Soudade Kaadan
Vincitore del "Premio degli Spettatori" 79° Mostra del Cinema di Venezia - Orizzonti Extra
Vincitore del "Premio Diritti Umani Amnesty International" al 28° MedFilm Festival - Il festival del cinema mediterraneo a Roma
DATI TECNICI
Regia
Interpreti
Durata
Genere
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Musiche
Distribuzione
Nazionalità
Anno
Classificazione
Presentazione e critica
Per fare un film che parli di guerra e ne mostri le conseguenti brutture, non è necessario avvalersi di immagini mutuate dalla cronaca più sensazionalistica, spesso volta a far struggere chi le osserva senza far riflettere. Talvolta si possono invece rappresentare gli effetti rovinosi di un conflitto assumendo un punto di vista che diviene frutto della volontà di essere portavoce di qualcosa al di là della pura cronistoria, scegliendo di ricorrere a toni e strutture non convenzionali per la tematica scelta. Nezouh – Il buco nel cielo di Soudade Kaadan (nella sezione Orizzonti di Venezia 2022) si colloca perfettamente nelle larghe maglie di un raccontare immaginifico ed insieme saldamente concerto di un messaggio che deve essere manifestato.
Nella Damasco vessata dalla guerra civile siriana, tra le pochissime famiglie ancora rimaste nel mezzo delle rovine della città assediata, vi è quella dall’adolescente Zeina ancora nella propria abitazione con la speranza di potervi continuare ad abitare. Ostinato ottimismo perpetrato dal padre Motaz, il quale si mostra cocciutamente deciso a rimanere, ignorando qualsivoglia segno di distruzione apponendo labili toppe alle crepe sempre più visibili. In contrapposizione, sua moglie Hala e la figlia Zeina, desiderose di fuggire dal terrore verso l’Europa. Nell’attimo in cui una bomba aprirà un buco nel soffitto della camera di Zeina, risparmiando a tutti la vita, la smania di andarsene si farà più impellente. Fino al quel momento inconsapevole della realtà circostante, Zeina potrà scorgere finalmente il mondo esterno, dal quale rimarrà attratta, anche grazie al contatto con Amer, il giovane vicino che le lancerà la corda per farle finalmente vedere il cielo terso della notte senza bombardamenti, tramutandolo nella mente come un’immensa distesa d’acqua dove potevi immergere.
Nella commistione tra delicato dramma ed immagini che trascendono la realtà, con la guerra che fa capolino rimanendo struggente cornice, il film si concentra sulle difficili dinamiche familiari in cui una risoluta femminilità assume le redini del racconto. Nezouh – Il buco nel cielo, infatti, è principalmente un percorso di formazione femminile ed adolescenziale di una quattordicenne e della madre verso un futuro libero da costrizioni imposte. Sarà letteralmente lo squarcio provocato dal bombardamento, la fenditura attraverso la quale Zeina, ed Hala, riusciranno a intravedere la possibilità di fuggire da quella che non considerano più la dimora dove sentirsi al sicuro, ma che iniziano invece a percepire come la materializzazione delle catene dell’opprimente cultura maschile, impersonata dal padre/marito, esempio di repressione camuffata da amorevole protezione.
Il predominio patriarcale di Mutaz è finemente nascosto dietro al pretesto della difesa dalla brutalità del “fuori” ed espresso da azioni che hanno come obiettivo il tenere a sé le donne, imprigionandole nel “dentro” apparentemente meno temibile. Mentre le mura vengono distrutte, l’uomo fa di tutto per ricattarle emotivamente, perpetrando una normalità quotidiana ormai inattuabile. Dalla presa di coscienza di madre e figlia, nella Siria occupata, ha inizio il percorso rivoluzionario di emancipazione e speranza. Zeina, nonostante la giovane età, riuscirà a non farsi sopraffare da un destino inevitabilmente segnato, trovando nell’immaginazione e nella fantasia la forza necessaria. La missione sarà quella di raggiungere il mare percepito come mezzo salvifico per intraprendere un moderno viaggio di Ulisse, inteso non come allegoria di lontananza dell’uomo dalla patria, bensì come unica opportunità di salvezza per cercare una nuova casa. Fuga reale verso la libertà e al contempo ideale dalla sopraffazione di genere.
