Léa Todorov
DATI TECNICI
Regia
Interpreti
Durata
Genere
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Musiche
Distribuzione
Nazionalità
Anno
Presentazione e critica
Una delle battute più famose di Nanni Moretti è “le parole sono importanti”. Ha ragione: le parole non indicano soltanto le cose, ma rivelano anche l’intenzione con cui ci approcciamo a esse. Ecco perché negli ultimi anni – nonostante i più accaniti avversari del “politicamente corretto” non riescano a parlare di altro se non di censura ogni volta che si affronta l’argomento – si sta ragionando molto sui termini con cui definire le persone. Perché a chi usa certe parole, nel concreto, non succede nulla (e sarebbe disonesto affermare il contrario), mentre chi si sente appellare con termini spregiativi può essere influenzato nell’approccio con gli altri e nella vita quotidiana. Tutto questo per dire che vedendo Maria Montessori – La nouvelle femme, che racconta la vera storia di Maria Monterssori e di come sia arrivata a formulare il “Metodo Montessori”, fa malissimo sentire definizioni quali “idioti”, “deficienti” e “scimmie ammaestrate” per indicare bambini neuroatipici. Ma che, anche grazie all’impegno di figure straordinarie come quella della protagonista, oggi molto è cambiato.
La pellicola di Léa Todorov parte da un’urgenza personale: la regista, figlia del filosofo Tzvetan Todorov e della scrittrice Nancy Huston, ha una figlia neuroatipica, Sofia, a cui Maria Montessori – La nouvelle femme è dedicato. Accanto alla figura della dottoressa e pedagoga, interpretata da una Jasmine Trinca che prende tutto il peso dell’opera su di sé, mette quella di un personaggio di finzione, Lili d’Alengy (Leïla Bekhti, indimenticabile protagonista di Il profeta di Jacques Audiard), cortigiana di Parigi che non riesce ad accettare che la figlia Tina non sia come gli altri bambini. Sia lei che Maria sono “nouvelles femmes”, come sottolinea il titolo, ovvero donne emancipate (almeno per l’epoca), che cercano di essere indipendenti economicamente e intellettualmente. Se non fosse che, per entrambe, la maternità diventa il peso da cui si sentono schiacciate. Per Lili è la condizione della figlia, per Maria è l’imposizione della scelta tra il continuare i suoi studi e sposarsi per dare una famiglia “per bene” al figlio Mario, nato da una relazione extra coniugale con il collega Giuseppe Montesano. Intenzionalmente istruttivo e didascalico, Montessori – La nouvelle femme è allora l’opera perfetta per essere proiettata nelle scuole.
I più giovani probabilmente non sanno di cosa stiamo parlando, ma, quando c’era la Lira, sulla banconota da mille lire era stampata proprio la faccia di Maria Montessori. Tra le prime donne a laurearsi in Medicina in Italia (come mostra il film, non senza difficoltà: fu costretta a studiare anatomia andando nelle aule di medicina legale di notte, perché per l’epoca era impensabile che una donna si trovasse a contatto con un corpo maschile e studiasse insieme a compagni di corso uomini), il suo metodo educativo è stato adottato non soltanto nelle scuole del nostro paese (scuole dell’infanzia, elementari, medie e superiori), ma in quelle di tutto il mondo. Con i suoi studi, la ricerca e l’infinita pazienza (soprattutto nei confronti di chi ha ostacolato e messo in discussione le sue ricerche, come Cesare Lombroso) è un po’ come se Montessori avesse cresciuto milioni di ragazzi. pecializzata in neuropsichiatria, Maria Montessori ha basato il suo lavoro sulla pedagogia scientifica: fino ad allora gli studi sui bambini erano pensati con il punto di vista degli adulti, mentre per effettuare un’osservazione obiettiva dell’oggetto, in questo caso il bambino, appunto, bisognava valutarne il comportamento con parametri diversi, seguendolo nella sua esplorazione