Sergio Leone – L’italiano che inventò l’America

Francesco Zippel

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Sergio Leone - L'uomo che inventò l'America , film diretto da Francesco Zippel, è un documentario che omaggia una delle leggende italiane del cinema mondiale. La fama di Sergio Leone ha superato i confini italiani, diffondendo la sua visione artistica e il suo stile, divenuti parte del linguaggio cinematografico.
DATI TECNICI
Regia
Francesco Zippel
Interpreti
Clint Eastwood, Martin Scorsese, Jennifer Connelly, Quentin Tarantino, Giuseppe Tornatore, Steven Spielberg, Frank Miller, Darren Aronofsky, Ennio Morricone, Damien Chazelle, Robert De Niro
Durata
140 min
Genere
Biografico
Documentario
Sceneggiatura
Francesco Zippel
Fotografia
Marco Tomaselli, Gabriele Remotti, Luca Ciuti, Carlo Alberto Orecchia
Montaggio
Michele Castelli, Christian Lombardi
Musiche
Rodrigo D'Erasmo
Distribuzione
Universal Pictures
Nazionalità
USA
Anno
2022
Classificazione
Tutti

Presentazione e critica

C’era una volta un gruppo di bambini che, nel buio della sala, si lasciavano accecare dalla luce di proiezione, entrando in mondi fantastici, e realtà sconosciute. C’era una volta un gruppo di bambini diventati adulti; ma se i loro corpi sono cresciuti, i loro occhi e la loro mente sono ancora dominati da quell’eterno fanciullo sognatore, pronto a lasciarsi sorprendere da uno schermo cinematografico in perenne azione. Quei bambini adesso sono nomi altisonanti, maestri della Settima Arte, sono personalità come Martin Scorsese, Steven Spielberg, Quentin Tarantino che oltre a un talento sopraffino, hanno trasformato ricordi e le visioni dei capolavori di Sergio Leone, in base preparatoria per i loro di cult. È il talento che parla al talento, e le cui testimonianze sono adesso riprese e raccolte da Francesco Zippel per comporre il suo documentario, manifesto del genio cinematografico di Leone intervallandolo da spezzoni di tutte le sue opere: si parte da Il Colosso di Rodi e si finisce con il progetto de L’assedio di Leningrado interrotto precocemente dalla morte del regista avvenuta il 30 aprile del 1989, a soli 60 anni. Ma l’eredità di Leone non si limita solo al campo della regia. La sua presenza rivive in ogni aspetto della Settima Arte, ed ecco che a sedersi di fronte alla cinepresa sono attori, critici cinematografici, famigliari e artigiani del cinema, che toccati con mano, o con la forza delle inquadrature, sono pronti a rivelare ogni segreto di questa personalità rivoluzionaria.

Per raccontare una mente devota all’immaginazione c’è bisogno di tanta di fantasia. Ecco allora che a fare da ponte visivo a ogni argomento, o tematica trattata, il regista inserisce personaggi in stop-motion, o piccoli modellini di oggetti, mezzi di trasporto, o ambienti che replicano in scala ridotta dei leitmotiv tipici della produzione di Sergio Leone. Non solo allegri espedienti che rimandano a un fervore fanciullesco che bruciava nell’animo di Leone, questi inserti rivelano un’importanza particolare, perché compaiono sullo schermo nelle vesti di associazioni simboliche a un modo di fare cinema di fattura artigianale. Lontano dallo sfruttamento tecnologico di effetti speciali e di CGI, tutto nell’universo di Leone sa di mani che compongono e costruiscono. Nulla è artificiale, ma vive di una manualità che li rende unici e irripetibili, come un capo d’abito fatto a mano e su misura. Stazioni intermedie di un viaggio alla scoperta di una filmografia in bilico tra un passato personale, e un futuro che vivrà all’ombra di opere altrui, questi inserti aprono un nuovo capitolo di una lettera d’amore elevatasi a saggio sentito e mai retorico tanto su Sergio Leone, quanto su quel mondo che quest’ultimo è andato a rappresentare: il cinema.

Sergio Leone – L’italiano che inventò l’America a livello nozionistico può sembrare non aggiungere alcun materiale inedito a quanto già tramandato negli anni. Ma è nel modo in cui tali aneddoti e curiosità vengono condivisi (dal rapporto con Robert De Niro e Clint Eastwood, alla simbiosi magica con Ennio Morricone, fino alla detonazione del ponte de Il buono, il brutto, il cattivo) che si ritrova la bellezza di questo documentario. Attraverso la testimonianza di chi Sergio Leone l’ha conosciuto, o di coloro che hanno fatto tesoro dei suoi insegnamenti, tutto ciò che è già noto diventa magicamente inedito, nuovo materiale da (ri)scoprire come se fosse la prima volta. Sergio Leone – L’italiano che inventò l’America va pertanto oltre il semplice tributo ad un artista che ha saputo dar vita a un nuovo e personale universo immaginifico, per elevarsi anche e soprattutto a manifesto storico su una certa idea di Cinema. Un cinema che vive dei retaggi del passato (soprattutto americano), per mescolarli a una visione personale della Settima Arte, influenzata da ricordi di infanzia, e da una cultura prettamente italiana.

