Thomas Napper
DATI TECNICI
Regia
Interpreti
Durata
Genere
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Musiche
Distribuzione
Nazionalità
Anno
Presentazione e critica
Se lo champagne Veuve Clicquot – il secondo più venduto al mondo dopo Moët & Chandon, teniamo a mente – si chiama così, è perché alla morte di François Clicquot, figlio del fondatore Philippe, l’azienda fu presa in mano da sua moglie: Barbe-Nicole Ponsardin.
Barbe-Nicole, appena 27enne, si trovò a lottare da sola, donna all’alba del XIX secolo, per ottenere mantenere il controllo di quest’azienda, che i furbi rivali e vicini di vigna, i Moët di cui sopra, avrebbero voluto rilevare, con l’iniziale assenso di Philippe Clicquot.La determinazione quasi feroce della donna, che voleva proseguire il lavoro e le idee rivoluzionarie del tormentato François, convinse il suocero, ma Barbe-Nicole e il suo champagne non ebbero, per alcune annate, vita facile.
In un’era di female empowerment, di storie della buonanotte per bambine ribelli, di rinnovato orgoglio femminista, era inevitabile che la storia vera e a suo modo esemplare di Barbe-Nicole Clicquot Ponsardin arrivasse sugli schermi dei cinema.
A suo modo, anche lei è stata una bambina ribelle, una donna che ha rifiutato di piegarsi ai dettami della cultura patriarcale (e perfino del codice napoleonici) con la forza delle sue idee e delle sue convinzioni, e alla fine anche dei suoi risultati.
E ogni risvolto della sua vicenda aveva in sé connotati chiaramente cinematografici. Sullo schermo, Madame Clicquot è tutto quello che ci può immaginare: un film nel quale la campagna e la terra, le viti e la vendemmia, assumono rilevanze speciali e metaforiche; in cui l’alternarsi delle stagioni ha un senso profondo; nel quale gli ideali romantici sono incarnati dall’indole inquieta e tormenta di François Clicquot e dal rispecchiarsi suo e di sua moglie nelle loro terre; dove la lotta per affermazione e in qualche modo l’autodeterminazione della sua protagonista passa per un doppio piano, quello legato alla vinificazione e agli affari, e quello che racconta invece la sua storia sentimentale: col marito prima e, poi divenuta vedova, col distributore dei suoi vini, Louis Bohne.
Altrettanto facile è prevedere e verificare come Haley Bennett si sia dedicata con passione a un personaggio che vive anche di incertezze e fragilità, e non solo di coraggio e passione, e come il regista Thomas Napper, non un nome di primissimo piano, abbia girato il film con spirito di servizio, lasciando ai luoghi e ai personaggi il loro spazio e la loro rilevanza, mai schiacciata da inutili virtuosismi ma sempre nel nome di un’eleganza molto classica. Meno prevedibile era la capacità di Madame Clicquot di lavorare sui chiaroscuri, fotografici e emotivi, e di mettere in scena un processo finale, atto conclusivo del tentativo di estromettere Barbe-Nicole dalla sua azienda, nel quale gli stereotipi sul femminile vengono utilizzati prima e ribaltati poi.
Non lo era che quella che viene raccontata come una appassionata storia d’amore, quella fra la protagonista e il suo defunto marito, sia anche la storia di una relazione problematica, dalla quale Barbe-Nicole uscirà temprata e rinforzata. Come le sue viti.
Che alla fine del film venga voglia di stappare una bottiglia di bollicine (rigorosamente francesi), inoltre, è solo cosa buona e giusta.
ll processo creativo applicato allo champagne. La storia di una donna che agli inizi dell’800 porta avanti un progetto imprenditoriale aggirando le leggi del tiranno Napoleone Bonaparte. Thomas Napper utilizza come base di partenza la biografia di Tilar J. Mazzeo The Widow Clicquot, che narra le vicende di Barbe-Nicole Ponsardin, rimasta vedova del viticoltore Francois Clicquot. Il film scorre su due linee temporali: nella prima osserviamo la lotta per la sopravvivenza portata avanti dalla vedova Clicquot (Haley Bennett) per vendere il proprio champagne tra Amsterdam e San Pietroburgo in pieno embargo napoleonico; nell’altra vediamo il rapporto matrimoniale tra Barbe-Nicole e il marito François (Tom Sturridge) affetto da gravi turbe della personalità. Anche se attratto dall’illuminismo tanto da chiamare la propria compagna come la musa di Voltaire (Èmilie du Chatelet), Francois è travolto da ingravescenti furori romantici che lo porteranno prima alla dipendenza dall’oppio e poi ad atti autolesionistici. Barbe-Nicole si trasformerà da geisha affettuosa in donna forte, fino ad allontanare la figlia dalla cattiva influenza di François.
Barbe Nicole è il prototipo di donna illuminata, che insegue il suo sogno scavalcando ostacoli e pregiudizi di una società sessista. Prende dal marito l’ossessione per i vitigni e la trasforma in impresa di successo, creando uno dei migliori champagne della storia che prenderà il nome dalla grande cometa che apparve nei cieli nel 1811. La direttrice della fotografia Caroline Champetier esalta i colori caldi degli esterni francesi in contrapposizione ai toni algidi degli interni: pensate alla scena del suicidio di François (la posizione del corpo nel bagno ricorda il quadro di Jacques Louis David, La morte di Marat) inondata dal bianco da sala autoptica. Ma è soprattutto la prestazione attoriale di Haley Bennett, molto a suo agio nei film storici, a regalare al film una robustezza narrativa ed una forte componente emozionale. La vediamo in nero al momento della morte del marito e nei suoi gesti c’è tutto il dolore per un lutto irreparabile: una visione, un odore, una canzone sussurrata ai vitigni fanno partire i flashback di una grande storia d’amore che implode mentre attorno infuria la guerra. Gli esperimenti porteranno Barbe-Nicole più avanti delle intuizioni del marito: è lei il vero genio capace di domare il talento e farlo fruttare mescolando Chardonnay, Pinot Noir e Meunier. L’unico che supporta questa impresa titanica è l’amico Louis (Sam Riley), ma quando Barbe-Nicole si troverà davanti a un tribunale per giustificare il suo successo, emergerà la sua identità di donna indipendente.
Presentato al Toronto International Film Festival, impreziosito dalle musiche di Bryce Dessner, Madame Clicquot è la storia di una delle primi imprenditrici capace di portare a compimento il suo processo creativo trasformando lo champagne in un’opera d’arte. La volontà e la determinazione vincono i pregiudizi di una società in cui il potere è tutto nelle mani degli uomini. Rimane la nostalgia per un amore precocemente interrotto. Viene in mente Memorie di una geisha con un capovolgimento delle posizioni di dominanza proprio nel momento dell’elaborazione del lutto: c’è una poesia intitolata “la mancanza” incisa nella pietra. Ci sono tre parole ma il poeta le ha cancellate. Non si può leggere la mancanza, solo avvertirla.