Longlegs

Oz Perkins

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L'agente dell'FBI Lee Harker è una nuova recluta di talento assegnata al caso irrisolto di un elusivo serial killer. Mentre il caso prende svolte complesse, Harker scopre di avere un legame personale con lo spietato assassino e deve correre contro il tempo per fermarlo prima che rivendichi la vita di un'altra famiglia innocente.
DATI TECNICI
Regia
Oz Perkins
Interpreti
Nicolas Cage, Alicia Witt, Maika Monroe, Blair Underwood, Micehelle Choi-Lee, Dakota Daulby, Lauren Acala, Kiernan Shipka, Maila Hosie, Jason William Day, Lisa Chandler, Rryla McIntosh, Carmel Amit, Charles Jarman, Erin Boyes
Durata
101 min.
Genere
Horror
Thriller
Sceneggiatura
Oz Perkins
Fotografia
Andrés Arochi
Montaggio
Graham Fortin, Greg Ng
Musiche
Elvis Perkins
Distribuzione
Be water, Medusa Film
Nazionalità
Usa
Anno
2024

Presentazione e critica

Insinua più nel corpo mostruoso, ma nello spazio degli intenti. Ecco perché funziona Longlegs, nuovo film di Oz Perkins, presentato alla Festa del cinema di Roma. Giocando tra primi piani angoscianti, quasi deformanti, e totali tanto ampi, da suggerire l’avanzamento del terrore, il regista aggiorna e rinforza il concetto di orrore, lasciando nel fuori campo ciò che adesso è lo spettatore a immaginare, infervorando il senso di angoscia perché generato dalla mente del pubblico stesso.
Quelli di Longlegs non sono gli anni Novanta oggetti di mitizzazione e slancio nostalgico. Quelli di Longlegs sono gli anni Novanta che fanno paura, soprattutto se ambientati in un Oregon periferico, suburbano, isolato e dimenticato. Lungo le sue strade si muove silente e preoccupata Lee Harker, giovane agente dell’FBI, coinvolta per le sue capacità da “Mezza sensitiva” nell’interminabile indagine su una serie di efferati omicidi-suicidi che ammantano di sangue il territorio da oltre trent’anni. Troppo tempo; troppi anni; per Lee e propri responsabili è giunta l’ora di porre fine all’opera del misterioso Longlegs, artefice della perdita della ragione che porta i padri di famiglia a uccidere moglie e figli prima di porre fine alla propria vita. Un po’ come il fumettista Robert Graysmith dello Zodiac di David Fincher, Lee inizierà a decodificare le lettere criptiche lasciate dallo stesso Longlegs sui luoghi del delitto, aprendo al contempo un pertugio nella propria mente da cui si libereranno ricordi e traumi tenuti sopiti per altri, troppi, anni. Il sangue schizza, il terrore fa capolino in Longlegs, ma non lo fa mai nell’immediato, bensì prendendo il suo tempo, scalpitando nell’attesa dello spettatore.

Chissà se nel generare il rapporto disfunzionale tra genitori e figli come grembo cancerogeno, contenitore di un marcio pronto a toccare il suolo, seminando morte, Oz Perkins avrà preso spunto da quel capolavoro dell’horror come Psyco, il cui stesso padre – Anthony Perkins – ha contribuito a renderlo eterno. Fatto sta che è li, in quel rapporto dal sentore di minaccia costante, che Longlegs trova il suo cuore pulsante. Il personaggio di Nicolas Cage, misterioso, a tratti quasi buffo, è un vicario del male, un intermediario pronto a donare il potere di seminare morte. Non c’è nulla di demoniaco, ma neanche di evangelicamente biblico nel personaggio dai tratti albini dell’attore: è solo un portatore di inquietudine, un memento mori di carne, ossa, urla e canzoni rock. Compare poco, Nicolas Cage sullo schermo; di lui abbiamo quasi sempre un’immagine frammentata, poco unitaria, proprio come frammentata, e prona al male, è l’essenza umana. Con un minimalismo di ripresa, di scenografia, e soprattutto di montaggio, il regista crea un mondo sospeso, eppure tremendamente reale. Investendo le indagini della giovane protagonista Lee Harker (Maika Monroe, già apprezzata in It Follows e Watcher) di un filtro rosso sangue, Perkins riesce a enfatizzare il senso di un minaccia incombente.

A tratti allucinogeno, altri labirintico, Longlegs non riesce a esimersi però dal cadere in una certa prevedibilità che ne indebolisce lo scatto angosciante. Desideroso di caricare la propria creatura di un’inquietudine dilagante, Perkins sfibra il filo conduttore dell’intreccio, lasciandolo cadere in un parossismo confusionario. Ma poi, ecco che lo sguardo di Maika Monroe incontra quello della cinepresa, e qualcosa di magico subentra, catturando l’attenzione dello spettatore fino a farlo suo, spingendolo in un vortice dove l’horror lascia spazio al thriller psicologico. E a fare da mattatore di una mente instabile, pronta a cedere dinnanzi alla mefistofelica presenza del suo Longlegs è proprio un Cage che dietro alla maschera di un trucco prostetico riesce a investire lo spazio di visione di un senso di disagio e irrequietezza. In equilibrio perenne tra uno stato di angoscia e malessere, il Longlegs di Cage è una star del glam rock dagli occhi vitrei e dalla voce acuta, che canta non per intrattenere, o far sognare, ma per spingere lo spettatore in un oceano inquinato da incubi. La mancanza di un cuore che batte, di un sentimento di calore che tutto abbraccia e cura, è una maledizione condivisa che Perkins riesce a tradurre visivamente grazie a un gioco intelligente di riprese fisse, e lenti grandangolari pronte a deformare la realtà di Lee e di Longlegs, facendo di tutti dei possibili mostri; mostri, quelli di Longlegs che parlano, riempiono lo spazio di visione con un corollario di parole, di citazioni bibliche, preghiere e maledizioni, dove il sacro incontra il profano, in un silenzio assordante. Già, perché nel mondo di Perkins, la musica non trova un proprio spazio di elezione, se non con sviolinate acute, stonate, che annunciano l’avanzare del timore. Ed è un timore del tutto interiore, perché nato in seno al personaggio di Lee Harker, mente acuta, ma anima apatica, bloccata nel lascito traumatico di un passato pronto a chiederle il conto. E per un’interiorità del genere, la musica non può accendersi. Solo sospirare. Come una bocca bloccata dinnanzi alla forza del terrore.

Everyeye