Lee Miller

Ellen Kuras

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Lee Miller, ex modella statunitense per Vogue dall’età di 19 anni e grande appassionata di fotografia fin dall’infanzia, parte per l’Europa durante la Seconda Guerra Mondiale in veste di fotoreporter proprio per la celebre rivista. La sua missione sarà quella di documentare le atrocità della guerra e mostrare al mondo intero il vero volto della Germania Nazista. Attraverso i suoi scatti denuncerà i crimini perpetrarti nei confronti degli ebrei e delle minoranze nei campi di concentramento.
DATI TECNICI
Regia
Ellen Kuras
Interpreti
Kate Winslet, Alexander Skarsgård, Andrea Riseborough, Marion Cotillard, Andy Samberg, Noémie Merlant, Josh O'Connor, James Murray
Durata
117 min
Genere
Drammatico
Sceneggiatura
Lem Dobbs, Liz Hannah, John Collee, Marion Hume
Fotografia
Pawel Edelman
Montaggio
Mikkel E.G. Nielsen
Musiche
Alexandre Desplat
Distribuzione
Vertice360
Nazionalità
USA
Anno
2024

Presentazione e critica

Elizabeth “Lee” Miller è stata una celebre modella, una fotografa di moda e la musa dell’artista surrealista Man Ray. Ha frequentato il mondo degli artisti e degli intellettuali nella Parigi degli anni Venti, ha conosciuto Pablo Picasso, Coco Chanel e Jean Cocteau: ma arrivata alla mezza età vuole confrontarsi con qualcosa di più autentico, e raccontare al mondo ciò che sta succedendo sul fronte della Seconda Guerra Mondiale. Dunque si reca in prima linea come fotoreporter e corrispondente di guerra, anche contro il volere dell’esercito, per testimoniare le condizioni dei prigionieri e il coraggio delle ausiliarie al fronte, rischiando la pelle e riportando a casa una sindrome da stress post traumatico che l’accompagnerà per tutta la vita. La regista e direttrice della fotografia americana Ellen Kuras, amata da Michel Gondry e da Rebecca Miller, dirige Lee, il biopic ispirato al saggio “The Lives of Lee Miller” scritto dal figlio della fotoreporter, Antony Penrose, ma la vera forza motrice dietro il film è Kate Winslet, che interpreta la protagonista ed è stata instancabile produttrice del progetto. Winslet è al centro di ogni scena e butta alle ortiche ego e vanità per farsi tramite della vicenda avventurosa di una donna impavida e determinata che si era posta come unica priorità quella di raccontare la verità delle cose, e in particolare di testimoniare una guerra di proporzioni mondiali.

Winslet si butta nella mischia nelle scene di combattimento così come in dialoghi in cui fa emergere anche la durezza, e a volte la sgradevolezza, di Miller, che nella sua ricerca di autenticità a tutti i costi aveva accantonato ogni riserbo (e cautela) borghese. Lee racconta anche della tumultuosa vita sentimentale della fotografa, senza però mai spettacolarizzare la sua sessualità disinibita. Anche il passato drammatico della donna, che comprendeva una madre assente e affetta da disturbi psichiatrici e una violenza subita all’età di sette anni, non viene mai spettacolarizzato, su precisa esigenza di Winslet.

Il risultato è il ritratto di un’anima inquieta e una personalità spigolosa, ma animata da un forte senso di giustizia e sempre pronta a mettersi dalla parte dei più deboli, delle donne e di chiunque si trovasse in sofferenza. Qualche lungaggine para televisiva di troppo non va a scapito della genuinità di intenti di questa storia di coraggio e sfrontatezza, nonché di autonomia di pensiero e di azione da parte di una donna anni luce più avanti del suo tempo.

 

Mymovies

Scoprire un personaggio come Lee Miller è scioccante. In un’epoca come quella degli anni Trenta e Quaranta, in cui non era comune per una donna dedicarsi alla fotografia e avere successo, la protagonista di questa storia ha raggiunto un prestigio e un riconoscimento che l’accompagnano anche dopo la sua scomparsa, avvenuta nel 1977. Sebbene la narrazione del film segua una struttura piuttosto convenzionale, il film mantiene la sua potenza e il suo interesse grazie all’interpretazione di Winslet e al coraggio del personaggio che interpreta. Con grande coraggio, la fotografa di guerra rischiò il suo corpo e la sua vita nell’orrore del campo di battaglia. Lee è la materializzazione di un sogno e di un progetto personale di Kate Winslet, che incarna la prestigiosa fotografa, che in precedenza, negli anni ’20, era stata una modella.

La vita di Lee Miller è stata complessa fin dall’inizio, in una piccola cittadina dello Stato di New York. La sua carriera è iniziata come modella, quasi da bambina, poiché suo padre, un fotografo, la fotografava anche nuda, cosa che l’avrebbe poi spinta a intraprendere la sua professione. Nel 1929 si recò a Parigi, dove fece l’apprendistato con Man Ray. Tuttavia, il suo spirito inquieto la portò a diventare una corrispondente di guerra, un ruolo che costituisce l’asse centrale del film con protagonista Winslet. Questo film biografico su Lee Miller inizia nel 1938, con la modella e fotografa americana Lee che vive con il suo amante, l’artista Roland Penrose, a Londra. Quando la Germania invade la Francia, le vite degli amici di Miller, tra cui la fashion editor Solange D’Ayen e l’artista Nusch Eluard sono in pericolo. Nella Londra bombardata, Miller scatta immagini di donne impegnate nella difesa nazionale che risolvono il morale per la direttrice di British Vogue Audrey Withers. Ma Miller desidera ardentemente diventare una corrispondente di guerra, nonostante le regole impediscano alle donne di entrare nelle zone di combattimento. Alla fine trova un modo per raggiungere la prima linea, collabora con il fotoreporter David Scherman e crea immagini che le faranno guadagnare un posto nella storia.

