Strange way of life

Pedro Almodóvar

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Silva sta attraversando il deserto, che lo separa da Bitter Creek, in sella al suo cavallo per far visita allo sceriffo Jake. Venticinque anni prima, quando lo sceriffo non ricopriva ancora questa carica e Silvia non era un ranchero, i due lavoravano insieme come sicari. Dopo tutto questo tempo, Silvia si reca da lui con la scusa di rivedere un vecchio amico di gioventù, ma dopo l'entusiasmo inziale Jake ammette a Silva di sapere che il motivo del suo viaggio non riguarda soltanto una visita di piacere sul viale dei ricordi.
DATI TECNICI
Regia
Pedro Almodóvar
Interpreti
Ethan Hawke, Pedro Pascal, Pedro Casablanc, Manu Ríos, George Steane, José Condessa, Jason Fernández, Sara Sálamo, Ohiana Cueto, Daniela Medina
Durata
30 min.
Genere
Western
Sceneggiatura
Pedro Almodovar
Fotografia
José Luis Alcaine
Montaggio
Teresa Font
Musiche
Alberto Iglesias
Distribuzione
MUBI e Teodora Film
Nazionalità
Spagna
Anno
2023

Presentazione e critica

“Che strano modo di vivere ha il mio cuore indipendente, un cuore che non posso comandare, vive perso tra la gente, ostinatamente sanguinante”: sono le parole di Strange Way of Life, fado portoghese che dà il titolo al nuovo cortometraggio di Pedro Almodóvar. Una canzone che risuona fin dai titoli di testa, cantata poeticamente dall’attore ventiquattrenne Manu Ríos: il brano è il primo protagonista dei 30 minuti di film, presentati a Cannes. A partire da quel testo, e dalla sensualità della sua musica, Almodóvar ricostruisce l’incontro fra due vecchi amanti, separati dal deserto e dalle rispettive scelte di vita.
Jake è uno sceriffo, Silva è un fuorilegge che vive ai margini della città. Due mesi di passione, venticinque anni prima, li hanno legati per sempre l’uno all’altro, lasciandoli però senza il coraggio di vivere fino in fondo quell’amore.

Almodóvar rimette insieme i loro due primi incontri, ricostruendoli in parallelo. Il desiderio che esplode nel pieno della giovinezza e l’impazienza di un nuovo abbraccio, mista alla rabbia e alla delusione della separazione. A dividerli ancora, però, è un dilemma morale. Quello di un padre, Silva, che deve proteggere a ogni costo la vita del figlio, minacciata dalla legge dello sceriffo.
Le emozioni in scena in Strange Way of Life sono quelle di una classica tragedia umana, fatta di amore e morte, sentimenti contrastati e profondi. Si attende che da un momento all’altro colpiscano e feriscano il pubblico, eppure restano su una superficie patinata da melodramma. Sensazione amplificata dallo “zampino” di Yves Saint Laurent, la casa di moda che co-produce il cortometraggio insieme a El Deseo di Almodóvar, e che contribuisce a ridurre il corto a una serie di quadri, in cui ciò che si immagina è più potente di ciò che viene mostrato sullo schermo.

Hawke e Pascal si muovono su un set statico, glamour, con un’estetica quasi teatrale: “finto”, anche se non falso. A sporcare questa bellezza immobile è solo la terra del (vero) deserto di Tabernas, in Almería, e il sangue che, alla fine, scorre per riportare i due uomini insieme.
Cosa possono fare entrambi, bloccati in un ranch, se non “prendersi cura l’uno dell’altro”? È così che Almodóvar immagina la sua risposta a I segreti di Brokeback Mountain, film di Ang Lee diventato un classico Lgbtqia+: una reinterpretazione personale della mascolinità tossica del western, che prova finalmente ad arrendersi all’amore.

Hollywoodreporter.it

Dopo The Human Voice, il corto presentato a Venezia nel 2021 che affidava a Tilda Swinton e a Balenciaga il compito di portare sullo schermo una delle sue tante piccole ossessioni, il testo di Cocteau a più riprese presente tra le maglie del suo cinema (La legge del desiderio, Donne sull’orlo di una crisi di nervi), Pedro Almodóvar ha portato a Cannes 2023 un altro piccolo divertissement in lingua inglese.

Lo ha detto lui durante la presentazione del film: il successo a una certa età significa poter fare un po’ quello che ti pare. Ed è quello che sta facendo. Proprio lui che ha sempre costruito le sue sceneggiature tra mille rivoli e andirivieni e accumuli di piccole storie che si insinuavano per dare spessore e apertura, affiorando, ritraendosi e complicando le cose come succede nella vita. Tanti possibili film dentro a ogni film. È come se ora si concedesse il lusso di tornare a prendere quelle piccole storie per dedicarsi interamente a loro, seguirle e vedere cosa potrebbe capitare. Divertendosi moltissimo tra abiti meravigliosi, scenografie maniacali e grandi attori che si prestano al gioco.

