Maria e l’amore

Lauriane Escaffre, Yvonnick Muller

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Maria lavora per una ditta di pulizie ed un giorno le viene assegnato un incarico alla prestigiosa Scuola di Belle Arti a Parigi; tra le mura dell'istituto scopre un mondo nuovo ricco di creatività, libertà e audacia e fa la conoscenza di Hubert, il bizzarro custode della scuola, con il quale instaura subito una forte amicizia. Mentre il legame tra i due cresce, Maria riscopre non solo se stessa, ma anche emozioni che non provava da tempo.
DATI TECNICI
Regia
Lauriane Escaffre, Yvonnick Muller
Interpreti
Karin Viard, Grégory Gadebois, Philippe Uchan, Catherine Salée, Noée Abita, Lauriane Escaffre, Pauline Clément, Yvonnick Muller, Tania Dessources, Muriel Combeau
Durata
93 min.
Genere
Commedia
Sceneggiatura
Lauriane Escaffre, Yvonnick Muller
Fotografia
Antoine Sanier
Montaggio
Valérie Deseine
Musiche
René Aubry
Distribuzione
Europictures
Nazionalità
Francia
Anno
2022

Presentazione e critica

“Quando arriva l’amore bisogna lasciarsi andare”. La frase potrebbe riassumere il senso esatto di una pellicola che ci spiega quanto sia necessario includere l’amore nelle nostre vite, e soprattutto quanto l’amore possa essere scovato nei posti più strani e nei momenti più impensabili della nostra storia. Scegliendo il tono della commedia lieve e garbata, in scia con una nuova tendenza francese che cerca vicende di facile immedesimazione, gli autori costruiscono l’intero film sui contrasti e sui contrapposti, impersonati da una protagonista con cui stringiamo immediatamente un rapporto di empatia. Il motivo? Maria potremmo essere noi, alle prese con la sensazione costante di trovarci fuori posto, e poi perché è interpretata da una delle più grandi attrici francesi contemporanee: Karin Viard.

Del resto, Maria e l’amore, insieme alla sua sceneggiatura concentrata in novanta minuti spaccati, è l’esatta fotografia di un mondo che conosciamo bene, per diretta o indiretta esperienza: un lavoro non propriamente stimolante, una routine al limite dell’asfissiante, un’esistenza ormai scevra da ogni tipo di possibili sorprese. Dall’altra parte, una personalità mansueta e gentile che, nonostante le difficoltà, non si lascia avvelenare da un mondo che non fa sconti. Un quadro generale che confluisce appunto in Maria, sposata da venticinque anni e impiegata per una ditta di pulizie. È riservata, timida, un po’ goffa, velatamente affascinante. Ha la passione per la poesia ma non permette a nessuno di leggere ciò che scrive. Insomma, Maria è la classica sognatrice dalle giornate tutte uguali, inserita in un contesto ormai accettato e ampiamente metabolizzato. Eppure, l’inaspettato potrebbe essere dietro l’angolo: assunta come addetta alla Scuola di Belle Arti di Parigi scopre infiniti stimoli legati alla creatività e alla libertà, concetti che legheranno le svolte di un film che parla chiaro a chi ha superato l’età di non ritorno. Le possibilità ci sono, vanno solo colte. E attenzione: pur essendo un film dal chiaro target, il linguaggio di Escaffre e Muller, nella sua essenziale dolcezza, sa parlare in modo diretto e trasversale, uscendo a più riprese da quel cono d’ombra che la vorrebbe solo una commedia femminile over 50.

Dunque, possibilità e bellezza, amore e cambiamenti. Fili di una matassa impossibile da districare, capi di un discorso che poche volte segue un filo logico. Ed è proprio il cambiamento, legato alla magnificenza dell’arte, a stravolgere le carte in tavola di una protagonista risvegliata dal torpore e dall’alienazione. Ad aiutarla (anzi, ad accompagnarla) in questo percorso di rinascita c’è Hubert (Grégory Gadebois), l’irresistibile custode della scuola. L’uomo, come Maria, condivide un’esistenza che non comprende nessun tipo di alterazioni, e il loro incontro sfociato in spassionata amicizia permetterà ad entrambi di scoprirsi e riscoprirsi, mollando gli ormeggi verso un indefinito orizzonte che potrebbe non aver più confini, né mentali né tantomeno fisici. In questo senso, il film di Lauriane Escaffre e Yvonnick Muller segna il punto più importante del racconto: trovare il coraggio di lasciarsi andare, abbracciare la vita, stabilire un contatto con quella bellezza inseguita e troppo spesso rinchiusa in un quaderno scarabocchiato. Orecchie alla colonna sonora di René Aubry: è la musica a dare il tono all’intera storia.

