Manas

Marianna Brennand

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Isola di Marajó, foresta amazzonica. Marcielle (Tielle) vive con i genitori e tre fratelli. Condizionata dalle parole della madre, venera la sorella maggiore pensando sia fuggita da quella vita squallida trovandosi un «brav’uomo» su una delle chiatte che solcano la zona. Man mano, però, Tielle si scontra con la realtà e comprende di essere intrappolata tra due ambienti violenti. Preoccupata per la sorellina e per il futuro desolante che le attende, decide di affrontare il sistema che opprime la sua famiglia e le donne della comunità.  
DATI TECNICI
Regia
Marianna Brennand
Interpreti
Dira Paes, Jamilli Correa, Rômulo Braga, Fátima Macedo, Emily Pantoja, Samira Eloá, Gabriel Rodrigues, Enzo Maia
Durata
101 min.
Genere
Drammatico
Sceneggiatura
Felipe Sholl, Marcelo Grabowsky, Marianna Brennand, Antonia Pellegrino, Camila Agustini, Carolina Benevides
Fotografia
Pierre de Kerchove
Montaggio
Isabela Monteiro de Castro
Anno
2024

Presentazione e critica

La regista Marianna Brennand, dopo essersi laureata in cinema alla UCSB, è tornata in Brasile per realizzare un documentario sul suo prozio Francisco, un artista riconosciuto a livello mondiale per i suoi lavori in ceramica. Puntando su un approccio narrativo poetico basato sui diari del suo personaggio, Francisco Brennand è stato presentato in anteprima nel 2012 e ha vinto i premi per il miglior documentario brasiliano e per il miglior film brasiliano al Festival di São Paulo. Nel 2007 aveva diretto un altro documentario, O Coco, a Roda, o Pnêu e o Farol, sulla ricca tradizione musicale del «coco de roda» a Olinda, città nello Stato del Pernambuco. Manas segna il suo debutto alla regia di un lungometraggio ed è il risultato di una ricerca decennale sul tema complesso e delicato dell’abuso e dello sfruttamento sessuale di bambine e adolescenti sull’isola di Marajó, nella foresta amazzonica.

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Troppo seria per avere tredici anni, in realtà la giovane Marcielle, detta Tielle, ha tutti i motivi per aver perso il suo bel sorriso. Abusata dal padre, il terribile Marcìlio, sotto gli occhi di una madre inerme. Unica sua gioia: la sorellina più piccola per la quale crea notebook con carta ricavata. L’altra, la sorella più grande, è andata via di casa, lei la venera pensando che sia fuggita da quella vita squallida trovandosi un “brav’uomo” su una delle chiatte che solcano la zona. Peccato che nella foresta amazzonica sull’Isola di Marajò di brav’uomini pare che non ce ne sia nemmeno l’ombra.

Il primo lungometraggio di finzione della brasiliana Marianna Brennand, dopo il doc sul suo prozio Francisco, artista riconosciuto a livello mondiale per i suoi lavori in ceramica, dal titolo Francisco Brennand, è il risultato di una ricerca decennale sul tema complesso e delicato dell’abuso e dello sfruttamento sessuale di bambine e adolescenti dell’isola. Che dietro questo film ci sia stato un lungo lavoro si vede in ogni minuto. Senza mai esagerare e senza mai mostrare, ma solo accennando, la Brennand ci mostra in quel fuori campo e in quel non visto tutto l’orrore degli abusi familiari. Nota di merito va anche e soprattutto alla protagonista, la giovane Jamilli Correa bravissima nell’interpretare questa adolescente di tredici anni desiderosa di avere la propria carta di identità e che vaga alla ricerca (ancor più difficile) di una propria identità. Senza dubbio possiamo affermare che con questo film non solo è nata un’autrice (Marianna Brennand), ma anche un’attrice davvero di grande livello (che vagamente ricorda anche la grande Zendaya. E quale miglior complimento di questo?). Entrambe da tenere d’occhio. Presentato in anteprima mondiale alle Giornate degli Autori della Mostra del Cinema di Venezia Manas (questo il titolo, ovvero Sorelle) è dunque assolutamente da non perdere.

