Ritratto della giovane in fiamme

Céline Sciamma

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Premio per la migliore sceneggiatura al Festival di Cannes, 2019

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Premio per la miglior sceneggiatura agli European Film Awards, 2019

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1770. Marianne, pittrice di talento, viene ingaggiata per fare il ritratto di Héloise, una giovane donna che ha da poco lasciato il convento per sposare l'uomo a lei destinato. Héloise tenta di resistere al suo destino, rifiutando di posare. Su indicazione della madre, Mariane dovrà dipingerla di nascosto, fingendo di essere la sua dama di compagnia. Le due donne iniziano a frequentarsi e tra loro scatta un amore travolgente e inaspettato.
DATI TECNICI
Regia
Céline Sciamma
Interpreti
Adèle Haenel, Noémie Merlant, Valeria Golino, Luàna Bajrami
Durata
120 min
Genere
Drammatico
Sceneggiatura
Céline Sciamma
Fotografia
Claire Mathon
Montaggio
Julien Lacheray
Musiche
Jean-Baptiste de Laubier, Arthur Simonini
Distribuzione
Lucky Red
Nazionalità
Francia
Anno
2023
Attività

Presentazione e critica

Francia, 1770. Marianne, una pittrice, riceve l’incarico di realizzare il ritratto di nozze di Héloise, una giovane donna appena uscita dal convento. Lei però non vuole sposarsi e quindi rifiuta anche il ritratto. Marianne cerca allora di osservarla per poter comunque adempiere al mandato. Scoprirà molte cose anche su di sé. Céline Sciamma al suo quarto lungometraggio continua la sua ricerca sull’identità sessuale tema nei confronti del quale ha mostrato un’ottima capacità d’indagine in fase di sceneggiatura nonché nel trasferimento sullo schermo.
In questa occasione lascia però il presente per rivolgersi al passato. Un passato che di lì a meno di un ventennio vedrà il fuoco della Rivoluzione che cambierà tutto ma non spazzerà via il pregiudizio e le costrizioni.

Non è necessario scomodare riferimenti a Jane Austen per apprezzare uno script in cui Sciamma, sin dalle prime inquadrature, ci enuncia il proprio progetto. Sullo schermo/tela bianco una mano munita di carboncino inizia a delineare un’immagine. Ecco: esattamente qui sta il senso del film. In una domanda: quanto le strutture sociali impediscono agli individui di farsi ritrarre (cioè guardare) per ciò che veramente sono? Marianne, pronta a gettarsi in mare per recuperare le tele che poi asciugherà insieme al suo corpo nudo davanti ad un camino, possiede le tecniche per ritrarre gli altri ma si troverà a scoprire un’immagine di se stessa che stava nascosta nei recessi della sua sensibilità. Héloise che rifiuta inizialmente lo sguardo altrui (legato inestricabilmente a una condizione coniugale che non vuole accettare) progressivamente imparerà a guardare oltre e ad accettare di essere vista. Tra di loro, solo apparentemente in un ruolo secondario, la giovane serva che resta incinta sottoponendosi ai più diversi tentativi per abortire.
É un film in cui le parole vengono pronunciate solo se e quando sono necessarie perché sono e restano per tutto il tempo le immagini a costituire l’elemento portante della narrazione. La cura nella ricerca non solo dell’inquadratura ma anche degli abiti nonché degli spazi (in particolare gli interni) fa ripensare al Rohmer de La marchesa von…. Là dove la geometria rohmeriana definiva spazi studiati quasi teoreticamente Sciamma cerca anche la nota dissonante del letto sfatto stando però sempre attenta a produrre un equilibrio estetico in cui tutti gli elementi si bilancino. Ciò che deve ‘sbilanciarsi’ è la vita delle due protagoniste che dovranno progressivamente ammettere (innanzitutto con se stesse) sentimenti nuovi e importanti nei confronti dei quali operare delle scelte fondamentali.

Mymovies.it

Donne senza uomini. Si evocano, si citano, si allontanano dal ricordo, ma in scena i maschi non ci sono mai. E non se ne sente la mancanza. Anzi se ne avverte il peso autoritario e ingiustificabile. RITRATTO DELLA GIOVANE IN FIAMME, regia di Céline Sciamma, in sala dal 19 dicembre grazie a LuckyRed, è il film che mette da parte canoni estetici, culturali e sessuali maschili a favore di una sensibilità sostitutiva al femminile come raramente è capitato di vedere al cinema negli ultimi anni. Siamo nel 1770. La giovane pittrice Marianne giunge in un’augusta villa sull’oceano atlantico per dipingere il tradizionale ritratto “casalingo” di Heloise, una ragazza che dovrà sposare il promesso sposo della sorella maggiore morta all’improvviso. Per mostrare il suo rifiuto al matrimonio combinato Heloise non vuole però posare per il ritratto. Così Marianne, spinta dagli ordini della madre della ragazza e dai consigli della servetta di casa cercherà di disegnare la figura della ragazza senza mai vederla in posa. Ma l’avvicinamento anticonvenzionale alla “modella” da parte della pittrice susciterà in entrambe le ragazze un’attrazione fisica e mentale difficilmente smorzabile sotto abiti e formalità tardo settecentesche.

