Ritratto di un amore

Martin Provost

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Biopic che racconta la lunga e passionale storia d’amore tra il pittore Pierre Bonnard e la moglie e musa Marthe. Nell’opera il regista francese torna a parlare delle tematiche a lui più care, tra cui l’emancipazione femminile e il rapporto delle donne con l’arte e le istituzioni.
DATI TECNICI
Regia
Martin Provost
Interpreti
Cécile de France, Stacy Martin, Vincent Macaigne, Anouk Grinberg, Grégoire Leprince-Ringuet, André Marcon, Philippe Richardin
Genere
Biografico
Sceneggiatura
Martin Provost
Fotografia
Guillaume Schiffman

Presentazione e critica

Pierre Bonnard trova come modella occasionale la fioraia (di un negozio di fiori finti) Marthe che gli si presenta con un cognome falso per fare una buona impressione. Da quel giorno i due, con vicende alterne, finiranno con il costruire un rapporto in cui lei diventerà per i detrattori la donna che lo ha isolato dal mondo parigino e per lui colei che sarà al centro di un terzo delle sue opere.

Pierre Bonnard è noto per essere stato un pittore che, pur inserito nel movimento impressionista, dichiarò di voler superare i colleghi nelle loro impressioni naturalistiche del colore. Era cioè un artista non disposto ad adagiarsi in una definizione immutabile ma sempre alla ricerca di nuove forme d’espressione. Provost ci presenta Bonnard con una mano che traccia pochi, ma precisi, segni su una tela e già definisce un volto e un carattere. Quel volto e quel carattere appartengono alla modella che gli sta davanti a cui chiede di scoprire il seno e che da quel momento diventerà, ma nessuno dei due ne è ancora consapevole, la donna che ritrarrà innumerevoli volte, buona parte delle quali nuda. I film sugli artisti sono spesso concentrati su un percorso che metta in luce genio e sregolatezza ed in essi prevalgono gli uomini. Non a caso a un certo punto Marthe chiederà a Pierre perché i nudi nei quadri sono quasi sempre femminili. “Perché i pittori sono uomini e non donne” sarà la risposta. Provost invece trae la propria ispirazione dalla coppia e, in particolare, dal bisogno di rileggere la figura di Marthe, divenuta a un certo punto della sua vita pittrice a sua volta. Lo fa, offrendo a chi guarda una possibile linea di lettura. Il primo rapporto sessuale tra i due porta lei ad un orgasmo che ha in sé un elemento disturbante. L’ansimare non è dato solo dal piacere provato ma anche dall’asma di cui soffre. Questo diventa il segno di una vita di coppia in cui la gioia panica di una completa immersione nella natura, priva di qualsiasi barriera dettata dal pudore, con il passare degli anni si trasforma in difficoltà, in tensione. Senza però che avvenga mai un definitivo distacco. L’arte di Pierre – Provost tornerà ad insistere sul ‘farsi’ delle opere di Bonnard – non può privarsi per sempre della presenza di Marthe, del suo rifiuto della vita mondana, di un corpo da fermare nel tempo anche quando non è più oggetto di desiderio e passione senza freni.
Provost riesce nello scopo di descrivere un uomo e una donna che trasformano il loro vissuto in arte e riesce anche, evitando l’aneddotica da museo delle cere che spesso inficia i biopic sugli artisti, a farci immaginare l’origine delle ninfee di Monet come l’esito di una giornata estiva e di un incontro tra amici in campagna e, ancora una volta, con una mano che sublima la realtà in arte.

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