Cinematografo

La regista brasiliana Marianna Brennand anni fa si trovava nella foresta amazzonica. Era lì impegnata nelle ricerche per un documentario quando si è ritrovata faccia a faccia con delle donne dei piccoli villaggi circostanti. Si sono fidate di lei e le hanno confidato le violenze subite fin da piccolissime all’interno delle mura domestiche. Il luogo dove ci si dovrebbe sentire più al sicuro era per loro sinonimo di abusi e sofferenza. Un luogo dal quale non potevano andarsene. È da queste storie che nasce Manas, lungometraggio presentato in concorso alle Giornate degli Autori.

La protagonista è Marcielle, da tutti chiamata Tielle. Vive con i genitori e tre fratelli in una piccola abitazione sul mare dell’isola di Marajó. Ha una sorella più grande che vede come un modello da seguire. Lei, a detta di sua madre, è riuscita ad trovare un “brav’uomo” che si prende cura di lei su una chiatta commerciale. Passe le sue giornate tra scuola, chiesa e l’aiuto nei lavori di casa. Suo padre si sveglia all’alba per andare a caccia nel cuore della foresta amazzonica. Un giorno decide di portarla con sé. Quello che accade nella fitta vegetazione lontano dagli occhi altrui cambierà per sempre la sua vita. Quello di Manas è un lavoro lungo dieci anni al cui interno Marianna Brennand ha condensato le storie di quelle donne che nessuno aveva mai ascoltato prima. E il punto del film è esattamente questo. Dare voce a chi non ce l’ha, a chi è come se non esistesse. Qualsiasi donna nel corso della propria vita si è ritrovata faccia a faccia con un qualsivoglia forma di violenza, fisica o psicologica. Ma c’è una parte di noi che, nell’orrore e nel disgusto, ha la possibilità di farsi sentire, di denunciare. Una spinta in questo senso nasce indubbiamente come conseguenza del movimento Me Too che ha portato ad un’apertura maggiore, al coraggio di non restare nell’ombra.

Ma poi c’è chi come Tielle non ha i mezzi o non viene ascoltata. Sua madre, incinta, prova ad allontanare quel padre orco dalla figlia ma, al tempo stesso, sembra quasi rassegnata a un destino che è toccato a lei e alle donne prima di lei. È esemplare la sequenza in cui la ragazzina si confida con la proprietaria di un piccolo negozio del villaggio. La risposta della donna è un’agghiacciate “passerà”. Marianna Brennand è molto brava nel creare una tensione sottilissima che mette a disagio lo spettatore. Perché c’è qualcosa di profondamente sgradevole e nauseante nell’avvertire che un atto innaturale sta per compiersi. Una violenza che la regista non mostra mai sullo schermo, per non alimentarne altra e avere, almeno lei, rispetto per Tielle e tutte le bambine, ragazze e donne costrette a vivere le stesse umiliazioni. Manas è un cinema di denuncia che pone la sua attenzione su una tematica che ci riguarda tutti. Perché solo parlando e condividendo, solo denunciando può avvenire una rivoluzione. Il silenzio alimenta e dà forza a chi pensa che il corpo di una donna gli appartenga e possa farci ciò che vuole senza conseguenze. Tielle quella catena di abusi senza fine prova a spezzarla. Dovremmo impegnarci, come società, a fare lo stesso.

Movieplayer

Tra i dieci film in concorso della 21ª edizione delle Giornate, è Manas di Marianna Brennand ad aggiudicarsi il GdA Director’s Award 2024.

La motivazione:
«È un grande onore annunciare il film vincitore del GdA Award 2024. In questi giorni abbiamo discusso con grande passione di dieci film che esplorano universi cinematografici molto diversi tra loro, emozionandoci e sorprendendoci, e vorremmo ringraziare le Giornate degli Autori per la selezione proposta. Un film in particolare ci ha regalato un’incredibile esperienza condivisa. Manas è una finestra sul mondo capace, grazie a un’infinita cura per il dettaglio, di immergere lo spettatore in un viaggio immersivo e trasformativo. Manas ci ha conquistato con la cura e l’attenzione con cui mette in scena un tema delicato e difficile come quello dell’abuso, sia in ambito domestico che in contesti più sistematici. Con questo racconto preciso e culturalmente specifico in cui abbiamo esplorato l’isola di Marajó, la regista ha ritratto qualcosa di profondamente universale. Questo film si è distinto dal programma per la sua maestria, le brillanti interpretazioni e il forte messaggio che crediamo risuonerà con gli spettatori di tutto il mondo, sensibilizzando e chiedendo un cambiamento. Grazie a Marianna Brennand per aver reso visibili queste storie e grazie alle Giornate degli Autori per averle portate alla nostra attenzione».