Benoît Delhomme
DATI TECNICI
Regia
Interpreti
Durata
Genere
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Musiche
Distribuzione
Nazionalità
Anno
Attività
Presentazione e critica
Alice e Celine sono due vicine di casa, ma soprattutto due care amiche. Si frequentano, organizzano feste insieme ai loro mariti, guardano i figli crescere e giocare. Almeno finché il bambino di una delle due precipita dal terrazzo, davanti agli occhi increduli dell’altra. Nulla sarà più come prima, e una spirale di sospetti, sensi di colpa, paranoie e delitti comprometterà per sempre la loro amicizia.
In principio era un film. Solido, pieno di tensione, firmato da Olivier Masset-Depasse, con due attrici pienamente in parte e convincenti come Veerle Baetens e Anne Coesens. Jessica Chastain ha visto Doppio Sospetto, vincitore di nove premi Magritte, ne è rimasta colpita e ha pensato bene di chiedere ad Anne Hathaway, sua cara amica oltre che collega, di farne insieme un remake. Insieme in tutti i sensi: oltre a interpretarlo, nelle parti delle amiche-nemiche protagoniste, le due attrici hanno anche scelto di produrlo. Pur avendo a disposizione poco tempo (poco più di tre settimane) e un budget contenuto (per quelli che sono gli standard delle due attrici), il risultato è un thriller psicologico hitchcockiano e patinato che deve tutto all’affiatamento delle due dive, di nuovo insieme sul set dopo Interstellar e Armageddon Time. Funziona la loro alchimia in ogni scena, come funziona l’idea di un racconto ambientato nell’America degli anni ’60 che segue il progressivo sfaldarsi di un rapporto dopo il colpo di scena drammatico, l’incubo di ogni madre: un figlio che precipita giù da un terrazzo. Sensi di colpa e di impotenza da una parte, deliri e desideri di vendetta dall’altra, nel mezzo l’elaborazione di un lutto e la repressione delle donne dell’epoca. Benoît Delhomme è bravo a mettere in scena tutto questo (meno a proporre un finale originale) attraverso una spirale di psicosi e disperazione a due che prosegue come una coreografia.
I passi sono studiati come le mosse, la sorellanza lascia via via spazio a un sentimento di profonda avversione e ostilità reciproca. Perché prima ancora di essere due vicine e due madri, Alice e Celine sono due donne che vivono la maternità come un vessillo, una medaglia, qualcosa capace di dare loro importanza e senso all’interno di una società maschilista che fondamentalmente le ignora. Allora perdere un figlio diventa più che un inimmaginabile trauma personale, diventa anche una perdita di ruolo, di senso sociale: se una donna non è più madre allora chi è? Che cosa resta di lei? La risposta la darà, in un modo del tutto imprevedibile (o quasi) Anne Hathaway, che si cala in un ruolo complesso e oscuro, agli antipodi della gallerista romantica di The idea of you.
Sia lei che Jessica Chastain convincono nel lavoro speculare e al contempo antitetico fatto con la propria collega, che ricorda, oltre al film originale, anche la duplicità colma di inquietudini di May December di Todd Haynes, con Natalie Portman e Julianne Moore. Il tema freudiano del doppio è sempre interessante, quando poi è combinato con il tema dell’emancipazione femminile nell’America degli anni Sessanta e sviluppato da un regista esperto di fotografia sa affascinare e colpire nel segno.
Se l’opera originale era ambientata a Bruxelles, Benoît Delhomme sposta la geografia in un ricco sobborgo bianco degli Stati Uniti Anni Sessanta. Spazio scenico sicuramente più adatto alle tonalità cipria su cui ha lavorato il regista (azzurro, giallo, verde, rosa), nonché nella sua iconografia tipica di un certo cinema classico. Al centro di Mothers’ Instinct ci sono Celine e Alice, vicine di casa. Quando Max, il figlio di Celine, muore accidentalmente, tra le due si instaura un drammatico conflitto, sommesso e ammiccante, che si insinua verso Theo, figlio di Alice. Il ragazzino, che era affezionato a Max, viene in qualche modo attratto da Celine. Inizialmente, l’amica non sa bene come comportarsi, ma poi qualcosa di profondamente allarmante sembra muovere lo sguardo impazzito di Celine, facendo dubitare Alice delle vere motivazioni affettive dell’amica.
