Povere creature!

Yorgos Lanthimos

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Festival di Venezia 2023: Leone d'Oro

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Golden Globes 2024: Miglior attrice in un film commedia o musicale e Miglior film commedia o musicale,

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Premio Oscar 2024: Migliore attrice, migliori costumi, miglior makeup e hairstyling, migliore scenografia

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Bella Baxter è una donna moderna, lunatica e dalla sessualità emancipata. Un giorno, mentre cerca di sfuggire al marito violento, ha un incidente e muore affogata. Grazie a un esperimento del dottor Godwin Baxter Bella torna stranamente a vivere, protetta da chi le ha ridato la vita. Bramosa di fare ritorno a quella mondanità che tanto le manca, Bella decide di fuggire insieme a Duncan Wedderburn, un avvocato noto non solo per la sua abilità nella professione, ma anche per la sua dissolutezza. I due vivono una travolgente avventura di continente in continente, mentre Bella, ormai totalmente libera da ogni giudizio del suo tempo, è sempre più decisa a difendere ogni forma di disuguaglianza ed emancipazione.
DATI TECNICI
Regia
Yorgos Lanthimos
Interpreti
Emma Stone, Mark Ruffalo, Willem Dafoe, Ramy Youssef, Jerrod Carmichael, Margaret Qualley, Christopher Abbott, Kathryn Hunter, Damien Bonnard, Roderick Hill, John Locke, Jeremy Wheeler
Durata
141 minl.
Genere
Sentimentale
Sceneggiatura
Tony McNamara
Fotografia
Robbie Ryan
Montaggio
Yorgos Mavropsaridis
Musiche
Jerskin Fendrix
Distribuzione
The Walt Disney Company Italia
Nazionalità
Irlanda, Gran Bretagna, USA
Anno
2024
Classificazione
14+

Presentazione e critica

Oltre alle cicatrici che lo sfigurano e alle terribili menomazioni del suo fisico, Godwin Baxter deve a suo padre anche una sincera passione per il metodo scientifico e le pratiche chirurgiche. L’esperimento che più lo inorgoglisce è Bella, che tratta come una figlia. L’ha trovata cadavere, incinta di un feto ancora vivo, e le ha ridato il respiro e trapiantato il cervello del neonato. Ora Bella, già cresciuta e splendida nel corpo, cresce rapidamente anche nelle facoltà mentali, imparando a camminare, parlare e, soprattutto, desiderare. A nulla vale, a questo punto, il tentativo del suo creatore di fermarla: God(win) le ha dato la vita e, con essa, il libero arbitrio. La donna bambina va alla scoperta del mondo con uno sguardo nuovo, affamato e primigenio, che non ha memoria delle regole e dei pregiudizi che muovono la società, non conosce vergogna ma solo curiosità. Farà esperienza di quanto il suo comportamento sia contrario alla norma, e di quanto la norma sia lontana tanto dalla logica che dalla natura. Quale miglior occasione, per Lanthimos, per fare sempre meglio ciò che ha sempre fatto? La Bella di Emma Stone è infatti il viatico ideale, la lente distorta che occorre per guardare con lucidità la realtà nelle sue componenti principali (già illuminate ne La favorita): mostruosità e ironia.
Povere creature! ne aggiunge o consacra un’altra: la libertà. Una dimensione rischiosa, sempre sfuggente, perché, nella scienza come nell’esistenza, “è così finché non si trova un altro modo” e ancora e ancora. Una trasformazione antropologica e sociale è dunque possibile? Una reale libertà del femminile? O è solo una favola di fanta-scienza? Per rispondere, il regista greco lancia la sua Eva in un viaggio senza tempo (non è cambiato molto, nei secoli, in materia di relazioni uomo-donna), liberando contemporaneamente un’energia visiva esplosiva, che frulla suggestioni pittoriche e organiche, impressionismo ed espressionismo, esalta il racconto vittoriano dello scozzese Alisdair Grey alla base del film, la fantasia interpretativa della Stone e il lavoro immaginifico di scenografi e costumisti. Più simile al Candido voltairiano che al mostro di Frankenstein, la creatura di Yorgos Lanthimos fa esperienza dell’abbondanza cromatica del mondo e della scarsità di empatia dei suoi abitanti, passando in rassegna un campionario maschile tragicomico (il buono, il geloso, il padre, il cinico, il crudele) che ha in comune la tendenza a volerla rinchiudere nel proprio universo, con la scusa di offrirle protezione. E si ride, con Povere creature!, della comicità più acuta: quella che non nasconde il suo lato oscuro.

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Secondo il racconto biblico, la donna è una creatura nata dal corpo dell’uomo. È infatti la costola di Adamo il tassello finale di un processo creativo che vuole Eva direttamente collegata a quella della sua controparte maschile. Una dipendenza continua, reiterata nel tempo e involuta in uno stato di sottomissione secolare. Di primo acchito anche Povere Creature! di Yorgos Lanthimos (tratto dall’omonimo romanzo di Alasdair Gray e vincitore del Leone d’Oro Venezia 2023) potrebbe apparire come ultimo capitolo di un saggio infinito sullo sguardo dell’uomo che non si limita a possedere la donna con la forza della visione, ma la fa sua, sottraendola dalle braccia delle morte e restituendo in lei la vita.
(…) Poca armoniosa nei movimenti, quelli compiuti dalla donna sono piccoli passi incerti di una bambina incapsulata nel corpo di un’adulta. Con Povere Creature! Lanthimos sanziona gli errori dell’uomo moderno nel beato sonno in cui questi persevera. E lo fa tracciando una geografia di personalità in cui si fugge da se stessi per cercare altre possibilità di vita. Una redazione visiva, compiuta con l’inchiostro della cinepresa, inseguendo a debita distanza i propri personaggi, o isolandoli in primi piani distorti, incapaci di cogliere il maelstrom pronto ad abbattersi sulla loro interiorità anestetizzata da dipendenze emotive, o dal desiderio accecante di comprendere il mondo che li circonda per coglierlo, dominare, far proprio. Dopo Dogtooth, La favorita e The Lobster, ritornano in Povere Creature! le pulsioni sessuali tipiche del cinema di Lanthimos, nuovamente raccolte e generate da corpi anestetizzati dalle emozioni, dai sentimenti, perché dominati da menti pensanti e bulimici di conoscenza. Corpi come macchine, mossi da sete di scoperte, e da piccoli barlumi di profondi sentimenti, come quelli che legano Bella a God, e inseriti in un universo volutamente ed eccessivamente fittizi.

