Stranizza d’amuri

Giuseppe Fiorello

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La storia, ispirata a un fatto vero, è quella di Gianni, un giovane di diciassette anni senza amici. Il ragazzo è gay e viene bullizzato per questo da alcuni suoi coetanei, subendo in silenzio ogni loro scherno.
DATI TECNICI
Regia
Giuseppe Fiorello
Interpreti
Samuele Segreto, Gabriele Pizzurro, Fabrizia Sacchi, Simona Malato, Antonio De Matteo, Enrico Roccaforte, Roberto Salemi, Giuseppe Spata, Anita Pomario, Giuseppe Lo Piccolo, Alessio Simonetti, Raffaele Cordiano, Giuditta Vasile
Durata
134 min
Genere
Drammatico
Sceneggiatura
Andrea Cedrola, Giuseppe Fiorello, Carlo Salsa
Musiche
Giovanni Caccamo, Leonardo Milani
Distribuzione
BIM
Nazionalità
Italia
Anno
2023
Classificazione
Tutti
Attività

Presentazione e critica

Stranizza d’amuri è un film liberamente ispirato a una notizia di cronaca del 1980 riguardante l’omicidio di due giovani adolescenti della provincia di Catania”, ha spiegato Giuseppe Fiorello. “Fu un reato che cambiò per sempre la percezione dell’omosessualità in Italia. I corpi senza vita dei due giovani adolescenti sono stati ritrovati in campagna, sotto un pino. Entrambi sono stati sfigurati dagli spari. Quello che viene ricordato di più è che sono stati trovati tenendosi per mano come se avessero promesso di stare insieme per l’eternità. I giornali dell’epoca parlavano degli omicidi di “due ragazzini”. Quasi tutti i quotidiani hanno dedicato alla vicenda un breve paragrafo. Sfortunatamente, quello che sembrava essere un amore immenso e forte è stato tristemente disatteso e ridotto a poche brevi frasi”, ha proseguito il regista, attore e produttore. “L’inchiesta è stata immediatamente chiusa e nessuno è stato accusato dell’orribile crimine. L’unico sospettato durante le indagini sugli omicidi era un nipote minorenne di Antonio, uno dei ragazzi che è stato ucciso. Il nipote è stato rilasciato perché non sono state trovate prove sufficienti. L’urgenza di raccontare questa storia nasce dal desiderio di restituire la dignità a questi due giovani adolescenti chiaramente assassinati a sangue freddo dall’odio e dal pregiudizio. La loro storia è tragicamente sepolta a causa dell’indifferenza”.

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C’è un’idea ben precisa nell’esordio da regista di Beppe Fiorello. L’intento, e lo capiamo via via che il film prende forma e prende corpo, non è quello di “denunciare”, né tantomeno essere (troppo) protagonista di un romanzo di formazione crepato da un clima drammatico, in cui l’ambiente circostante – siamo nella Sicilia del 1982, che quasi sembra una sorta di Texas rurale – detta le leggi medievali di un tempo sbiadito. Un tempo poi sospeso, scandito dalle cicale che riempiono l’aria calda di un’estate elettrizzata dai gol di Tardelli, e rinfrescata dalla spuma, consumata frettolosamente in un bar che affaccia sulla piazza. Viene fuori forte il background del regista, che ha scritto il film insieme ad Andrea Cedrola e Carlo Salsa. Per certi versi personale e vicino alle sue corde, viene tradotta per immagini la forte emotività visiva, a cavallo tra tematica e poetica, riportando al pubblico un sentimento vivo e pulsante.
Perché in Stranizza d’amuri c’è un tema, forte e strutturato, e c’è la correlata poetica che lo avvolge come fosse un abbraccio, libero e leggero come sa essere solo l’adolescenza. Dunque, se il legaccio è la libera ispirazione alla terribile storia vera del Delitto di Giarre (tutt’ora irrisolto), Stranizza d’amuri finirà per allargare la glaciale cronaca in una pellicola dalle molte sfumature, tenute insieme dal bisogno primario di Beppe Fiorello: raccontare una storia, osservando l’universo con mezzo passo di distanza, senza la smania di “dare messaggi”, che potrebbero prendere il sopravvento quando si attraversano alcuni confini. Figurarsi in un esordio alla regia. Proprio questa leggerezza, intelligente e soppesata, riuscirà a colmare le naturali increspature del film, facendoci prendere per mano i due meravigliosi (e tragici) protagonisti.(…)

