Le mie ragazze di carta

Luca Lucini

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Alla fine degli anni 70, nel trevigiano, in un periodo in cui la rapida espansione delle città investe anche la famiglia Bottacin, composta da Primo, Anna e Tiberio. Per loro, e in particolare per il giovane Tiberio, il cambiamento dalla vita contadina a un contesto urbano sarà piuttosto tumultuoso.
DATI TECNICI
Regia
Luca Lucini
Interpreti
Maya Sansa, Andrea Pennacchi, Alvise Marascalchi, Cristiano Caccamo, Raffaella Di Caprio, Alessandro Bressanello, Christian Mancin, Marta Guerrini, Giuseppe Zeno, Neri Marcorè
Durata
94 min
Genere
Commedia
Sceneggiatura
Luca Lucini, Mauro Spinelli, Marta Storti, Ilaria Storti
Fotografia
Luan Ujkaj Amelio
Montaggio
Carlotta Cristiani
Distribuzione
Adler Entertainment
Nazionalità
Italia
Classificazione
Tutti

Presentazione e critica

Le mie ragazze di carta ci riporta al 1978 ed è un romanzo di formazione ambientato a Treviso, dove una famiglia si trasferisce dalla campagna e il figlio Tiberio scopre l’amore e il desiderio sessuale. Sullo sfondo, i mutamenti storici, sociali e culturali del tempo.
Andare indietro nel tempo per raccontare il presente, per confrontare la nostra epoca con i buoni vecchi tempi o per ritrovare le proprie radici: ecco cosa sta succedendo nel cinema contemporaneo, che sia americano, europeo o asiatico. Anche in Italia sempre più registi sentono l’urgenza di tornare alla loro infanzia, oppure rivivono anni che sono stati significativi per il nostro paese, nel quale forse si viveva meglio prima, nonostante le guerre, l’inflazione, gli anni di piombo, le stragi mafiose. Ne Le mie ragazze di carta, ambientato nel 1978, in primo piano c’è l’educazione erotico-sentimentale di un ragazzo che dalla campagna si trasferisce a Treviso insieme ai genitori. Sullo sfondo, invece, ci sono i mutamenti sociali, culturali, economici. In altre parole, c’è la grande storia che si intreccia alle piccole storie. Ora, non tutti i registi e gli sceneggiatori riescono a muoversi con tale naturalezza dal particolare all’universale e viceversa, e quindi è bello quando i personaggi che sgorgano dall’immaginazione di uno scrittore subiscono l’influenza del contesto in cui agiscono, pur conservando una loro originalità. Le volte in cui succede, lo spettatore pensa davvero di entrare nel film, oppure gli capita di ripensare a com’era e cosa pensava nel periodo di cui si narra. Anche noi abbiamo avuto questa impressione quando abbiamo visto il nuovo lavoro di Luca Lucini, che lo considera un nuovo inizio o il primo passo di una rinascita, anche perché il progetto era in cantiere da molto tempo e un copione vincitore del Premio Solinas non poteva certo rimanere nel cassetto.
È chiaro che c’è dell’autobiografia nella vicenda di Tiberio , preadolescente che scopre l’amore attraverso un cinema a luci rosse e riviste e fumetti pornografici, che poi era il modo in cui i ragazzi di quegli anni scoprivano prendevano dimestichezza con desiderio sessuale e cominciavano a fantasticare. Allora il sentimento amoroso era ancora legato all’impossibile e non prevedeva un tornaconto, ed era un miscuglio di struggimento e gioia improvvisa, euforia e delusione. Nella sua semplicità, Le mie ragazze di carta coglie questo passaggio fondamentale della vita e lo mette in relazione con altri mutamenti, sottolineando che non era poi così male aspettare il momento più adatto a dichiararsi e mettercela tutta per raggiungere la meta, e non a caso lo sport che Tiberio comincia a praticare, arrivato in città, è il football. E se lo sport è metafora dell’umana esistenza, allora gli avversari da battere hanno molto a che vedere con gli ostacoli che nella vita bisogna per forza superare per andare avanti, per dirla con un personaggio del film.(…)
(…) Ci sono molti momenti che quasi commuovono ne Le mie ragazze di carta: le scorribande in motociclette, le passeggiate sulla spiaggia, lo sguardo liquido del favoloso Andrea Pennacchi, la comprensione e il senso dell’umorismo di Anna (una Maya Sansa a fuoco e perfettamente padrona del dialetto veneto). Lucini, poi, trova anche il modo di rammentarci il primo articolo della nostra Costituzione – in una scena in cui la meritocrazia va a farsi benedire – e di rivendicare quindi il diritto di ogni cittadino al lavoro. Il regista spezza infine una lancia in favore di “quelli a cui piace stare da soli”, che vengono definiti anarchici, il tutto senza buonismo, bozzettismo, retorica, propaganda. Non soltanto i cinquantenni e sessantenni di oggi dovrebbero vedere Le mie ragazze di carta. Anche i ragazzi dovrebbero andare al cinema, per scoprire che decine di anni fa l’amore era uno sturm und drang e poteva durare in eterno, e magari per cominciare a pensare che, senza vedere e toccare una persona, come dice il ribelle Giacomo, non ci può essere che una semplice infatuazione. Se l’amico del cuore di Tiberio avesse saputo che un giorno le persone si sarebbero innamorate in chat, sarebbe salito su una navicella spaziale per scappare verso l’infinito e oltre.

