L’ultima notte di Amore

Andrea Di Stefano

Image
Il tenente della polizia Franco Amore vive a Milano, è innamorato di sua moglie Viviana e per 35 anni ha servito lo Stato con orgoglio e giustizia. Proprio l’ultima di servizio prima del pensionamento, il suo amico e partner da diversi anni Dino rimane ucciso in una rapina di diamanti: questo drammatico evento metterà in discussione tutto.
DATI TECNICI
Regia
Andrea Di Stefano
Interpreti
Pierfrancesco Favino, Linda Caridi, Antonio Gerardi, Martin Francisco Montero Baez, Francesco Di Leva, Fifi Wang, Matilde Vigna, Katia Mironova, Carlo Gallo
Durata
124 min.
Genere
Noir
Thriller
Sceneggiatura
Andrea Di Stefano
Fotografia
Guido Michelotti
Musiche
Santi Pulvirenti
Distribuzione
Vision Distribution
Nazionalità
Italia
Anno
2023
Classificazione
6+
Attività

Presentazione e critica

Franco Amore è un poliziotto all’ultimo giorno di lavoro dopo trent’anni di integerrimo servizio nelle forze dell’ordine. Ha già anche a lungo meditato il discorso d’addio in cui ricorda di non avere mai sparato a nessuno anche se gli incarichi pericolosi non gli sono mancati. La sua nuova moglie, la figlia che studia all’estero e gli amici hanno organizzato una festa a sorpresa per lui quando, all’improvviso, viene richiamato in servizio perché è accaduto un fatto grave.

Andrea Di Stefano ha realizzato un film di genere nel quale ci si occupa del mondo del crimine e per il quale sarebbe un crimine rivelare anche pochissimo di più di quanto esposto nella breve sinossi. Perché, dopo il breve prologo, lo spettatore deve seguire passo dopo passo, decisione dopo decisione, incontro dopo incontro, quella che il regista stesso definisce come una discesa agli inferi del protagonista. Insieme a lui si è chiamati a giustificare o meno delle scelte, a cercare di capire come sia possibile conservare l’integrità e come si riesca a uscire da tunnel apparentemente chiusi sul fondo.
Di Stefano è arrivato a girare il film dopo un lungo e serissimo approfondimento di conoscenza sia del lavoro (e dell’usura che spinge ai prepensionamenti) del lavoro di poliziotto sia del sottobosco criminale milanese. Questo è un film a cui la comunità cinese di Milano ha dato il suo contributo non solo attoriale ma anche di conoscenza di quanto avviene sul territorio.

Poi c’è Milano, una metropoli prevalentemente ripresa di notte (a partire dai lunghi ma efficaci titoli di testa) che diventa teatro di una vicenda che come plot di base poteva essere ambientata ovunque ma che come mood trova in quelle vie, in quella piazza Duomo deserta, in quel contesto di mix di attività più o meno border line sul piano della legalità, il suo giusto contesto.
E poi c’è Pierfrancesco Favino. Nella terza stagione di Boris un personaggio diceva: “Una volta c’erano i ruoli, per gli attori. Adesso li fa tutti Favino”. Tutti certamente no ma quelli che accetta sa come gestirli. Come questo Franco Amore di cui sa cogliere tutte le sfumature di coerenza ma anche di fragilità, di determinazione ma anche di paura. Anche di amore, quello privo della maiuscola del cognome, ma mostrato e dimostrato per la donna con cui condivide la vita.
Un personaggio a cui offre la giusta naturalezza insieme all’altrettanto giusta tensione una Linda Caridi che riesce ad essere credibile anche quando la sceneggiatura la colloca in una situazione al limite della verosimiglianza. Il cinema di genere in Italia abbisogna di film come questo e di registi come Di Stefano che ha la giusta passione ed empatia per affrontarlo.

Mymovies.it

Di Franco Amore si dice che è amore. Di nome e di fatto. Di se stesso racconta che per tutta la vita ha cercato di essere una persona onesta. Un poliziotto che – in trentacinque anni di onorata carriera – non ha mai sparato a un uomo. Mai uno sbaglio. Ma quella notte, quell’ultima notte in servizio prima della pensione, sarà la più lunga e difficile della sua vita e finirà con il mettere a rischio tutto ciò che conta per lui: il lavoro da servitore dello Stato, il grande amore per la moglie Viviana, l’amicizia con il collega Dino. In quella notte, quell’ultima notte, tutto si annoda freneticamente tra le strade di una Milano cupa in cui sembra non arrivare mai la luce.

Il film, prodotto da Indiana Productions, Memo Film, Adler e Vision e accolto dagli applausi a Berlino è su diretta ammissione del regista Di Stefano una sorta di controcanto: «Sì, il controcanto dei polizieschi americani. Una visione molto italiana. Potremmo perfino definirlo uno Spaghetti Noir», ha precisato durante l’incontro via Zoom con la stampa italiana. La narrazione, solida e rocciosa, riecheggia al passato dei poliziotteschi del nuovo cinema italiano degli anni Settanta, quello amato da Tarantino e firmato dai vari Fernando Di Leo ed Enzo G. Castellari, ma il film non è affatto una lettera d’amore al passato, anzi, mantiene saldamente fede allo spirito cinematografico contemporaneo: «In realtà non ho fatto riferimenti specifici a classici come Milano Calibro 9, ma sì, ci sono senza dubbio delle situazioni evocative. Sono film a cui ho guardato sempre con molto interesse, pieni di energia e di personaggi iconici…».