Lee è un biopic con tutto ciò che ne consegue. Non reinventa la formula né si allontana dalle regole stabilite, ma racconta la storia di una vita emozionante che è esistita ed era poco conosciuta, il che è più che sufficiente per catturare l’attenzione dello spettatore. Il film ci mostra il contesto in cui Miller ha scattato alcune delle sue fotografie più iconiche, in particolare la famosa istantanea che la ritrae nuda nella vasca da bagno dell’appartamento berlinese di Hitler. Come corrispondente di guerra per la rivista Vogue, ha documentato le atrocità del regime nazista per oltre un decennio, compresi i campi di sterminio dopo la loro liberazione. Vediamo Winslet trasformarsi nel suo personaggio: prima, come la coraggiosa reporter tra i venti e i trent’anni; poi, come la vecchia che racconta la sua storia. La sua interpretazione è così coinvolgente che quasi facciamo fatica a riconoscere l’attrice, che ha interiorizzato a fondo ogni dettaglio della straordinaria vita di Miller, impegnandosi a rispettare i suoi valori e la sua eredità. Winslet è una scommessa sicura, ma è proprio in film come questo che il suo talento trabocca in ogni inquadratura.

Lee Miller è stata riconosciuta per il suo coraggio, curiosità, resilienza, innovazione, integrità, visione, tenacia, adattabilità e incrollabile passione per la fotografia. Winslet interpreta il ruolo con notevole autenticità, rendendo queste qualità di Lee credibili e ammirevoli. Questo film racconta i difetti e i trionfi di Lee Miller, e arriva al punto di affermare che senza il suo tumulto interiore, probabilmente non sarebbe andata a documentare alcune delle peggiori atrocità dell’umanità nei campi di concentramento di Buchenwald e Dachau.

Invece di sminuire i successi di Miller dicendo che i suoi demoni l’hanno spinta verso la grandezza, la direttrice della fotografia americana diventata regista Ellen Kuras, al suo debutto cinematografico, si assicura di affermare che Miller aveva un grande occhio per la composizione e la narrazione, un’abilità affinata nelle riviste di moda. Il senso estetico di Miller ha reso le sue fotografie straordinariamente potenti. Il racconto della storia da parte di Kuras è sensibile e la Winslet offre una delle sue migliori interpretazioni, rendendo omaggio ad una pioniera del fotogiornalismo.

Movieplayer

Il film di Ellen Kuras è un ritratto della vita di Lee Miller che non tutti conoscevano: chi è amante della fotografia non può non ricordare gli scatti dell’artista surrealista Man Ray che ritraggono le sue lacrime vetrate ma nel biopic sulla sua vita da reporter di guerra si ritraggono un altro tipo di lacrime, quelle del conflitto che non ha risparmiato niente e nessuno, quelle dello shock nell’entrare nei campi di sterminio e quelle del dolore nel vedere l’amica e duchessa Solange d’Ayen spazzare via le macerie della sua casa dopo i due anni d’incarcerazione e l’assassinio dell’amato marito e del figlio. Si rimane scioccati insieme a Miller e Sherman nel camminare per le vie parigine, nel guardare negli occhi dei prigionieri liberati di Dachau e Buchenwald e i corpi ammassati nei treni e ci si arrabbia per come quelle stesse foto, che raccontano le atrocità della guerra e del regime nazista non vengono rese pubbliche perché considerate “troppo sconvolgenti”. Il pubblico non biasima Miller quando strappa le foto dalla rabbia per l’irresponsabilità dei piani alti di mostrare quello che accadeva davvero sotto gli occhi di tutti e, come Miller, non si riesce a togliersi dalla testa lo sguardo terrorizzato di quella bambina, stuprata e picchiata dai nazisti. Parlando di Mickey-17 si era detto come sia necessario a volte rimanere scandalizzati. In “Lee” invece mostra quanto sia necessario a volte rimanere scioccati: questa pellicola è difficile da digerire, quando si esce dalla sala ci si deve prendere del tempo per metabolizzare quello che si è visto ed è questo l’obiettivo della pellicola. Lee Miller è entrata nella storia ed è diventata un esempio per le donne che sono stanche di essere viste solo per i loro corpi, è una donna che non rifiuta l’aiuto ma che non rifiuta nemmeno la sfida. Non ha esitato nell’entrare nel vagone e fotografare all’interno i corpi in putrefazione nonostante il forte odore nauseabondo e non ha nemmeno esitato nel scattare la sua foto iconica nella vasca da bagno, un esempio di come la mente di una donna possa superare gli stereotipi e la misoginia interna del tempo e della società.

 

 

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