L’ultima settimana di settembre

Gianni De Blasi

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L'Ultima Settimana di Settembre, film diretto da Gianni De Blasi, racconta la storia di Pietro Rinaldi , un uomo anziano stanco della vita, rimasto vedovo e con una carriera di scrittore oramai in declino. Pietro è completamente stremato e vuole solo porre un punto conclusivo alla sua esistenza, motivo per cui ha progettato di suicidarsi nel giorno del suo compleanno.
DATI TECNICI
Regia
Gianni De Blasi
Interpreti
Diego Abatantuono, Biagio Venditti, Roberta Mattei, Marit Nissen, Debora Boccuni, Guendalina Losito, Dan Borduz, Monica Contini, Pinuccio Sinisi
Durata
90 min
Genere
Drammatico
Sceneggiatura
Pippo Mezzapesa, Antonella Gaeta, Gianni De Blasi
Fotografia
Giorgio Giannoccaro
Montaggio
Mattia Soranzo
Musiche
Andrea De Rocco
Distribuzione
Medusa Film
Nazionalità
Italia
Anno
2024

Presentazione e critica

Presentato in anteprima al Giffoni Film Festival 2024, tratto dal romanzo di Lorenzo Licalzi, L’ultima settimana di Settembre racconta di vite arenate, della morte improvvisa o desiderata, di incomprensioni generazionali, di lettere d’addio. Pietro Rinaldi (Diego Abatantuono) è ormai un ex scrittore. Dopo la scomparsa della moglie avvenuta anni prima, medita un unico pensiero, il suicidio. Per ingerire il letale cocktail farmacologico fissa una data, quella del suo compleanno, il 20 Settembre 2017. Proprio quel giorno però la figlia Roberta rimane coinvolta insieme al marito in un incidente stradale in cui restano uccisi. Il figlio della coppia, Mattia, un’adolescente, gli viene dato in affidamento temporaneo. Un uomo sconfitto, deciso ad abbandonare le armi, ed un ragazzo in procinto di inforcarle per provare a difendersi dalla vita che bussa alla porta, spietata, travolgente. L’opera prima di Gianni De Blasi è un racconto a tappe. Le fermata vengono scandite da un viaggio, quello che da Lecce porta a Roma, su una vecchia macchina d’epoca, attraversando esclusivamente strade secondarie. Ogni incontro, ogni imprevisto, è una scoperta, l’occasione di conoscersi, di avvicinarsi, di ridurre lo scarto. “I ricordi dopo i settant’anni dovrebbero abolirli” dice Pietro, amareggiato dalla vita, mentre il nipote elabora il lutto e vive l’atteggiamento del nonno come un rifiuto. Dolore, tristezza, amore, le emozioni si rincorrono, confuse e misteriose, la rappresentazione invece resta troppo controllata, preoccupata di restituire un panorama bellissimo, rovinato dall’uso di una musica invasiva, con un clacson ricorrente ai limiti del molesto. Si dimentica di ascoltare i silenzi dell’alba e dell’imbarazzo di avere di fronte uno sconosciuto, di guardare negli occhi una ragazza che ci fa battere il cuore, di finire in subacquea e risalendo a galla di porgere l’orecchio al canto delle Diomedee, i mitologici uccelli custodi di una tomba che li chiamano dall’orizzonte tinto d’azzurro. Tutto si trasforma in un meccanico lavoro di montaggio, prevedibile e reso banale dalle note che l’accompagnano.