È un Dante del cinema, Sergio Leone. Ed è qui che si ritrova il suo processo di decostruzione e rivoluzione del genere primigenio, rappresentante la società americana: il western. Leone ha infatti saputo comprendere, apprendere, assimilare ogni segreto di questo genere, fino a nobilitarlo facendolo parlare un linguaggio più vernacolare e per questo accessibile a tutti. Non più genere identificativo di un popolo, con Leone il Western diventa di tutti, vestendosi di icone e stilemi riconoscibili e da replicare. Con Leone nasce lo Spaghetti Western, e con esso una nuova mitologia, un pantheon abitato da nuove divinità con la pistola in mano e il sigaro in bocca. Quelle di Leone sono però divinità umanizzate, costruite a immagine e somiglianza dei propri proseliti, perché imperfetti e pieni di difetti. Ma quello che Zippel rintraccia e restituisce allo spettatore non è solo il Sergio Leone che crea universi e infonde vita alle proprie creature come una divinità del cinema, ma anche e soprattutto il Sergio Leone intimo, papà di famiglia e amico giocherellone. Un aspetto che forse sarebbe stato interessante approfondire, ma dopotutto con un titolo del genere, era inevitabile che l’opera di Zippel si concentrasse soprattutto sull’aspetto creativo di Leone. Ne consegue così un ritratto compiuto con il pennello intinto nel calamaio dei ricordi, e colorato dalle testimonianze di collaboratori, amici e colleghi, qui elevati a co-autori privilegiati di un’opera da non perdere.

Una nuova scrittura biografica, quella compiuta da Francesco Zippel, priva di didascalismi e slanci agiografici, ma calorosa, elegante, dove l’ammirazione e la chimica che legava Leone con chi ha avuto la fortuna di condividere con lui il set, supera i confini dello schermo per investire lo spettatore. Dalla musica, agli effetti visivi, passando per la recitazione, ogni aneddoto va a braccetto con le risate che il ricordo scaturisce, creando un’atmosfera famigliare, conviviale, di un uomo che dal suolo italiano ha saputo creare un nuovo volto per l’America e una nuova anima per il cinema.

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Un documentario su un regista che ha cambiato il cinema non solo di genere e che ha influenzato coloro che sono stati suoi coevi ma anche chi, venuto dopo, si è avvalso delle sue intuizioni e visioni per sviluppare la propria visione della settima arte. Sergio Leone ci viene raccontato con dovizia di particolari e con una intensità che non cede mai alla retorica celebrativa.

Il ritratto di un uomo che ha amato il cinema e la famiglia con la stessa intensità, unendoli senza mai confonderli.

Non è raro trovarsi di fronte a ritratti di artisti che sfiorano o addirittura concretizzano un’agiografia. In quei casi però a tesserne le lodi sono spesso i familiari, i collaboratori e qualche altro ammiratore sparso. In questo documentario di Zippel i nomi degli interpellati danno da subito la cifra dell’operazione. Ne citiamo solo alcuni: Eastwood (non poteva mancare), Scorsese, Tarantino, Chazelle, Tsui Hark e (qui forse non tutti l’avrebbero detto) Steven Spielberg che arriva a definirlo il gigante sulle cui spalle lui è salito per realizzare il suo cinema.

Ricco di materiali anche inediti e sempre di grandissima qualità (grazie anche alla collaborazione di Gianluca Farinelli direttore della Cineteca di Bologna) il documentario non si limita a ripercorrere la filmografia di Leone arricchendola anche di preziosi aneddoti. Fa di più perché si addentra nella lettura delle scelte narrative ed estetiche cercando di indagarne le ragioni più profonde.

Come quando si va a leggere la passione di Sergio ragazzino per il cinema americano che diventa il mito (poi proibito dal fascismo durante la guerra) per poi vedere in parte sgretolarsi quello stesso mito con l’arrivo dei soldati americani. Uomini reali con i loro pregi ma anche con le loro debolezze e iniquità. In lui resta però, secondo chi oggi ne rilegge l’opera, la fascinazione di un tempo che rivive con uno sguardo fanciullo in una precisa inquadratura di C’era una volta in America.

Zippel indaga, con il contributo anche dei suoi familiari, la personalità di un uomo capace di tener test a star come De Niro ma al contempo desideroso di avere accanto a sé gli affetti più cari anche sul set. Non manca di ricordare lo scempio che la produzione fece del già citato C’era una volta in America perché Leone non aveva il director’s cut ma ci ricorda che, nonostante ciò, davvero Sergio è stato l’italiano che ha inventato l’America grazie ad un’immaginazione e ad una competenza tecnica capaci di dettare nuove regole ad un genere che sembrava ormai destinato all’estinzione. L’utilizzo, poche righe sopra, dell’amichevole definizione ‘Sergio’ trova una sua spiegazione nel documentario. La si può trovare alla fine dei titoli di coda grazie a Quentin Tarantino.

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