Oppenheimer

Christopher Nolan

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Golden Globes 2024: Miglior film drammatico, Miglior regista, Miglior attore in un film drammatico e miglior attore non protagonista, Miglior colonna sonora originale

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Oscar 2024: Miglior film, Miglior regia, Migliore attore, Migliore attore non protagonista, Migliore fotografia, Migliore colonna sonora e Miglior montaggio

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Premio BAFTA 2024: Miglior film, Miglior regista, Miglior attore protagonista, Migliore attore non protagonista, Migliore colonna sonora, Miglior fotografia, Miglior montaggio

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Nel 1942, in piena Seconda Guerra Mondiale, convinti che la Germania Nazista stia sviluppando un'arma nucleare, gli Stati Uniti danno il via, nel più grande segreto, al Progetto Manhattan destinato a mettere a punto la prima bomba atomica della storia. Il governo americano decide di mettere a capo del progetto il brillante fisico J. Robert Oppenheimer e nei laboratori ultra segreti a Los Alamos, nel deserto del New Mexico, lo scienziato e la sua squadra di esperti iniziano a progettare un'arma rivoluzionaria le cui terribili conseguenze continuano a farsi sentire ai giorni nostri.
DATI TECNICI
Regia
Christopher Nolan
Interpreti
Cillian Murphy, Emily Blunt, Kenneth Branagh, Florence Pugh, Josh Hartnett, Jack Quaid, Matt Damon, Gary Oldman, Robert Downey Jr., Gustaf Skarsgård, Rami Malek, Scott Grimes, Dane DeHaan, Michael Angarano
Durata
180 min.
Genere
Drammatico
Sceneggiatura
Christopher Nolan
Fotografia
Hoyte van Hoytema
Montaggio
Jennifer Lame
Musiche
Ludwig Goransson
Distribuzione
Universal Pictures
Nazionalità
USA, Gran Bretagna
Anno
2023

