Pilar Fogliati
DATI TECNICI
Regia
Interpreti
Durata
Genere
Sceneggiatura
Musiche
Distribuzione
Nazionalità
Anno
Classificazione
Attività
Presentazione e critica
Tutto è cominciato con un video in cui mostrava la differenza di accento tra chi vive a Roma nord e chi a Roma sud: Pilar Fogliati, grazie alla sua verve, è diventata subito virale. Tanto da arrivare sui cellulari di Carlo Verdone e Giovanni Veronesi. Con il primo hanno quasi sfiorato una collaborazione (lui avrebbe dovuto interpretare il padre di lei), con il secondo hanno scritto il suo film d’esordio come regista. La recensione di Romantiche, non può che partire dal talento poliedrico della sua autrice.
Forte del successo della serie Netflix Odio il Natale, Pilar Fogliati si prende ufficialmente lo scettro di icona generazionale, interpretando tutto il disagio dei Millennials. Il disagio esistenziale che abbiamo visto in Gianna nel periodo natalizio qui è quadruplicato nei personaggi di Eugenia Praticò, Tazia De Tiberis, Michela Trezza e Uvetta Budini Di Raso. Sono loro le protagoniste di Romantiche, in sala dal 23 febbraio. La prima è un’aspirante sceneggiatrice, arrivata a Roma dalla Sicilia per tentare di far leggere il suo manoscritto Olio su mela; la seconda è una pariolina aggressiva, che ha tutta una personale teoria su come trattare gli uomini; la terza vive in provincia, a Guidonia; l’ultima è un’aristocratica, che frequenta soltanto cugini altolocati come lei, ma vuole sporcarsi le mani provando a fare la panettiera. Tutte hanno in comune la stessa psicoterapeuta, la dottoressa Valeria Panizzi, interpretata da Barbora Bobulova.
Riprendendo la tradizione dei film a episodi, Pilar Fogliati ritrae con grande affetto una umanità molto varia: l’aspirante sceneggiatrice soffre la lontananza dal cuore pulsante dell’industria cinematografica, ovvero Roma, uno sradicamento che si traduce in un taglio di capelli e un abbigliamento quasi stereotipati, che rispecchia “l’idea di sceneggiatrice di successo”. Tazia porta invece una coda di cavallo, è dura e intransigente, fa discorsi sul tradimento per consolare le amiche che però poi le stessa non riesce a rispettare. Michela sta per sposarsi, ma quando incontra il tipo di cui era innamorata da ragazzina comincia ad avere dei dubbi. Uvetta – che porta uno dei nomi più belli mai usati in un film, assolutamente inventato, ma paradossalmente molto realistico per identificare un certo tipo di persona della Roma bene – sembra esagerata, ma riproduce fedelmente persone che chi vive a Roma ha incontrato almeno una volta.
Fogliati scrive insieme a Veronesi, interpreta e dirige: il suo talento per gli accenti, la gestualità e la fisicità che riempiono lo schermo non si discutono. Per quanto riguarda la regia non ci sono particolari guizzi, ma compensa la verità della scrittura: si vede che l’autrice ha osservato a lungo tutte le tipologie umane raccontate. Ho frequentato, assorbito, rielaborato. Ne viene fuori un ritratto spietato ma allo stesso tempo affettuoso per una generazione schiacciata dall’ansia di non essere l’altezza e non avere un futuro.
Fogliati si dimostra generosa non soltanto sulla pagina, ma anche con i suoi attori: dà ampio spazio ai colleghi, a partire da Bobulova, la costante dei quattro episodi, Dianel Fleri, Rodolfo Laganà e Levante, che firma anche le musiche e ha una delle battute più efficaci: “È raro che il talento rimanga inespresso”. Quello di Pilar Fogliati si è manifestato ed è evidente. La aspettiamo con sempre maggior fiducia alla prossima prova.
