Emma Dante
DATI TECNICI
Regia
Interpreti
Durata
Genere
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Musiche
Distribuzione
Nazionalità
Anno
Presentazione e critica
Quello di Emma Dante è un cinema fatto di corpi, di materia. Di terra e di mare, terra e mare che sembrano assediare, schiacciare nella loro morsa l’umanità disgraziata che si trova tra di loro. Un cinema fatto di passioni e sentimenti profondi, ancestrali, viscerali. Roba di pancia, sempre, prima che di testa (e di testa, comunque, ce n’è tanta, non ci sbagliamo).
Lo è nelle cose che racconta, qui in Misericordia come altrove, prima, e lo è nel modo in cui le racconta.
Emma Dante gira con una irruenza istintiva, quasi primordiale, sicuramente passionale, e è capace di dare ai suoi film una vibrazione che scuote anche lo spettatore più intransigente, indifferente, magari infastidito. È capace di centrare immagini fortissime, dettagliare gesti potentissimi, far echeggiare parole semplici che portano con loro la potenza del tuono e silenzi che squarciano i timpani.
Misericordia era, è ancora, un film rischioso.
Un film appassionato e sentitissimo, nel quale Emma Dante si mette in gioco sullo schermo come mai prima d’ora, con quella dedica finale, “a Dimitri” che spezza il cuore più ancora delle note di Claudio Baglioni sparate a tutto volume.
Rischioso anche perché va a toccare tutto quello che un certo cinema italiano d’autore ha delineato come un’estetica oramai difficilmente tollerabile. Quell’estetica fatta di degrado, miseria, marginalità e disperazione, di situazioni limite, periferiche e marginali, cui spesso viene associata la presenza di animali, di preferenza ovini. L’estetica della pecora, o della capra, e della ragazza disperata. In questo contesto, perdipiù, Emma Dante cala anche una storia di disabilità, di spietata violenza maschile, di disperata rassegnazione femminile che trova riscatto in una maternità diffusa.
A Emma Dante basta pochissimo per far capire che sì, c’è la misera e la disperazione, ci sono le pecore e la disabilità, la violenza e il degrado, ma che Misericordia no, non è un film come tutti quegli altri.
Misericordia è un film fatto di terra e mare, di sangue e merda, di polvere e rottami, fango e lana, di sperma e amore.
Un film fatto di una vitalità che non accetta nessun compromesso, di colori saturi, di passioni trascinanti anche quando sono dolci. Dolci come l’amore di una donna, di una madre, di tante donne e di tante madri, per un figlio capace di mettere alla prova, esasperare, addolorare ma anche di dare la forza di fare l’impossibile. È forse ossessivo come il suo giovane protagonista, Arturo, e come lui forse gira su sé stesso, il film di Emma Dante.È forse disperatamente appassionato come le donne che racconta. È minaccioso come la montagna che incombe.
Ma, come quella montagna, quel luogo, quel mare, quelle donne, è un film carico di fascino e bellezza, che trasuda amore e passione, che travolge con la sua determinazione e la sua vitalità. Come Arturo, porta con sé la possibilità di una speranza.
Il cinema di Emma Dante è fatto di sangue e sporco. Al centro di tutto c’è il corpo: nudo, spesso umiliato, stanco. Nel suo terzo film seguiamo quello di Arturo, ragazzo cresciuto da un gruppo di prostitute, Betta, Nuccia e Anna, che gli fanno tutte da madri. Trovato in mezzo alla roccia, il ragazzo non parla, soffre di epilessia e forse non capisce tutti i discorsi che lo circondano, ma i sentimenti sì. Vedere una pellicola della regista siciliana è come entrare in un liquido caldo e spesso maleodorante, che avvolge lo spettatore attirandolo a sé pur essendo respingente. La recensione di Misericordia è una conferma: ci troviamo di fronte a un’autrice dalla visione forte, che non cede a compromessi….
(…) Misericordia è un’altra storia in cui vediamo come, nonostante la violenza che le circonda, un gruppo di donne riesca a reagire e a offrire un modello diverso, fatto di condivisione e di amore. Amore per un figlio acquisito, per le compagne che vivono la stessa sorte. Purtroppo quasi mai per se stesse. Nonostante la disperazione che le avvolge, queste donne sono piene di passione, di vita. Al contrario del loro padrone, che invece sa offrire soltanto morte. Puro come se fosse una pecora o un gatto di cui ama circondarsi, Arturo è il simbolo di tutto ciò che la società considera sbagliato, debole, inutile. Proprio per questo Betta, Nuccia e Anna, anche loro considerate feccia, non possono che volergli un bene tale che stringe il cuore. Il rapporto tra loro è come una danza, ma non di quelle coreografate e dalle linee perfette: una danza che parte dall’istinto. Una costante del cinema carnale, disperato e bellissimo di Emma Dante.
È un cinema senza compromessi quello dell’autrice siciliana. Nei suoi film Dante non nasconde le storture, la bruttezza, la malattia. Qualcosa che, nonostante in questi ultimi anni si parli sempre più spesso di salute mentale e rispetto per ogni corpo, in realtà, per la grande maggioranza, è fastidioso. Sicuramente da vedere in sala.