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Stranizza d’amuri parla principalmente d’amore e di omertà, ma soprattutto di famiglia. Mette a confronto due realtà famigliari apparentemente diverse ma fondamentalmente simili. Questo aspetto emerge soprattutto nella seconda metà del film, quando cioè si incontrano, seppure solo al telefono, le mamme dei due protagonisti. Lina, la mamma di Gianni, interpretata da Simona Malato, è una donna che già sulla propria pelle ha sentito il peso della vergogna e del pregiudizio della gente. Vedere il figlio subire il medesimo destino, ed ingiurie ancora più “gravi”, è qualcosa che la scava nel profondo, giorno dopo giorno. La vediamo bloccata nel suo immobilismo all’interno di quattro mura silenziose e su una terrazza che diventa un palco verso il quale la comunità punta il dito e lo sguardo. Carmela, la mamma di Nino, interpretata da Fabrizia Sacchi, vive invece in un contesto più caloroso e “rumoroso” ma, alla fine, a fare più rumore è il silenzio del dialogo assente tra i vari membri della famiglia. Messa di fronte alla realtà dei fatti, la donna si dimostra molto simile a Lina. E se a quest’ultima appartiene uno dei monologhi più intensi e strazianti del film, è Carmela a racchiudere in un’unica frase la mentalità che inchioda alla croce i due ragazzi: “Queste sono stranezze che non devono capitare“. In generale, ogni singolo attore, che ricopra un ruolo primario o secondario poco importa, contribuisce ad impreziosire il film, portando sul grande schermo personaggi in grado di rendere bene l’idea della mentalità e lo spirito con cui Giorgio e Antonio dovettero fare i conti all’epoca del delitto.
Lo sguardo profondo e malinconico di Totò, il bambino interpretato da Raffaele Cordiano, sono gli stessi del pubblico che assiste alle fasi salienti del rapporto tra i due protagonisti, dai primi sguardi complici alla nascita del loro sentimento reciproco, saturi della triste consapevolezza di ciò che accadrà poco dopo. Giuseppe Fiorello sceglie di non girare scene di sesso ma di mostrare solo un bacio tra i due ragazzi, lasciando spazio soprattutto ai sentimenti. In ogni caso, non mancano quei piccoli contatti fisici, prima un po’ casuali e poi assolutamente voluti, tra gli angoli nascosti del paese e poi nelle acque cristalline del mare, al di sotto delle quali “niente è peccato”, quelle carezze date di nascosto, quei sorrisi e quegli sguardi che, grazie alla notevole interpretazione di Gabriele Pizzurro e Samuele Segreto, lasciano ben intendere l’universalità dell’innamoramento e del desiderio.
Le scelte musicali, curate da Giovanni Caccamo e Leonardo Milani accompagnano perfettamente la narrazione e gli stati d’animo che dominano le varie sequenze dell’opera. Dammi solo un minuto dei Pooh fa da sottofondo ad una delle scene più violente del film, di fronte alla quale risulta davvero difficile trattenere la commozione, unico mezzo per fare fuoriuscire la rabbia che inevitabilmente si prova nel vedere qualcosa che, purtroppo, avviene ancora oggi in molti luoghi del mondo. E poi c’è Franco Battiato. Il suo “zampino” lo ritroviamo già nel titolo: Stranizza d’amuri non è uno dei suoi brani più celebri ma è, senza dubbio, uno dei più emozionanti del suo repertorio artistico. Una vera e propria perla dalle mille sfaccettature, il cui senso ben si presta alla storia raccontata nel film. Se nella canzone si parla di un amore che vive (e sopravvive) nonostante la guerra, nell’opera cinematografica le cose stanno più o meno nello stesso modo, considerato tutto ciò con cui i due protagonisti si ritrovano a fare i conti per vivere il loro sentimento. E poi nel film c’è tutto lo spirito di Franco Battiato: quell’anima che è sempre stata in grado di trascendere la dimensione terrena, piena di libertà e libera dal pregiudizio.
In definitiva, con una regia mai invasiva ed una sceneggiatura delicata e attenta ad ogni dettaglio, che alterna carezze e schiaffi, Beppe Fiorello porta in sala una vera e propria poesia cinematografica, che permette di trascorrere due ore in Sicilia, terra di fuoco e di mare, che viene presentata sul grande schermo anche attraverso un’incantevole fotografia, in un tempo “altro” che però, in fondo, non è poi così lontano dal nostro presente. Un viaggio da intraprendere con coraggio, in cui ci si immerge con testa e cuore, facendo i conti anche con le emozioni più crude per poi riemergere con la rinnovata consapevolezza di non dover mai voltare lo sguardo di fronte alle ingiustizie. Stranizza d’amuri è un meraviglioso inno alla libertà e una mano tesa a tutti i Giorgio e gli Antonio che ancora oggi devono armarsi di estremo coraggio per amarsi ed essere semplicemente se stessi.

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