fonda lungo il fiume, Youtie che le compra una giacca lunga per coprirsi dalla gente che la deride per la sua incontinenza. Una storia di resistenza, tenacia e condivisione, l’ultimo lascito forse di un mondo perduto per sempre.

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Il sesto lungometraggio da regista di Li Ruijin, passato in concorso alla Berlinale 2022 e poi al Far East Film Festival, è un delicato affresco della provincia rurale cinese del Gansu, luogo natale del regista. È un racconto di povertà, di Terra e polvere, e soprattutto di ostinata avversione al progresso e all’industrializzazione. Non si tratta dell’immagine rassicurante che vorrebbe trasmettere la propaganda nazionalistica, proprio per questo il film è stato cancellato dalla piattaforma streaming cinese in vista del Congresso del Partito Comunista e censurato dalle discussioni sul social Weibo. Ma cosa racconta davvero Li Ruijin? Un amore purissimo che cresce con il passare delle stagioni, in cui un uomo e una donna si prendono cura l’uno dell’altra (…) Come una coppia di rondini costruisce il proprio nido, così Ferro e Guiyng costruiscono la propria casa fatta di fango e legno. È impossibile lasciare il proprio posto felice costruito con tanta fatica per andare a vivere in uno squallido appartamento popolare di città, senza asino e senza galline. “Tutto inizia nella terra e tutto finisce nella terra, la terra non ci disprezza, perché noi dovremmo?”, così riflette saggiamente Ferro sulla possibilità di assecondare il progredire dell’urbanizzazione del suo villaggio. Il discorso messo in piedi dal regista è la collisione tra il nuovo mondo e il mondo antico, quello che sta lentamente scomparendo, un discorso simile a quello su cui ragiona spesso e volentieri nel nostro paese Alice Rohrwacher.

Per quanto siano presenti alcune parentesi retoriche, come ad esempio la facile metafora del popolo sfruttato al pari del protagonista costretto letteralmente a donare il sangue al suo padrone, Terra e polvere colpisce per la tenerezza e purezza di sguardo oltre al rigore formale che lo contraddistingue. Commuove la storia d’amore tra due anime innocenti che si ritrovano miracolosamente in un mondo arcaico che si sta estinguendo.

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