Shining

Stanley Kubrick

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Shining è un film del 1980 diretto da Stanley Kubrick, basato sull’omonimo romanzo di Stephen King. Il protagonista della vicenda è Jack Torrance, ex insegnante disoccupato con il vizio dell’alcol, in cerca di ispirazione per il suo romanzo. Jack accetta di buon grado la proposta del direttore dell’Overlook Hotel, che lo vuole assumere come guardiano invernale.
DATI TECNICI
Regia
Stanley Kubrick
Interpreti
Jack Nicholson, Shelley Duvall, Danny Lloyd ,Scatman Crothers, Anne Jackson, Tony Burton, Barry Nelson, Philip Stone Joe Turkel, Lisa Burns, Louise Burns, Barry Dennen
Durata
146 min
Genere
Horror
Thriller
Sceneggiatura
Diane Johnson, Stanley Kubrick
Fotografia
John Alcott
Montaggio
Ray Lovejoy
Musiche
Rachel Elkind, Wendy Carlos
Distribuzione
PIC, Warner Home Video, Laserdisc, Lucky Red (versione integrale 4K del 2024)
Nazionalità
Gran Bretagna
Anno
2024

Presentazione e critica

Jack Torrance è uno scrittore in crisi in cerca dell’ispirazione perduta. Per trovarla e sbarcare il lunario accetta la proposta di rintanarsi con la famiglia per l’inverno all’interno di un gigantesco e lussuoso albergo, l’Overlook Hotel, solitario in mezzo alle Montagne Rocciose. L’albergo chiude per la stagione invernale e il compito di Jack sarà quello di custodirlo in attesa della riapertura. Nel frattempo, pensa Jack, lui potrà anche lavorare al suo nuovo romanzo. Con lui, la devota mogliettina Wendy e il figlioletto Danny, per nulla entusiasta della prospettiva.
Nel colloquio con chi gli affida il lavoro, Jack viene messo a conoscenza che qualche anno prima proprio in quell’hotel è successo un tremendo fatto di sangue: un precedente custode era impazzito, forse per la solitudine, e aveva sterminato la propria famiglia con un’ascia prima di suicidarsi.
Jack assicura che niente del genere potrà capitare a lui. All’albergo, il giorno della chiusura, Jack riceve le consegne e le istruzioni, Il posto è fantastico e tutto sembra perfetto. Ma Danny comincia a vedere strane cose e l’inverno all’Overlook Hotel sarà molto lungo.Stanley Kubrick, uno dei pochi autentici geni del cinema, non si è mai preoccupato di “abbassarsi” all’utilizzo del cinema di genere, cogliendo anzi l’occasione del confronto con stilemi e convenzioni stratificate per trarne nuova linfa creativa. E, incidentalmente, magari per rivoluzionare il genere di cui si occupava, come è di certo successo per esempio nel caso della fantascienza e di 2001: Odissea nello spazio.
Con Shining, Kubrick opera in modo non dissimile. Prende un romanzo horror di successo (di Stephen King) e lo interpreta a modo suo andando con geometrica lucidità all’essenza del genere e nello stesso tempo allontanandosene per elaborare un percorso del tutto personale.

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Come per tutti i suoi film a partire da Rapina a mano armata, anche Shining nasce da un testo letterario, l’omonimo romanzo scritto da Stephen King nel 1977, autore da cui già Brian De Palma aveva tratto il suo Carrie, lo sguardo di Satana (1976).
Le differenze tra libro e film sono, nel nostro caso, davvero importanti: non solo perché molti spunti presenti nel libro sono stati accantonati nel film, ma anche, e forse soprattutto, perché alcuni spunti del film sono totalmente innovativi rispetto al libro.
Stanley Kubrick, lo sappiamo, non era persona da accettare passivamente uno soggetto in tutti i suoi particolari. Egli era interessato alla storia di King, senza ombra di dubbio, ma in essa vi scorgeva prospettive differenti rispetto all’autore del romanzo.
Il campo d’azione di King è, in primis, il racconto dell’orrore. Jack Torrance lotta, soccombendo, contro le forze del male che infestano “giocosamente” gli ambienti dell’Overlook Hotel, sciagurata costruzione edificata sulle ceneri di un vecchio cimitero indiano. L’assunto di base è semplice: l’uomo, in quel luogo, è ospite sgradito.
Confrontare il film con il libro dà l’idea di uno spostamento significativo dell’asse significante. Nel libro di King sembra esserci troppo e troppo poco. Troppo: perché King cerca di spiegare ogni atteggiamento, ogni falla, con continui flash back nel passato, cadendo spesso in banali cliché riguardo temi come l’alcolismo, l’infanzia difficile. Troppo: perché l’irrazionale tende spesso ad essere giustificato, perdendo quell’aura malefica che invece pervade il film, vero emblema dell’irrazionale, del relativismo spazio temporale. Poco: perché al libro mancano due fenomenali idee come quella del labirinto e quella della frase ripetuta ossessivamente alla macchina da scrivere. Poco: perché il finale di King non ha l’abrasiva forza, lo spiazzante guizzo del finale kubrickiano.(…)

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I luoghi dell’Overlook Hotel (costruito nei minimi dettagli in studio) si sono impressi nell’inconscio collettivo, a prescindere dalla loro raffigurazione simbolica, dall’interno, del labirinto della mente del protagonista, un Jack Nicholson esagerato, esplosivo, agghiacciante (ben reso da Giancarlo Giannini, con cui il regista si complimentò), cui Kubrick cambia la carriera, improntandogli la recitazione all’istrionismo. Soprannaturale e “naturale” a braccetto, come Kafka insegna.
Il racconto gotico “Una splendida festa di morte” di Stephen King è totalmente ribaltato (l’orrore è la follia di Jack, non la casa infestata) e virato al mistero ultraterreno, con i segni che si rincorrono senza mai farsi afferrare del tutto, come a cavallo dello stesso stabilizzatore rivoluzionario (la steadicam) inventato e manovrato da Garrett Brown fra luci (apparentemente) naturali. Fra le tante memorabili, da citare la sequenza con l’obiettivo che segue Danny sulla sua automobilina nei corridoi, mentre le ruote “battono” il suono della plastica e del legno dei pavimenti. Stanley Kubrick reinventa un altro genere cinematografico: questione di modi, non di ingredienti perché, a essere pignoli, anche in Ballata Macabra (di Dan Curtis) c’erano una casa isolata, la lenta penetrazione della paura senza orrore e foto rivelatrici; la palla del bimbo che corre “da sola” c’era anche in Changeling di Peter Medak dell’anno prima; per non parlare dei fantasmi e labirinti di L’Anno Scorso a Marienbad e di Il Carretto Fantasma di Victor Sjöström, da cui Kubrick riprende l’idea della follia che s’abbatte sulla porta (il film è sottilmente citato dalla data 1921). Nel soundtrack tornano Wendy Carlos e Rachel Elkind da Arancia Meccanica, con l’aggiunta di brani di Ligeti e Penderecki. Negli Stati Uniti è uscita una versione più lunga di 20’.

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