Presentazione e critica

È il 1926, J. Robert Oppenheimer è un giovane studente di fisica presso l’università di Cambridge ed è così ossessionato dall’ascoltare la lezione del professore ospite Niels Bohr che, per ripicca verso l’insegnante che lo fa ritardare, arriva a un piccolissimo passo dal compiere un gesto irreparabile. È il 1954, Oppenheimer si sottopone a una serie di udienze private dove cerca di difendersi dalle accuse di comunismo, per conservare il proprio accesso allo sviluppo di progetti top secret. È il 1958, Lewis Strauss affronta un pubblico dibattimento per dimostrare la propria idoneità come Segretario del commercio di Eisenhower, ma in questa circostanza viene riesaminato il suo rapporto con Oppenheimer. In mezzo c’è naturalmente la cronaca dell’ascesa del protagonista, dai dipartimenti di fisica americana alla direzione del laboratorio di Los Alamos, dove darà vita alla prima bomba atomica.
Gocce di pioggia sollevano increspature sull’acqua di una pozzanghera: si apre così Oppenheimer, su quello che diventerà un motivo figurativo ricorrente, ripreso per esempio mentre il protagonista guarda una mappa e immagina la caduta di bombe atomiche sulle città, le cui esplosioni sollevano increspature come la pioggia dell’incipit. In mezzo c’è un episodio enigmatico, un breve incontro con Einstein che appare come un affronto agli occhi dell’egocentrico Lewis Strauss. Questi è una figura poco geniale ma con manie di grandezza, che sta a Oppenheimer come Salieri stava a Mozart. Il vero significato di quella sorta di Rosabella che è la conversazione con Einstein si aprirà solo nell’epilogo, quando alla reazione a catena acquatica dell’incipit risponderà un tripudio di fuoco. La circolarità tanto cara al regista dunque non manca e neppure la grandiosità. Il primo film in cui è stata utilizzata pellicola in bianco e nero IMAX 70mm. andrebbe infatti visto in una sala consona, che purtroppo in Italia continua a non esistere. È comunque consigliatissimo cercare il miglior cinema del proprio territorio, per godere al meglio di una pellicola (parola che finalmente si può tornare a usare in modo appropriato) tecnicamente superba. Sia per i già celebrati effetti speciali interamente artigianali di Scott R. Fisher, che rimandano a quelli delle opere di Stanley Kubrick e Terrence Malick (con Tree of Life il film di Nolan ha in comune anche lo stile del montaggio di una sequenza della prima ora), sia per la qualità della fotografia dello straordinario Hoyte van Hoytema, capace di destreggiarsi tra più palette cromatiche, sia per l’intensità degli interpreti, la cui recitazione è tanto sottile da reggere i primi piani più grandi immaginabili.
(…) Pur con le sue imperfezioni, che in fondo la rendono anche vitale nonostante l’approccio freddamente calcolato di Nolan al cinema, Oppenheimer è un’opera nel complesso affascinante, complessa e stratificata. Tratta dalla biografia del 2005 “Prometeo americano” di Kai Bird e Martin J. Sherwin, è una pellicola per nulla facile per la sbalorditiva quantità di dettagli storici e di personaggi coinvolti, ma sorretta da un cast stellare. I camei di grandi attori si susseguono per tre ore, senza però togliere l’attenzione da Robert Downey Jr. e soprattutto da Cillian Murphy. E non mancano i pezzi di bravura, che coincidono con i passaggi più visionari, nei quali il realismo viene trafitto dagli slanci immaginativi dei protagonisti, o in cui addirittura il tempo sembra fermarsi. È il caso dell’esplosione della bomba, dove il suono deve attendere per molti secondi, in un susseguirsi di fiamme e volti sgomenti, prima di irrompere fragoroso insieme all’onda d’urto. Oppure quando la moglie di Oppenheimer immagina il marito copulare con l’amante Jean Tatlock, nel bel mezzo delle udienze, il suo disgusto per le colpe del protagonista trova una rappresentazione più efficace di mille parole. Le scene di sesso, di cui si è tanto parlato perché fin qui pressoché assenti nella filmografia di Nolan, hanno l’importante funzione di aprire uno squarcio sulle pulsioni di un uomo che cerca la moralità nel castigo più che nella virtù. Oppenheimer infatti non si è mai pubblicamente pentito, per l’uso della bomba atomica su due città giapponesi, e la sua amata citazione del Bhagavad Gita è a un passo dal delirio di onnipotenza: «Ora sono diventato Morte, il distruttore di mondi».
Se all’inizio del film è ancora un timido e frustrato scolaretto, con pochi freni però verso la morte altrui, solo pochi anni dopo non avrà alcuna deferenza verso il collega premio Nobel Ernest Lawrence né per Albert Einstein o Enrico Fermi. Oppenheimer punta al trionfo della volontà sulla realtà in modo in fondo quasi speculare a quello dei nazisti che dice di combattere – e che beffardamente saranno sconfitti senza il suo aiuto. In nome della propria missione sarà capace di rischiare persino la distruzione del mondo, che la bomba potrebbe scatenare con probabilità vicine allo zero ma non inesistenti. In perfetta coincidenza con la sua poetica, Nolan non vede questa reazione a catena come un pericolo scongiurato, bensì la trasla dal presente dello spazio verso l’imponderabile asse del tempo.