In Strange Way of Life sono Ethan Hawke e Pedro Pascal a entrare nel gioco di Almodóvar che li prende, li fa vestire da Saint Laurent (anche produttore con la nuova company creata dallo stesso direttore creativo della maison Anthony Vaccarello) e li mette dentro a un western sentimentale quasi da camera, tragicamente pervaso di una tensione erotica vibrante, calda e sofferente.

Gira in Andalusia ma ci tiene a dire che non è uno spaghetti western, gira parafrasando un momento di Brokeback Mountain ma ci tiene a sottolineare che non è un neo-western. È un western à la Almodóvar, semplicemente. Un piccolo film che si diverte a giocare con il genere, che lo ripensa con amore ma anche con distacco, guardando alla codificazione dei personaggi fatta da Hollywood, rimandando a James Stewart, a Kirk Douglass a Burt Lancaster ma anche chiudendolo dentro uno spazio teatrale all’interno del quale lasciar esplodere in modo conclamato la tensione omoerotica del genere.

Così accade che lo sceriffo e il suo amore di sempre si trovino dopo venticinque anni a condividere un piatto alla tavola ben apparecchiata di una casa piena di piccoli quadri e immagini che decorano l’ambiente, a dominante bordeaux, rendendolo pienamente almodovariano.

Così succede che dopo una notte di passione, lasciata in ellissi, i due rifacciano il letto insieme cercando tra quelle lenzuola l’uno l’esigenza opposta dell’altro: il ricordo da una parte, l’oblio dall’altra. Con gesti che evocano una quotidianità mancata e con sentimenti contrari, i due pensano a quello che avrebbero potuto essere quei venticinque anni, ma allo stesso tempo raccontano altro, di bisogni, necessità, scelte forzate e, soprattutto, si confrontano con il loro desiderio. E qui si assapora il cinema di Almodóvar e quel suo modo unico di mettere l’umanità dentro a costrutti sempre più artefatti; un modo maturato negli anni in un rapporto sempre più stretto e personale con la classicità del cinema; un rapporto che risiede sempre di più nel piacere di sfilare allo sguardo, di concedere sempre meno spazio all’azione per lasciare piuttosto alla cura maniacale dei dettagli il compito di suggerire ed evocare.

 

Cineforum.it

Era da quasi vent’anni che il regista non metteva al centro della sua filmografia un racconto di uomini, preferendo ritratti di donne. Strange Day of Life è la sublimazione del western e al contempo la decostruzione del fu genere cinematografico maschile per eccellenza: c’è il villaggio di frontiera e le passeggiate a cavallo, c’è il mexican standoff e il triello, il gracchiare del grilletto del revolver e il boato del Winchester che risuona nel deserto di Tabernas in Almería, la location degli spaghetti western di Sergio Leone. Almodóvar trasforma il western classico hollywoodiano in un melodramma dove i dialoghi contano più dei silenzi e delle sparatorie, gioca con i codici del genere, preme sul pedale del revenge movie per poi soffermarsi sulla relazione queer che fa da motore alla storia.

In Strange Day of Life la scena è monopolizzata dai due protagonisti: la recitazione di Hawke e Pascal è virtuosa ed efficace, la loro sintonia pressoché perfetta. In quella mezz’ora Almodóvar fonde forti emozioni, amore e sentimenti di rivalsa, azione e suspence, ma soprattutto la tensione erotica tra due uomini di mezza età letteralmente lacerati dalla passione proibita. (…) La passione dei due cowboy meritava un film tutto intero.

Wired.it

 

Il regista di Dolor y Gloria sceglie di infrangere un tabù, quello dell’omosessualità nel western (“i protagonisti di Brokeback Mountain erano pastori, quindi per me quello non è un western”), gira il cortometraggio in Almeria (la stessa regione che ha ospitato la leggendaria trilogia leoniana) e tenta tutto sommato di rispettare – da un punto di vista scenografico – le regole del genere “senza lasciarmi tentare da lusinghe anacronistiche”, eccezion fatta per la canzone iniziale che dà anche il titolo all’opera (Estranha Forma de Vida, Strange Way of Life per l’appunto) cantata da Caetano Veloso e “recitata” in playback da Manu Ríos, sorta di menestrello che introduce alla visione del racconto.

Traendo ispirazione dai vari Hawks e Ford, Peckinpah e Aldrich, Almodóvar si affida ai costumi di Saint Laurent by Anthony Vaccarello (di fatto il committente principale del progetto), fa indossare una camicia verde a Pascal (“come il James Stewart in Là dove scende il fiume di Anthony Mann) e guarda al Kirk Douglas di Sfida all’O.K. Corral per la mise dello sceriffo Ethan Hawke.

Certo, l’intreccio e la bravura dei due attori principali avrebbero forse meritato un respiro più ampio (un vero e proprio lungometraggio) ma ciò non toglie che il succo della questione – sintetizzato molto bene nel classico triello che anticipa il bel finale di cui sopra – viene restituito senza particolari intoppi: l’amicizia e l’amore possono frapporsi alla giustizia? Chissà…

 

Cinematografo.it