Noémie Merlant

DATI TECNICI
Regia
Interpreti
Durata
Genere
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Musiche
Distribuzione
Nazionalità
Anno
Presentazione e critica
Fa caldo a Marsiglia e ognuno cerca ombra e riparo. Ruby, cam girl vivace, si sollazza con due amanti, Nicole, coinquilina col sogno della scrittura, cerca una storia da raccontare spiando nella finestra di fronte un vicino esibizionista, Élise, attrice in ambasce, ha lasciato compagno e set alle spalle. Insieme condividono appartamento e quotidiano. Vestita come Marilyn – sta girando una brutta fiction sull’artista – Élise tampona la macchina parcheggiata dell’avvenente vicino, che finisce per incontrare la sera stessa. Invitate nel suo appartamento a bere e a ballare, siglano una ‘costatazione amichevole’. Ma la serata prende una piega imprevista e il vicino, fotografo di moda di giorno, predatore di notte, finisce infilzato come un pollo. La difesa è legittima ma adesso bisogna liberarsi del corpo. Niente polizia, niente confessioni, niente uomini soprattutto. È un affaire di sorellanza. Seconda regia per Noémie Merlant, furiosamente audace, che esplora il terreno sinuoso dei generi.
Dramma, commedia, gore, ghost story, horror, The Balconettes debutta col tour di un’immobile che registra la violenza domestica e reagisce con una radicalità eclatante: quando è troppo è troppo, se un uomo è violento va liquidato. Senza se, senza ma e senza sconti di pena.
Qualche minuto di introduzione e il film stabilisce il tono e anticipa le disavventure che seguiranno. Frontale, come la finestra del bel vicino di Lucas Bravo, il principe-chef di Emily in Paris ‘sporcato’ di sangue e kajal, The Balconettes mette in scena tre giovani donne che incarnano tre diversi approcci al maschile. Per Rosy è una relazione facile e frequente, per Nicole è difficile e rara, per Élise è terribilmente complicata.
La sorellanza è lampante: parole in (grande) libertà, esposizione del corpo senza giudizio, sostegno morale, meteorismo, sesso, confidenze. Un femminile come non lo abbiamo mai visto, o poco almeno, e la volontà dell’attrice di rappresentarlo libero dai codici imposti dall’industria del cinema. Le sue protagoniste e la sua protagonista (Élise) parlano a voce alta e si sbottonano le camicie girando con le tette al vento come in una vecchia canzone di Guccini (“Eskimo”).Il film è un interessante e divertente pot-pourri del mondo femminile: la sessualità, la seduzione, il femminismo, il desiderio, l’attrazione e il ripudio di un certo machismo, l’adolescenzialità, la maturità, il propendere verso la libertà assoluta (indipendenza) o verso la condivisione (rischio di schiavitù), la necessità o l’inutilità di essere protette. Fino al maschicidio (quando ce vo, ce vo). Con la rappresentazione di un mondo maschile, pure in parte vero, o troppo violento e prevaricatore o troppo appiccicaticcio, ma sempre col fine di usarla, come mezzo (o di piacere, o di fattrice). Quindi, a che punto siamo arrivati su una rivisitazione delle figure della femmina e del maschio del mondo d’oggi (occidentale) che permettendo una uguaglianza nella diversità, possa permettere una relazione simmetrica, tra uguali? É possibile, quindi, essere d’esempio a tutti gli altri, oppure essere un fallimento? Riconosco che la tematica è formidabile (come dice Benigni, vogliamo affermare che siamo di fronte a una utopia, quindi irrealizzabile, o vogliamo dimostrare che è possibile vivere in modo diverso dove la tolleranza verso la diversità può essere un segnale forte di speranza per la sua realizzabilità? La regista Noémie Merlant ci prova, approfittando della teatralità delle donne, partendo dagli stereotipi, maschili e femminili, in una sarabanda anche vampiresca, con annessi zombi di quelli che non hanno saputo comportarsi appropriatamente, di tre donne fra loro decisamente diseguali.
Le donne al balcone è un’opera audace e liberatoria, un grido di rivolta contro ogni forma di oppressione che non risparmia nessuno: non è un film per tutti, ma ha la forza e il potenziale per lasciare il segno. La sceneggiatura, scritta a sei mani da Merlant, Pauline Munier e Céline Sciamma, sembra nascere da una rabbia profonda verso dinamiche purtroppo ancora troppo comuni: maltrattamenti fisici e psicologici, violenze sessuali, rapporti non consensuali anche all’interno della coppia, molestie. Il grande obiettivo di Merlant è far convivere contenuti duri con una forma narrativa coinvolgente, che mescoli thriller, commedia e horror. E ci riesce grazie a una regia audace che rompe gli stereotipi e immagina personaggi liberi da ogni catena.Con il suo secondo film da regista, Noémie Merlant sorprende ancora una volta portando in scena un cinema rumoroso, imperfetto, caotico, ma profondamente libero. Le donne al balcone è una commedia feroce, visivamente intrigante e concettualmente radicale, che unisce umorismo, denuncia e provocazione in un mix esplosivo e destabilizzante. Il crimine raccontato dal film è solo uno tra tanti: si tratta in realtà di una costellazione di micro e macro violenze che le protagoniste, in modi diversi, decidono di non subire più. Merlant costruisce un racconto che non si adatta a nessuna etichetta, ma crea un mondo a sé, abitato da donne che reclamano spazio, voce, desiderio e corpo. Un’attrice con l’aria da Marilyn Monroe, una camgirl solare e disinibita, e una scrittrice tormentata da una crisi esistenziale: diverse ma unite, le tre protagoniste vivono insieme in una sorta di bolla affettiva e creativa, finché la realtà irrompe in tutta la sua brutalità. Merlant realizza un vero e proprio atto di liberazione creativa, un omaggio a se stessa e al diritto di ogni donna di raccontare la propria esperienza anche attraverso il grottesco e l’assurdo. Da qui nasce la definizione più adatta per questa opera: femminismo gore, un’etichetta nuova per un cinema che rompe gli schemi, ferisce e, allo stesso tempo, libera.
Si tratta di riappropriarsi del proprio corpo con orgoglio libertario, nudità esibita, umorismo sfrenato e una buona dose di liberazione… anche fisica. Il risultato è una commedia barocca, eccessiva, con toni suicidi e un’estetica che richiama chiaramente il cinema di Pedro Almodóvar. Un film che sicuramente dividerà: chi lo amerà, lo farà senza riserve; chi lo respingerà, lo farà con forza. In ogni caso, è impossibile restare indifferenti.