Era già successo con la sua opera prima che Soudade Kaadan affidasse il racconto della guerra ad un cinema fortemente simbolico, con Nezouh – Il buco nel cielo la regista porta la dimensione magica alle estreme conseguenze e si abbandona completamente alle visioni immaginifiche di una ragazzina di quattordici anni, Zeina. Insieme ai suoi genitori, Mutaz (Samir al-Masri) e Hala (Kinda Alloush), sono una delle poche famiglie che ancora resiste arroccata nella propria casa in uno dei quartieri di Damasco sventrati dalle bombe (siamo probabilmente nei giorni dei feroci combattimenti della battaglia del luglio 2012, prima che la capitale siriana venisse riconquistata definitivamente dalle truppe dell’esercito regolare). Chi ha potuto è andato via lasciandosi dietro i colpi sordi dei cecchini, gli stracci di fortuna puntellati alla buona nel tentativo di coprire gli squarci lasciati dalle granate, la polvere delle macerie che hanno completamente distorto il volto della città: una geografia urbana irriconoscibile e confusa nella quale non è difficile perdersi.
Mutaz però non ha nessuna intenzione di andarsene, non ci pensa proprio a diventare “un rifugiato in qualche paese straniero”, rimarrà lì a proteggere la propria famiglia e non cambierà idea neanche quando una bomba provoca uno squarcio nel tetto dell’appartamento in cui vivono, esponendoli improvvisamente al mondo esterno. E se per Mutaz nulla è cambiato, quel buco rappresenterà invece per Zeina una porta magica, il primo passo per assaporare la libertà, il viaggio verso la presa di coscienza e l’età adulta. Soprattutto se dall’altra parte della porta c’è un ragazzo di nome Amer, il giovane vicino: sarà lui, tramite una corda calata attraverso l’apertura nel tetto, il primo contatto con l’esterno, un mondo inimmaginabile fino a qualche tempo prima e di infinite possibilità sia per lei che per la madre.
Se da un lato a prendere il sopravvento è il realismo magico, dall’altro il racconto di questa famiglia asserragliata tra le mura domestiche, o di quello che ne rimane, mentre fuori infuriano i combattimenti, è anche viaggio di formazione. Il traino è l’adolescente Zeina alle prese con le prime schermaglie amorose, una ragazza che sogna di fare la pescatrice e che fino a quel momento è cresciuta con un padre ossessivo ma fragile nello stesso tempo, saldamente ancorato ai valori religiosi e della tradizione. Quel buco che si è aperto sopra la propria cameretta è il suo spioncino sul mondo, come lo saranno i suoi continui scambi con Amer, aspirante videomaker che registra tutto per far conoscere la verità una volta fuori da lì.
Basta afferrarla quella corda e il cielo diventerà mare, mentre la paura delle bombe si trasformerà nel desiderio di fuga. Nella prima parte del film Kaadan rinchiude i personaggi in un dramma quasi da camera, successivamente li scaraventa per le vie irriconoscibili di Damasco. Ed è qui che da diario intimo e adolescenziale Nezouh – Il buco nel cielo si trasforma in una storia di emancipazione femminile e di affrancamento dai lacci del patriarcato: è in questo momento preciso che Zeina e Hala, per la prima volta sole e senza l’ombra di un uomo alle spalle, si scopriranno donne, dopo aver vissuto una vita di “mogli di” e “figlie di” e le strade per la prima volta avranno un sapore nuovo. Il resto rimane in bilico tra suggestioni da fiaba e neorealismo, mentre i personaggi rischiano di non poter esprimere fino in fondo la propria dimensione e spessore psicologico, quasi come fossero fantasmi, eccezion fatta per la piccola Zeina che vuole solo correre verso il mare e imparare a pescare.