Race for Glory: Audi vs. Lancia

Stefano Mordini

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Race for Glory: Audi vs. Lancia, il film diretto da Stefano Mordini, ripercorrere i fatti realmente accaduti ai Mondiali di Rally del 1983, raccontando la storica rivalità tra l'imbattibile squadra tedesca dell'Audi guidata da Roland Gumpert e quella italiana della Lancia con a capo Cesare Fiorio.
DATI TECNICI
Regia
Stefano Mordini
Interpreti
Daniel Brühl, Riccardo Scamarcio, Volker Bruch, Katie Clarkson-Hill, Axel Gallois, Giulio Brizzi, Jacopo Rampini
Durata
109 min
Genere
Biografico
Drammatico
Sceneggiatura
Filippo Bologna, Stefano Mordini, Riccardo Scamarcio
Fotografia
Rasmus Videbaek
Distribuzione
Medusa Film
Nazionalità
Italia, Gran Bretagna, Irlanda
Anno
2023
Attività

Presentazione e critica

Dopo La scuola cattolica (2021), il regista Stefano Mordini torna sul grande schermo con un’opera incentrata sul mondo del rally, in particolare il campionato del mondo del 1983. Mordini si è occupato della sceneggiatura insieme allo scrittore Filippo Bologna – con cui aveva già lavorato per Gli infedeli (2020) – e Riccardo Scamarcio, che appare anche nel cast principale, nonché come produttore insieme a Jeremy Thomas. Il film segna inoltre la quinta collaborazione cinematografica tra Mordini regista e Scamarcio attore, dopo Pericle il nero (2016), Il testimone invisibile (2018), Gli infedeli (2020) e La scuola cattolica (2021). Inizialmente intitolato 2 Win, il film ha poi cambiato nome in Race for Glory – Audi Vs Lancia. Le riprese hanno avuto luogo in Grecia e in Italia e alcune scene sono state girate proprio nei luoghi in cui sono accaduti realmente gli eventi raccontati, tra cui il circuito Balocco, gli uffici Lancia e la sede rally di Sanremo. Oltre a Riccardo Scamarcio nei panni del dirigente sportivo Cesare Fiorio, il cast include Daniel Brühl nei panni dell’imprenditore tedesco Roland Gumpert e Volker Bruch in quelli del pilota Walter Röhrl.”Qualcosa ti spaventa nel rally? Sì, perdere”. Una frase manifesto della visione del mondo del team manager Cesare Fiorio, uno dei più vincenti della storia dello sport automobilistico italiano con diciannove titoli mondiali, non solo nel rally, ma anche in Formula 1 con la Ferrari e nella motonautica. Un’ossessione per la vittoria che ha contagiato Riccardo Scamarcio, che ha fortemente voluto Race for Glory, collaborando anche alla sceneggiatura e producendo, oltre a interpretare il ruolo del protagonista stesso.
Una figura che viene raccontata in un anno chiave, quello che ha segnato la fine di una maniera di intendere le corse in fuoristrada, con una componente umana ancora cruciale, in chi guidava ma anche in chi cercava nei rivoli più maliziosi del regolamento un modo per facilitare la vittoria. È il 1983, ultimo anno in cui le due ruote motrici, tecnologia con cui la Lancia aveva vinto due titoli mondiali, sono riuscite a prevalere sull’innovazione tecnologica portata dalla potente Audi, le quattro ruote motrici, oltre a un budget molto importante e un’onnipotenza testimoniata da vittorie in serie.
A suo modo un’ennesima variante di Davide contro Golia, di un “underdog”, uno sfavorito capace di sovvertire i pronostici. Il sottotitolo, Audi vs Lancia dice tutto. La flessibilità a ragionare fuori dagli schermi “italiana” contro la potenza in crociera teutonica. Non è certo il canovaccio narrativo a stupire, al servizio com’è di un percorso di archetipi e riti di passaggio tipici del genere, anche se raccontati solidamente. È la rappresentazione sensoriale coinvolgente che rimane impressa. L’eco del motore, capace di alternare un singhiozzo di lamento a un’improvvisa accelerazione inebriante, trasmettendo una credibilità poche volte viste in questo genere dalle nostre parti. Sembra innescare il ricordo primordiale di un motore ben lontano dalla sofisticazione monotona senza un’imprecisione dei motori nell’automobilismo di oggi, indistinguibili da una sessione di Gran Turismo.
È l’imperfezione, la sensazione di rischio a regalare piacevolezza all’esperienza di visione di Race for Glory. Solleticando il lato oscuro di quegli anni e di quelle corse, il senso di pericolo e di morte che se non ci nobilita come specie, ma rappresenta una (re)pulsione primordiale come la tentazione di sfidare la velocità. In questo rende onore alla missione cocciuta di questi piloti, cresciuti nelle officine e non nei simulatori, rivali fino alle sportellate ma accomunati da una comune necessità di spingersi oltre il limite, che si lanciano in mezzo alla folla, con conseguente azzardo e fascinazione, percorrono strade anonime e periferiche, immersi nella natura e non all’interno dell’ovattata bolla di un circuito chiuso. Analogico e inconsueto, è un film che con il suo andamento dritto al punto ogni tanto spiazza, sembra andare a singhiozzo nell’ignorare quello che c’è intorno, il personale, proprio come accade a quelle lamiere e quei pistoni, ancora capaci però di rigenerarsi con esperienza e olio di gomito, contro la società dell’obsolescenza programmata.