In qualche modo Romantiche scansa immediatamente il pericolo d’apparire una bieca operazione commerciale avviata sulla scia di quel successo virale tutt’oggi ricordato, dimostrando fin dai primissimi minuti quanto la sua idea di cinema, tanto rispetto alla struttura narrativa, quanto all’arco dei personaggi, sia forte e soprattutto generata da una riflessione importante e chiara rispetto alla volontà autoriale da parte della stessa Fogliati di raccontare con piglio deciso, caustico, grottesco, esilarante eppure dolcissimo una generazione che vivendo sospesa tra rincorsa del sogno, rassegnazione e false certezze, appare perduta e per certi versi relegata ad un immaginario surreale che inevitabilmente riflette la vita e la realtà attuale.
Non c’è niente di falso, oppure molto poco, questo sembra osservare la Fogliati, guardando a noi e alle nostre debolezze.
Romantiche rifacendosi – almeno apparentemente – ad una tradizione di cinema italiano radicatissima, tanto da essere sopravvissuta fino ad oggi, tra vecchie e nuove leve, struttura la sua narrazione episodica incrociandola soltanto attraverso un personaggio, quello della Dottoressa Panizzi, la dolcissima psicoterapeuta e in qualche modo spirito guida (interpretata da una sempre ottima Barbora Bobulova) che ascolta, consiglia e sottolinea il racconto di vita delle quattro giovani donne – Eugenia, Uvetta, Michela e Tazia – interpretate da Pilar Fogliati che nelle loro differenze, idiosincrasie, fragilità e punti di forza, appaiono come continuamente destinate ad incontrarsi, pur non facendolo mai. Ciascun episodio infatti più che risultare una gag dalla durata senz’altro importante, diviene via via un cortometraggio a sé stante e poi un pezzetto di un puzzle più ampio, da incastrare all’evolversi del film con tutti gli altri, tanto da illuminare un vero e proprio affresco di vita capace di guardare – concentrandosi sul punto di vista femminile e non solo – alle differenti realtà su cui si affacciano le quattro trentenni interpretate con sorprendente efficacia e realismo comico-grottesco da Pilar Fogliati, come nessun altro autore e autrice hanno saputo fare, da molti anni a questa parte. Un racconto femminile episodico che si dipana infatti non soltanto in un singolo contesto spazio-temporale, bensì in una moltitudine, tra provincialismo, agiatezze idilliache eppure alienanti e drammaticamente comiche di campagna, così come ferree convinzioni e orgogliosa presunzione di città e infine tenace e aggressiva femminilità di quartiere anche se in definitiva schiava di un modello autodistruttivo debole e inutile. interessante osservare come l’introduzione episodica e narrativa di ROMANTICHE avvenga attraverso lo scrollare sconosciuto e invisibile di una bacheca social Instagram, che se sceglie di eludere alcuni contenuti, si sofferma invece su altri, introducendoci in tutto e per tutto a finestre e spezzoni di vita che osserviamo brevemente, senza perciò conoscerne il pregresso, né tantomeno il susseguente, soltanto l’immediato, per poi passare oltre, dandoci l’idea di aver conosciuto un personaggio, anche se di fatto ne abbiamo osservato solamente alcune dinamiche, conducendoci all’inevitabile considerazione dell’insensatezza del giudizio.
Non ci è infatti concesso giudicare queste giovani donne, poiché non ci è dato conoscere il loro intero percorso di vita. Ciò che ci è concesso però è di osservarne un frammento, ritrovandoci probabilmente, oppure non facendolo affatto, a sorridere oppure a riflettere amaramente sul fatto che quel frammento appaia così somigliante, seppur nella sua estremizzazione e discorso parodistico quasi sempre eccessivo e grottesco, ad una quotidianità che noi stessi – o terzi – abbiamo vissuto, oppure che tutt’oggi viviamo, senza curarci mai di evidentissime contraddizioni, debolezze, difetti e false certezze che rischiano non soltanto di allontanarci dalla gente, ma anche e soprattutto da noi stessi. (…)
(…) Romantiche è in definitiva un film incredibilmente divertente, amaro, eppure di una comicità consolatoria e speranzosa, che guardando ad estremizzazioni e gusto parodistico come chiavi essenziali di un racconto episodico leggero ma non per questo dimenticabile e superficiale, racconta la donna e il significato dell’amore con un’immediatezza ed un realismo sorprendenti ed una vera e propria sincerità autoriale capace di rendere Pilar Fogliati una voce ed uno sguardo a cui certamente presteremo attenzione.