Gli stessi dubbi che, poco a poco, artiglieranno anche la nostra percezione, drammaticamente alterata da un lutto che porterà con sé un netto cambio di tonalità: la storia prende il sopravvento, e nella tavolozza del regista si inserisce una chiazza nera, appiccicosa e irrequieta. La stessa chiazza che aumenterà a dismisura, accompagnando movimenti e parole delle due protagoniste. Tuttavia, Mothers’ Instinct, che andrebbe visto anche solo per le buone prove di Anne Hathaway e Jessica Chastain, si fa noir a metà, volgendo l’attenzione verso un melò a fasi alterne, che si maschera da thriller perverso.
Ed è qui che l’aspetto psicologico passa quasi in secondo piano, venendo dato per scontato da una scrittura efficace ma forse troppo grezza per restare impressa (e infatti si punta sulle immagini, più che sulle suggestioni), nonché per essere poi all’altezza delle due attrici protagoniste. Quello che funziona meglio, infatti, è l’atmosfera a tratti rarefatta e inconsistente di Mothers’ Instinct (aiutata appunto dalla fotografia patinata del regista): via via che si avvicina il finale (probabilmente la parte più riuscita) la percezione si fa sfocata, e con essa si sfoca anche il valore assoluto di un film comunque attrattivo.
(…) L’ossessione di Céline per Theo sembra avere dentro di sé un complesso di Edipo sfasato. Mentre nella teoria psicanalitica il bambino è ossessionato dalla madre e per questo rende nemico suo padre, in Mothers’ Instinct Céline si fa espressione di quel complesso a ruoli invertiti. Ossessionata dal bambino – non suo – rende i genitori di Theo i suoi nemici, proprio come farebbe un piccolo – che Freud direbbe col complesso di Edipo – nei confronti di suo padre. Non è il bambino ad odiare i suoi genitori, ma Cèline è come se assorbisse quella pulsione istintiva – ed ecco spiegato il titolo – che è per natura in Theo e la catalizzasse nel suo piano inquietante.
La psicologia e le pulsioni istintive non appesantiscono affatto il film. Ne siamo circondati, avvolti – anzi ci avvinghia – ma non ne percepiamo l’ingombro fino a che non restiamo con il fiato sospeso. In questo sta la bravura del regista e, ancor di più, la qualità della sceneggiatura: pur essendo un film denso di implicazioni psicologiche inquietanti, noi ne percepiamo soltanto l’esito e il riflesso sul nostro choc. Oltre alla trama noir e oscura, a tratti inaspettata e in altri momenti sconvolgente, Mothers’ Instinct per realizzare il suo progetto di thriller psicologico ha bisogno anche di qualcos’altro. Si tratta di una certa tecnica che, prima di tutto, riguarda la fotografia. Gioca un punto a favore sicuramente il fatto che Benoît Delhomme, il regista, vanta di una lunga carriera di direttore della fotografia. Sarà questa la ragione per cui le scenografie, i colori, la fotografia fanno più della metà della cifra dell’intero film.
Alla fotografia perfettamente adeguata allo scopo del film si aggiunge l’interpretazione delle due attrici protagoniste. Si tratta dei premi Oscar Jessica Chastain e Anne Hathaway ed entrambe – con grande distacco dalle interpreti belga del film del 2018 – realizzano una prova attoriale davvero notevole. Reggono la tensione della storia e, soprattutto, riescono a farla rivivere nei loro personaggi, nei gesti e nelle espressioni di Alice e Cèline. Insomma, Mothers’ Instinct non è di sicuro un film leggero col quale allietarvi il weekend. Però si tratta di una grande opera sottile, ragionata e tecnicamente concentrata sullo scopo: quello di turbare lo spettatore, con mosse solo del cervello.