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Il cambiamento radicale di vita di una famiglia è al centro del nuovo film di Luca Lucini, che mira a raccontare la perdita di innocenza di un Paese attraverso quella di un ragazzo, in quella fase cruciale di metamorfosi che è l’adolescenza, dopo la quale nulla è mai come prima. La commedia si apre con una scena d’esame: il signor Bottaccin si appresta a prendere il suo diploma, decisamente aiutato da un professore di commissione. Segue un trasferimento dalla campagna alla città, per intraprendere il nuovo mestiere di postino. Siamo a Treviso alla fine degli anni ’70, il posto fisso e il trasferimento in città diventano automaticamente sinonimi di vita nuova e più agiata. Si realizzerà solo la prima di queste speranze, il Paese in espansione è alle prese con una serie di trasformazioni, e così la vita della famiglia Bottacin. Quella di Primo, che attraverso l’incontro casuale con un travestito che gli insegna a giocare a scacchi avrà modo di aprire la mente e il cuore alla diversità. Nel frattempo sua moglie scoprirà la vita urbana, i sofficini e la prima televisione a colori, e suo figlio Tiberio dovrà affrontare i tumulti della pubertà e del primo amore.
Il cast è credibile, Andrea Pennacchi interpreta il padre di famiglia che scopre la vita urbana e lavorativa al contempo, Maya Sansa una moglie presente e preoccupata, e Alvise Marascalchi il giovane Tiberio alle prese con le prime esperienze e i primi amori. Il personaggio più interessante se lo aggiudica Cristiano Caccamo che firma una delle sue performance più notevoli nei panni di un travestito che attende di potersi operare e nel frattempo insegna a Primo a giocare a scacchi e a superare le sue bigotte diffidenze.
C’è anche Giuseppe Zeno, nei panni del proprietario di un cinema che per non fallire ripiega su una programmazione a luci rosse e questa sua scelta, economicamente vincente e malvista dai benpensanti che tuttavia affollano la sala, si rivela un punto di svolta nel il passaggio alla preadolescenza di Tiberio. Un ragazzo educato al cattolicesimo che frequenta il corso di rugby di Don Marcello e che, una volta entrato al cinema, resterà sedotto da una pornostar, per poi proseguire nell’esplorazione della propria sessualità attraverso riviste e filmati porno.

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