La scenografia è un quadro bidimensionale, uno sfondo artefatto di fiabesca natura, memore dei fondali teatrali, o delle scenografie dei film surrealisti. Un decorativismo, quello che raccoglie lo svolgersi di Poor Things, che crea mondi fiabeschi in terre topograficamente riconoscibili (Alessandria, Parigi, Londra) ma esteticamente re-inventati, proprio come reinventati sono il corpo e l’anima di Bella. I pensieri, le emozioni e i movimenti di Bella sono dunque relegati a uno stadio infantile che non solo permette alla ragazza di colorare il proprio mondo di nuove scoperte, abbandonando l’elementarità del bianco e nero per tonalità accese, cangiante e luminose, ma anche di alimentare di ironia, paradossi, una struttura narrativa capace di far ridere, attaccando di petto il proprio pubblico. Già, perché dietro quel linguaggio senza filtri censori, e quelle azioni istintive generate da uno stadio infantile destinato ad aprirsi a una razionalità acuta e intelligente, Lanthimos riesce ad attaccare con sottile cinismo il mondo della mascolinità tossica, e di quelle dipendenze affettive che sfociano nelle ossessioni. Grazie a una Emma Stone mimetica e sfaccettata, Lanthimos trova la miccia con cui dar fuoco alla propria arma colpendo in pieno il proprio bersaglio. Non più un’idea perfetta che si fa corpo come in Barbie, in Povere Creature! la scoperta di sé, dei propri limiti, e delle proprie virtù è un viaggio a tappe dove a ogni acquisizione personale di frammenti di autodeterminazione, corrisponde in maniera proporzionale la frammentazione di quell’avamposto apparentemente inespugnabile del tossico patriarcato. Svestiti di ipocrisia borghese, i viaggi di Bella sono parti di un grand tour conoscitivi di apertura mentale e fisica. Gli appetiti sessuali della donna sono ponti su un mondo da assaporare, far proprio e dominare nello stesso modo con cui Bella domina il corpo dei propri amanti. Un discorso irresistibile, intelligente, nascosto sotto gli abiti eleganti di un universo distopico, a metà tra il futurismo e l’epoca vittoriana.
Una natura quasi ucronica, da steampunk, raccolta in quadri visivi di maestosa impostazione attraversati da corpi incapaci di fermarsi, perché desiderosi di liberarsi delle proprie ossessioni (il Duncan Wedderburn di Mark Ruffalo), o dei propri flussi istintivi e pulsioni sessuali (la Bella Baxter di Emma Stone). Non è un caso che a farsi fulcro dell’intera opera sia la scena di un ballo in cui Bella mostra il suo lato estroso, fuori dal coro; in un mondo canonizzato, soggetto a regole pre-impostate dall’ipocrisia di una società borghese attenta a non sbagliare e a seguire attentamente i passi segnati da altri, Bella è la rivoluzione di questa danza, una scintilla fuori dal coro che atterrisce con la forza disarmante delle proprie parole e del proprio inconscio umorismo lo schema bigotto della propria società. Ne consegue un ribaltamento continuo di attese e risposte, azioni e comportamenti; un rovesciamento che porta a indicare le povere creature del titolo nei corpi di uomini imprigionati nella propria fragilità e debolezze e ora fatti vittime di una donna predatrice e non più preda, piuttosto che negli esperimenti usciti dal laboratorio di God. È una scoperta del mondo a tappe, Povere Creature!. Una montagna russa di libido e intelligenza lanciata a tutta velocità su una struttura visivamente fiabesca, e narrativamente tanto cinica, quanto irresistibile.
(…) È una rinascita che dona forza al personaggio di Bella; da vittima e allo stesso tempo complice di cattiveria e violenza, a donna si fa dipendente, autorevole, forte di sé; è una donna che porta il peso del proprio destino e delle proprie azioni sulle spalle, come sottolineano quelle spalline così grandi, esagerate, voluminosi che abbigliano i suoi abiti così d’epoca vittoriana, e così contemporanei. quello di Lanthimos non è un esperimento alla Mary Shelley. Nonostante il suo nome tradisca velleità divine, il God di Povere Creature! non osa mai sostituirsi a Dio. Ciò che l’uomo compie sullo schermo – e attraverso di lui lo stesso Lanthimos – è quello di rivendicare la figura femminile, renderla una e trina, figlia, madre e donna. Un discorso femminista in cui l’uomo, quello tossico e brutale, viene meno alla becera retorica, gettandosi tra le braccia della verità destabilizzante, straniante, come stranianti e destabilizzanti sono gli sfondi che si aggrappano ai personaggi, modellandoli, insignendoli di autonomia, indipendenza, vendetta, autocoscienza. Insomma, di vita.

 

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