Cinematografo

Il racconto di una grande storia sportiva, ma anche il racconto di come i dettagli possano far la differenza cambiando il corso del destino. Che sia il destino di un uomo, o di un marchio leggendario. Una sfida ideologica, tra ossessione, intuizioni, velocità. Partendo da uno spunto, rimarcando quanto sia vero, ma anche inventato per esigenze narrative, Stefano Mordini porta al cinema una battaglia epica in Race for Glory – Audi vs Lancia. E lo diciamo subito, in apertura di recensione: il film ha le giuste vibrazioni, il giusto grado popolare, e il giusto spunto che guarda all’intrattenimento. Del resto, il paradigma tra cinema e sport è sempre gagliardo e suggestivo, ed è ancora più coeso quando il cinema racconta il mondo delle corse automobilistiche. Tra l’altro, in Race for Glory, il protagonista è il rally. Uno sport che attraversa la natura, attraversa le case e le persone. Uno sport di forte impatto, complicato da essere raccontato al cinema. Perché il rally non è la Formula 1: gli spazi si ristringono, e l’ecosistema circostante diventa parte integrante della gara. Dunque, più spazio alle sensazioni e alle emozioni; più spazio anche alle parole, ai volti, alle situazioni. Magari, non tutto gira al meglio, tuttavia Mordini, su sceneggiatura scritta insieme a Filippo Bologna e Riccardo Scamarcio, è bravo a non perdere il controllo, e anzi finisce in crescendo. Come nelle migliori prove a tempo. (…)
(…) Ma se “solo i perdenti vogliono vincere”, Race for Glory ha l’intelligenza di puntare non tanto sulla credibilità storica, bensì sull’emotività e le emozioni dei protagonisti. Insomma, si ha successo solo se si è disposti a perdere. Certo, qualche passaggio narrativo, complici i dialoghi ridondati, sfrutta probabilmente ed eccessivamente l’enfatizzazione della vicenda, ciononostante la funzione logica della corsa sottolinea la metafora voluta, sintetizzata nel dualismo tra le due ideologie che, merito delle contraddizioni, fanno da specchio per un’epoca (non solo sportiva) che appare lontana. Se oggi la competizione e la rivalità sono concetti ormai sviliti da un’omologazione di pensiero (e ripetiamo, un’omologazione anche sportiva), le auto da rally di Race for Glory tornano a seguire una strada sterrata che risulta godibile tanto nelle scene di corsa quanto nella ricerca di una perfezione che, per antitesi, passa per l’imperfezione stessa.
Allora, guardandolo, il paragone va necessariamente a Ferrari di Michael Mann, che tanto aveva acceso il dibattito a Venezia: se quella di Cesare Fiorio e quella di Enzo Ferrari sono due figure che mettono la fallibilità come centro del pensiero, Mordini è riuscito a fare meglio del regista americano, riuscendo ad allontanare lo spettro della macchietta (e no, non stiamo esagerando), fotografando, magari per aforismi, un altro elemento portante del film (presente anche in Ferrari), ossia il tempo e la perdita del controllo. Parentesi a parte (e paragone a parte, possibile solo in questo contesto narrativo), Race for Glory ha l’onestà e la semplicità di farsi cinema artigianale, tanto pensato quanto sviluppato per illuminare gli stilemi del tipico sport movies. Sostanza, ideologia, coraggio, vittorie e sconfitte. Un mix che si conferma efficace. Ancora più efficace se il mix è poi accompagnato dalle musiche di Venerus. Un’intuizione sonora diremmo sorprendente, nonché di altissima qualità.

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