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(…) É proprio grazie alla Scuola che Maria inizia a scoprire il suo corpo, in ogni senso: rivive e riscopre la sua femminilità posando come modella di nudo, senza ovviamente dire nulla a casa, perché sa che suo marito non capirebbe. Eppure tra le mura della Scuola Maria scoprirà stimoli inimmaginabili, imparerà a osare e a sentirsi finalmente libera.
Lo farà anche grazie a Hubert, tassello fondamentale del processo di evoluzione e riscoperta di Maria. Ad interpretarlo c’è un attore di spessore ed esperienza, Gregory Gadebois, che si cala abilmente nei panni del custode della scuola. Un tipo simpatico, affabile e mentalmente aperto, eppure poco libero fisicamente, dal momento che non si è mai veramente spostato, appunto, dalla “sua” Scuola. L’incontro tra i due è fatale, crea un legame speciale fatto soprattutto di voglia di oltrepassare i propri limiti e guardare oltre. Oltre le convenzioni sociali e le posizioni lavorative, oltre l’età e il già fatto, oltre tutti i limiti autoimposti, o magari imposti da una vita di coppia non più soddisfacente.
La riscoperta di se stessi è un processo creativo, sembrano voler dire Lauriane Escaffre e Yvonnick Muller con questo film, tratto dalla storia di vita personale della prima, o meglio di sua nonna. Una donna delle pulizie anche lei, mestiere che spesso al cinema è associato a storie di disagio sociale o invisibilità e che stavolta diventa trampolino di lancio per il riscatto di una vita.
Il risultato è una trascinante storia di trasformazione e viaggio interiore, di incontro e confronto con l’arte ma anche con l’altro. Una storia anche universale, come è universale il desiderio di scoprirsi, di darsi un’altra possibilità, di emanciparsi e di nutrire il proprio animo di arte e relazioni appaganti.
(…) Maria e l’amore si rivela un grazioso e godibile ritratto di una donna decisa a riappropriarsi dei propri desideri, metafora utile e convincente per suggerire a chi guarda che non è mai troppo tardi per essere felici e, ancora prima, per capire chi si è veramente. O chi si vuole diventare, anche quando si è già “grandi”.

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Maria – Karin Viard, già protagonista de La famiglia Bélier e de Il complicato mondo di Nathalie – è sposata da 25 anni con un uomo che non ha più occhi per lei e inizia un nuovo lavoro come donna delle pulizie presso la Scuola di Belle Arti di Parigi. Tra quelle mura scoprirà il paradiso della creatività: un luogo in cui a farla da padrone sono la libertà espressiva e la capacità di guardare il mondo con occhi nuovi. Ma, immersa in quelle creazioni, conoscerà anche un uomo, Hubert (Grégory Gadebois), un custode sui generis dalla tenerezza infinita e desideroso di amare tanto quanto lei. È probabilmente impossibile non tifare per entrambi i personaggi delineati magnificamente dalla penna di Escaffre e Muller. Grazie a Maria ci si rende conto di quanto poetica possa essere persino la muffa – “un elemento vivo che, decomponendosi, crea delle forme” -, così come di quanto tenere sappiano essere delle semplici spugnette colorate. Maria ha l’aria trasognata di chi non ha smesso di amare, di chi non rinuncia a captare la bellezza di un banalissimo quotidiano, di chi guarda persino agli oggetti simpatia per la loro goffaggine. E toccare con mano la concretizzazione materiale della creatività diventa per Maria addirittura un’occasione per riscoprire il suo corpo e la sua stessa femminilità. Accanto a lei, Hubert approfitta dei ritagli di tempo da un lavoro che conosce ormai troppo bene per allenarsi, a passo di danza, sulle note di Such a Night ed è sempre disponibile a sostenere gli insicuri studenti dell’istituto. Attraverso gli occhi di Hubert si è in grado di riscoprire la seduzione della fragilità.

Maria e l’amore è il tipico film a cui si assegnerebbe la qualifica di delizioso. Si conoscono già dall’inizio le sorti dei due personaggi principali, ma poco importa in un’opera intenzionata a regalare un po’ di intrattenimento con la rassicurazione dei buoni sentimenti. Maria e l’amore è nei fatti un film sul cambiamento di prospettiva: sul considerare, ad esempio, una donna delle pulizie come una persona che rende gli ambienti più confortevoli e non già come qualcuno che non abbia potuto ottenere di meglio. Se nel recente Tra i due mondi osservavamo tutto il dramma dell’invisibilità di chi svolge questo mestiere, qui riscopriamo la poesia e la tenerezza celate dietro una vita apparentemente anonima. La stessa arte contemporanea non viene qui trattata come oggetto di facili risatine, a cui indubbiamente si presterebbe, ma diventa occasione per una riflessione più ampia sulle infinite possibilità della mente creativa.
Ed è forse solo cambiando prospettiva che, in fondo, si trova il coraggio per abbracciare un futuro incerto in cui aver, però, la libertà di essere se stessi e di esprimersi al massimo delle proprie potenzialità. Dopo un César al miglior cortometraggio nel 2020, i due registi, qui all’esordio nel lungo son riusciti, con la mera forza della loro scrittura, a convincere due fuoriclasse come Karin Viard e Grégory Gadebois a salire a bordo del progetto. In definitiva Maria e l’amore è un film che fa breccia nel cuore dello spettatore con il semplice potere della delicatezza e della tenerezza, glorificando tutte le Maria che incontriamo nella nostra vita (e a cui il film è dedicato), ma di cui spesso rischiamo, per distrazione o abitudine, di non percepire la presenza.

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