attiva dell’ambiente. Insomma non c’è un solo modo per imparare le cose: ogni individuo ha bisogno di stimoli diversi. La bravura dell’insegnante sta nel capire quali siano.Non si può però capire davvero l’origine delle intuizioni di Maria Montessori senza approfondire anche la sua vita. Nel film, Léa Todorov ci mostra quindi la sua costante lotta per le donne (nel 1896 partecipò al Congresso Femminile di Berlino, in veste di rappresentante dell’Italia): era sostenitrice della parità salariale e del diritto di voto. E soprattutto il suo impegno per far sì che le donne uscissero dall’apatia della vita domestica e cominciassero a studiare: la conoscenza è infatti il più grande potere, come si dice nella pellicola.Cuore pulsante di Maria Montessori – La nouvelle femme è, come dicevamo, Jasmine Trinca, che con questo ruolo conferma il suo impegno come attrice. Nella sua carriera non ha mai ceduto a film facili, scegliendo sempre progetti che, in qualche modo, contribuissero al dibattito pubblico. La sua interpretazione è sincera e forte: una scelta perfetta, che dialoga con tutti gli altri personaggi affrontati fino a ora da Trinca che, insieme a Elio Germano, è tra i pochi attori italiani contemporanei a portare avanti battaglie politiche e sociali anche attraverso il proprio lavoro.
Sono passati più di 100 anni da quando Maria Montessori elaborò il Metodo Montessori, e ancora oggi le sue teorie sull’educazione dei bambini, nonostante la grande diffusione nel mondo (più di 60.000 sono le scuole che lo usano), rimangono un metodo d’élite e non uno standard. La scuola montessoriana è quella scelta da chi ha interesse a qualcosa di più sofisticato e approfondito rispetto alla scuola comune, e non è la regola. Lo stesso vale per giocattoli, mobili e strumenti per l’infanzia definiti “montessoriani” come scelta di marketing, quando suggeriscono una maggiore indipendenza per il bambino o la bambina. Questo perché Maria Montessori, anche in Italia, rimane largamente sconosciuta, e purtroppo il film Maria Montessori – La nouvelle femme non farà molto per invertire la situazione. (…)
(…) È così che, in quel periodo (i primi del Novecento), venivano chiamate quelle che oggi definiamo donne indipendenti, se non proprio femministe. Maria Montessori fu tra le primissime donne a laurearsi in medicina in Italia e, come racconta il film, dovendo scegliere tra il prendersi cura di suo figlio Mario e portare avanti la propria carriera, scelse la seconda opzione. Questo è il fulcro e la ragione di esistenza del film: raccontare una donna dei primi del Novecento che lotta contro un sistema che le impedisce di affermarsi, nonostante (noi lo sappiamo) sia una personalità geniale. È un racconto che, in realtà, parla del presente, come tutti quelli ambientati nel passato, e prende dalla vera storia e dai veri fatti la lettura più utile per dire qualcosa sul periodo che viviamo. Perché lì, in quel tempo e in quel luogo, i contrasti del presente erano più evidenti. È la stessa ragione per cui le storie d’amore struggenti sono spesso ambientate nell’800 o anche prima, oppure negli ultimi decenni riguardano amori omosessuali più che eterosessuali: in entrambi i casi è più facile raccontare amori contrastati dalla società o dagli altri, nei periodi e nei luoghi in cui lo sono stati o lo sono di più, che sono il cuore dei film romantici. Così, anche un film che vuole raccontare la lotta per l’affermazione dei diritti di una categoria, ha maggiore efficacia se ambientato in un tempo e in una situazione in cui questi diritti sono più minacciati e soffocati. Oggi la lotta per l’affermazione di molti dei diritti di uguaglianza delle donne è ugualmente necessaria, ma più sottile, fatta di movimenti più piccoli rispetto alle grandi ingiustizie di un secolo fa.