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Fin dall’apertura del film, che per più di un’ora ha il ritmo vorticoso di un’introduzione (Nolan sa bene che i biopic ormai sono una forma morta e di conseguenza distrugge il genere con una narrazione schizoide che per suggestioni ricorda il montaggio vorticoso di Casinò o l’inchiesta per frammenti di JFK – Un caso ancora aperto), Oppenheimer vede nella realtà i segni manifesti di quello che sta oltre, forze invisibili che trattengono un’energia potenzialmente devastante, e sembra esserne travolto: immagina la distruzione, vede l’esplosione, si pensa al centro dell’azione, come testimone e portatore di morte. Per Oppenheimer la realtà materiale è la manifestazione di una natura invisibile, ovvero la vera natura delle cose che fa degli oggetti comuni – ad esempio, come dice alla futura moglie, un bicchiere, un vestito, oppure i mazzi o i vasi di fiori, continuamente rifiutati, scansati e buttati via – meri orpelli da togliere di mezzo perché ingombrano la vista e intralciano il cammino.
In questo senso, Nolan sembra riprendere le riflessioni di Anderson sull’impenetrabilità della realtà da parte dell’intelletto, e di rimando dell’immagine cinematografica, in The Master, film forse citato nella scena dell’interrogatorio in cui Oppenheimer e Jean sono nudi in mezzo ad altra gente vestita… Nell’America del dopoguerra, il sogno di possedere lo spazio e il tempo – che per il guru Lancaster Dodd era un sogno da cialtroni, mentre per Oppenheimer è un’utopia realizzata – avvicina l’uomo alla verità della natura, ma diventa un’ossessione distruttiva. Per Anderson non c’è modo di scalfire la materialità delle cose, non c’è immagine o terapia che possa accedere all’invisibile (in una scena del suo film un vetro di una finestra restava un vetro, la luce lo trapassava ma l’uomo no); per Nolan, invece, attraverso le conquiste della fisica quantistica (per la quale le contraddizioni non sono un ostacolo, le onde convivono con le particelle) e il potere da demiurgo dello stesso Oppenheimer l’invisibile diventa immagine, con tutti i limiti della rappresentazione delle forze della natura (fasci di luce, globi infuocati, scintille scoppiettanti, come già in The Tree of Life di Malick) e tutta l’esaltazione cinematografica di effetti visivi realizzati senza il digitale e anche per questo straordinariamente coinvolgenti.
Prima, però, che nell’imprevedibilità degli effetti naturali (i dubbi degli scienziati impegnati a costruire la bomba erano legati soprattutto all’eventualità di una reazione a catena che avrebbe distrutto la Terra), l’eroe del film – ed è qui che sta il cuore del lavoro di Nolan, ispirato dalla biografia di Kai Bird, Martin Sherwin vincitrice del Pulitzer – si perde nel caos della storia, nel conflitto tra gli uomini. Anche perché è da quello stesso conflitto, fatto di dubbi, scontri, incertezze, macchinazioni, tentennamenti, distorsioni, tradimenti, paure, angosce, reazioni inconsce, relatività, che nascono le intuizioni di Oppenheimer e, prima e dopo di lui, di un’intera scuola di pensiero che inventò la fisica quantistica nel momento stesso in cui, come Nolan mostra all’inizio del film, altri creavano la psicanalisi e l’arte astratta (e anche il cinema, andrebbe aggiunto, ma su questo il regista ha già dato…) dotando l’uomo di una possibile risposta al mistero della (propria) natura. (…) Soprattutto, il film mostra un uomo, J. Robert Oppenheimer, fisico geniale ma non tra i massimi del suo tempo, definito un dilettante, una personalità che nasconde anche il suo nome (la J sta per Julius, ma lo accusano di non specificarlo mai) e soprattutto che non prende posizione, che non dice cosa pensa fino in fondo, che si fa divorare dai dubbi ma al tempo stesso lancia proclami contro il Giappone e la Germania, che stringe la mano ai suoi nemici (con estremo disprezzo della moglie Kitty/Emily Blunt), che sembra farsi travolgere dal mondo nel momento stesso in cui ne diventa il segreto padrone. L’Oppenheimer di Nolan è incredibilmente simile, anche fisicamente, all’«uomo che non c’era» dei Coen, una figura storica suo malgrado, un uomo d’ingegno, ma non un genio, che seppe di aver fallito proprio nel momento in cui aveva portato a termine la missione più grande. Agli occhi di Nolan – in quello che è il suo film più ambizioso e riuscito – un’epitome del Novecento, un uomo del passato che ha potenzialmente tolto all’umanità la possibilità del futuro.

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