Un’impronta autoriale insomma, quella di Di Stefano (la sua filmografia parla per lui, anche quella da attore con Bellocchio, Infascelli e Schnabel) che qui rimane in perfetto bilico tra passato e presente, tradizione e innovazione: «L’ambizione con L’ultima notte di Amore era creare qualcosa che fosse profondamente italiano, drammatico, cupo. Ad ogni film che faccio cerco di mettere i personaggi sull’orlo del precipizio e vedere cosa succede». E qui, al centro della scena, c’è Franco Amore, un Pierfrancesco Favino stratosferico dalla mimica impareggiabile, avvolto dell’aura caratteriale di un eroe tridimensionale e variegato, complesso, ambivalente, versatile: «Un eroe che ha molti dubbi, ha le sue zone d’ombra, è divertente, ma anche romantico con la sua donna eppure anche ingenuo se crede che nella vita non dovrà mai reagire». Un uomo che, come tutti i personaggi in scena, cerca di trovare dentro di sé la forza per cambiare il proprio destino, da cui il quesito: «Siamo circondati dal successo. Cosa succede se vediamo qualcuno che fallisce?».

È proprio da qui, da questa domanda, parte il viaggio de L’ultima Notte di Amore. Un viaggio lungo una notte intera, diluita dal mezzo cinematografico orchestrato dal rigore registico di un Di Stefano alla prima prova nel cinema di casa nostra dopo i precedenti internazionali con cast a cinque stelle di Escobar e The Informer. E allora ecco una digressione temporale che riavvolge i passi alla luce del giorno, con un ritmo cadenzato, graduato. Espediente efficace nel gettare in modo semplice e funzionale le basi drammaturgiche di una narrazione piccola, intima in termini strutturali, colorata nelle sfumature tonali che vanno dalla commedia al dramma, ma grande nei valori portati in scena: «Il film inizia con quest’uomo che viene messo di fronte a una scelta, ad un compromesso morale che mette tutta la sua vita in difficoltà». Vale a dire: essere un buon poliziotto oppure un buon padre di famiglia? Cosa vuoi essere davvero, Franco Amore?

La risposta sta proprio nel viaggio al termine della notte del film che vede Di Stefano serrare le fila, mettere la quinta, dipingendo un crime-heist dal ritmo tesissimo, sporco, sudicio, macchiato di sangue e fango e raffiche di proiettili, dove l’anima di Amore si macchia di delitti indicibili dai sensi di colpa lancinanti, illuminato – unicamente – dai fari delle auto in corsa in galleria, in una sinfonia di clacson ossessivi di orrore e morte. C’è la crisi dell’uomo, il decadimento della morale, la necessità di tener cara la pelle la ricostruzione dell’evento delittuoso, passo dopo passo, alla maniera del miglior Hitchcock. «Volevo fare un poliziesco realistico ambientato nell’Italia contemporanea, ispirato dall’amore per i film di Kurosawa ed affascinato dai meccanismi tensivi di Hitchcock e ho cominciato a scrivere la sceneggiatura. Poi, durante uno dei primi giorni di riprese, tutto è cambiato ed il film è diventato mio. Ammirando l’umanità dello sguardo di Pierfrancesco, ho finalmente realizzato che avevo scritto un film su mio padre».

Non ultimo, badate bene, ecco un autentico gioiello di tensione come la scena madre della sparatoria in galleria che pone i sigilli su un film che ha tutti gli ingredienti per essere un instant-classic da manuale. Alle spalle della narrazione intessuta da Di Stefano, c’è anche una storia vera, o comunque, una storia ispirata a fatti reali: «Abbiamo lavorato allo script in collaborazione con membri delle Forze dell’Ordine, Polizia, Carabinieri, perfino dell’Intelligence, per portare alla luce una storia di malavita e crimine che fosse realistica nella contemporaneità di Milano, una città di moda e di grandi gruppi industriali e sportivi, che non è affatto come ce l’aspettiamo…». Il confronto con un agente di Polizia ha fatto scattare qualcosa nel regista. La molla creativa, l’idea, lo spunto, l’intuizione alla base del racconto: «Mi ha dato l’idea di raccontare la storia di un poliziotto che entra in una scena del crimine non come agente, ma come persona già al corrente di quel che è avvenuto. Un po’ come quando, nei film, vedi l’assassino che resta sulla scena del crimine e osserva».
Ma se è vero – com’è vero – che Favino è il volto copertina – letteralmente – della pellicola, da non sottovalutare il valore del cast che fa salire ancor più il film (…). Tanti ingredienti, molti elementi in un mosaico che rende L’ultima Notte di Amore grande cinema italiano, un cinema fatto di identità precise, tanto mestiere, idee, intuizioni e arte purissima.

Hotcorn.com