Sentieriselvaggi

Pietro e Mattia sono nonno e nipote. Il primo è un ex scrittore di successo in depressione, che il giorno del suo compleanno sta per suicidarsi. D’un tratto riceve una telefonata inattesa e apprende la più terribile delle notizie. Riguarda sua figlia e suo genero. Mattia è un ragazzo sensibile, che conosce poco suo nonno, eppure sarà lui a dargli la triste notizia. Il futuro appare più nero che mai, ma è tutto da capire: a chi verrà affidato Mattia? Per rispondere a questa domanda, farà un viaggio con il nonno, insieme doloroso, divertente e fondamentale per entrambi.È un film profondamente tenero, L’ultima settimana di settembre, con dolenti punte di amarezza difficilmente dimenticabili. Lo si intuisce dalla prima scena, con Diego Abatantuono intento a ingurgitare pillole per suicidarsi. Interpreta Pietro Rinaldi, ex scrittore di successo rimasto vedovo che si è stancato di vivere. La telefonata che nessun genitore vorrebbe ricevere paradossalmente lo salva, catapultandolo suo malgrado nella vita dello sconosciuto nipote Mattia. La fine diventa un nuovo inizio nel costante confronto di due generazioni diverse in quello che diventa presto un “on the road” sentimentale su un’auto d’epoca.
È il primo lungometraggio che firma Gianni de Blasi, tratto dall’omonimo romanzo di Lorenzo Licalzi trasposto sullo schermo dallo stesso regista insieme a Pippo Mezzapesa e Antonella Gaeta. Un viaggio soprattutto interiore, emotivo, pervaso di tristezza, eppure mai privo di ironia, il cui tono si staziona sull’agrodolce delle emozioni trattenute e delle parole mancate. Nonno e nipote non si conoscono, la loro convivenza è forzata, per diventare ricercata c’è bisogno di un progressivo quanto lento avvicinamento. In questo la scrittura mostra grande sobrietà, misura e morbidezza, mettendo in fila le piccole mosse di ogni giorno capaci di costruire la forza mai scontata di un legame.
Il tema dell’elaborazione del lutto è sviluppato rispettando e rispecchiando i tempi dei singoli personaggi, di cui colpiscono i silenzi complici, le attese seduti anche a non dirsi niente, un modo realistico per descrivere la condivisione (im)possibile di un indicibile dolore personale. Il resto lo fanno i suggestivi paesaggi pugliesi e ovviamente gli attori, convincenti e con un’alchimia evidente, capace di valicare lo schermo.

Mymovies

È il 20 settembre 2017, nel giorno del suo compleanno l’anziano Pietro Rinaldi, burbero ed infelice scrittore rimasto vedovo da qualche anno e ormai ritiratosi a vita privata, decide di porre fine al suo malessere e di togliersi la vita ingerendo una grossa quantità di farmaci. Scritta la lettera d’addio per la figlia, unico motivo di rammarico rispetto alla sua scelta, egli sembra avviarsi verso quel suicidio meditato da tempo, ma l’irrompere in casa di due agenti di polizia lo interrompe per portare una terribile notizia: la stessa figlia sopracitata, Roberta (Roberta Mattei), è rimasta vittima di un incidente mortale assieme al marito, lasciando così orfano il loro unico figlio Mattia.
Pietro, costretto ad annunciare quella morte “venuta a prendersi le persone sbagliate” ad un nipote con cui non è mai riuscito a costruire un rapporto, convince quest’ultimo ad intraprendere con lui un viaggio in direzione dello zio Marcello mai conosciuto prima ma propostosi volontariamente come nuova figura di riferimento del ragazzo. Nonno e nipote partono quindi, in compagnia del cane Sid, per un’avventura che li porta prima a ritrovare una coppia di vecchi amici di famiglia da cui Pietro si era voluto allontanare, poi a fare la conoscenza di due giovani autostoppisti e della loro insegnante Wanda, il tutto per arrivare infine alla meta prefissa ed alla relazionale resa dei conti. L’ultima settimana di settembre è l’incontro tra il dramma familiare e il road movie, viaggia lungo un percorso che vuole formare entrambi i protagonisti ponendoli a confronto, a contatto, uniti dal dolore e dall’elaborazione del lutto, ma divisi da un rapporto mai sorto, ove Pietro non è “nonno” e Mattia è solamente un ragazzino di cui l’altro non sa nulla, nemmeno l’età.
I due non sembrano poter convivere, laddove il bisogno di sostegno del giovane, a cui non è rimasto nient’altro che il suo fedele compagno a quattro zampe, è contrastato dalla convinzione dell’anziano di non poterlo aiutare perché solo, perché vecchio, perché infelice; eppure è grazie alla loro distanza che sembrano riuscire a sostenersi, loro che a causa della morte stanno scoprendo (Mattia) e riscoprendo (Pietro) la vita, il primo con curiosità, il secondo con scetticismo.(..)

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