Non immaginatevi chiaramente il voyeurismo alla Tinto Brass (anche se qualcosa della ricerca formale di Tinto c’è), ma nemmeno la leziosità dei racconti immorali di Borowczyk (anche se l’atmosfera marittima di un episodio del film con Luchini giovanissimo c’è), Ritratto di una giovane in fiamme è un dramma sentimentale ancorato ad una ricostruzione storica dove l’approccio calligrafico nella sua austera fissità cerca di trattenere la passione purissima e lesbica che infine vibra libera e autentica. Non ci sono uomini, si diceva all’inizio.
Ritagliati come zotici e maleducati barcaioli per trasportare Marianne nella villa (quando cade il baule della ragazza in mare è lei a gettarsi e quando deve salire le rocce della costa è lei a trasportarsi i suoi bagagli), oppure come indifferenti e apatiche figurine di contorno sul finale del film, i maschi rispecchiano una sorta di anticaglia sovrastrutturale estranea al pensiero e alla fisicità delle protagoniste. Non solo le due ragazze sviluppano un rapporto sessuale che mima con una penetrazione ascellare l’inutilità del presunto piacere dovuto al maschile, ma proprio ne cancellano la presenza come dato residuale nella loro memoria. E se Marianne fatica a dipingere Heloise sulla tela, le cause sono ovviamente due: la prima è quella più diretta ovvero di provare un tale sentimento per la ragazza da non riuscire a trovare la lucidità per ritrarla; il secondo è quello di uscire dai canoni del bello al maschile che la professione richiede.

In questo il film della Sciamma, già da tempo attenta a confrontarsi e ad esporre con forza i dilemmi dell’identità al femminile in un mondo al maschile, è categorico: si prova, e si deve, fare tutto senza uomini. Sintomatico il rapporto con la serva di casa, incinta, che le ragazze aiutano ad abortire con scene piuttosto forti e discutibili (il neonato che prende la mano della ragazza mentre viene “operata” non è un raffronto simbolico da nulla). Insomma pur all’interno di una confezione minuziosamente ricostruita a livello di singole inquadrature fisse (alcuni giochi di specchi e di geometria fronte macchina sono meravigliosi) e di una direzione della fotografia che immobilizza il tempo attraverso frammenti di pittura che sembra autentica (un vaso di fiori sul tavolo, alcuni oggetti sulla credenza, il campo lungo su spiaggia e mare), Ritratto di una giovane in fiamme è uno schiaffo ribelle ben calibrato e teso al viso delle convenzioni identitarie e culturali, che va assolutamente visto non fosse solo per come gli uomini sono tagliati naturalmente fuori dalla scena. Sequenza clou: una specie di sabba tra la vegetazione di una spiaggia che certifica ferrerianamente la fine dell’uomo. Ruspante e decisa la Merlant. Impressionante la bellezza e il magnetismo della Haenel.

Ilfattoquotidiano.it

Proiettato immediatamente dopo in un flashback su una barca nel mare aperto e tempestoso, il racconto segue l’arrivo molto fisico di Marianne su un’isola dove è stata ingaggiata per fare un ritratto di Héloïse, la figlia di casa (con Valeria Golino nel ruolo di sua madre), destinato a illuminare un potenziale pretendente al matrimonio a Milano. A poco a poco, in un grande edificio deserto che percorriamo con la candela in mano illuminando ogni stanza, Marianne apprenderà alcuni segreti interrogando la giovanissima domestica della famiglia. In primo luogo, la sorella di Héloïse è morta di recente, cadendo dalla cima della scogliera in quello che sembra un suicidio, il che ha portato all’uscita di Héloïse dal convento. Poi, quest’ultima si impunta contro l’idea del matrimonio milanese e ha già scoraggiato un pittore. Siccome non vuole posare, Marianne deve fingere di essere una dama di compagnia e realizzare il dipinto in segreto guardando la sua modella di nascosto. Ma le due giovani donne imparano a conoscersi e ad apprezzarsi a vicenda così tanto che i sentimenti latenti ancora trattenuti dalle convenzioni cominciano ad emergere…

Costruito su un meccanismo altamente controllato di osservazione-reazione e su un’alternanza tra scene di interni millimetriche ed esterni sorprendenti sulla spiaggia e sulla scogliera, il film disegna in modo sottile e con il proprio ritmo la traiettoria della nascita e della paura del desiderio (in un’atmosfera calda sotto l’apparente freddezza) prima che questo finalmente bruci (con una bella sensualità relativamente pudica), offrendo alle due attrici protagoniste dei ruoli eccezionali. Ma Portrait de la jeune fille en feu è anche lo specchio di una condizione femminile incatenata (matrimonio, aborto, artista donna costretta a esibire sotto il nome di suo padre, ecc.) che non manca ovviamente di possibili echi contemporanei. Avvicinandosi allo stile cesellato di Jane Campion con un lavoro formidabile di messa in scena, e una notevole Claire Mathon alla direzione della fotografia, il film dà la sua piena misura nella sua parte finale, affermandosi come un importante lavoro di maturità per la talentuosa Céline Sciamma.

Cineuropa.org