L’amore secondo Dalva

Emmanuelle Nicot

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L'amore secondo Dalva, film diretto da Emmanuelle Nicot, racconta la storia della dodicenne Dalva, che - nonostante la tenera età - si veste e si trucca già come una donna adulta. Un giorno viene portata via da casa sua, dove vive con il padre.
DATI TECNICI
Regia
Emmanuelle Nicot
Interpreti
Zelda Samson, Alexis Manenti, Fanta Guirassi, Marie Denarnaud, Jean-Louis Coulloc'h, Maia Sandoz, Sandrine Blancke, Charlie Drach, Roman Coustère Hachez
Durata
83
Genere
Drammatico
Sceneggiatura
Emmanuelle Nicot
Fotografia
Caroline Guimbal
Montaggio
Suzana Pedro
Distribuzione
Teodora Film
Nazionalità
Francia, Belgio
Anno
2023

Presentazione e critica

Dalva è una ragazza di dodici anni ma, nonostante la sua giovane età, si sente una donna. Una frase che ripete agli assistenti sociali dopo l’arresto del padre, accusato di pedofilia per aver abusato della figlia. Ma la cosa più sconvolgente è che Dalva sostiene di amare suo padre. La ragazza viene mandata in una casa-famiglia qui, grazie anche all’amicizia con una sua coetanea, imparerà a guardare il mondo sotto un’altra prospettiva e a vivere la propria infanzia.
L’amore secondo Dalva è un film difficile, non solo perché tratta il tema della pedofilia e degli abusi di un padre nei confronti della propria figlia. Quello che forse colpisce di più, l’aspetto che più di tutti ti lascia incredulo, come sono increduli gli assistenti sociali quando Dalva parla con loro, è la dichiarazione d’amore che la ragazza fa nei confronti del padre, è l’incapacità, da parte sua, di capire che quello che gli è successo non è naturale, non è umano. Dalva indossa vestiti con pizzi e merletti, un rossetto appariscente, vuole a tutti i costi essere un’adulta. Ma non è quella voglia che tutte le adolescenti attraversano, indossare un rossetto o un paio di tacchi, nel caso della protagonista è compiacere le perversioni di un padre.
Emmanuelle Nicot ci fa fare un viaggio al contrario. Entriamo all’interno della visione surreale di Dalva, viviamo la sua potente negazione della realtà. È difficile anche definirla una vittima, perché la naturalezza del suo comportamento o delle cose che afferma non te la fa definire tale. C’è un processo di maturazione ribaltato. Nel film non c’è un percorso di crescita, perché Dalva vive, forse per la prima volta, la spensieratezza dell’infanzia. Abbandona il rossetto, i tacchi e i merletti, indossa una felpa, i suoi capelli sono arruffati e il viso non è appesantito dal trucco. Scopriamo la bellezza di una bambina di dodici anni che gioca, commette i primi sgarri fumando la prima sigaretta o bevendo di nascosto dagli adulti. Buona la prima per Nicot che oltre alla regia si occupa anche della sceneggiatura del suo primo lungometraggio. Una storia buia e sgradevole che pian piano avanza verso la luce e che deve alla sua giovane protagonista, Zelda Samson, gran parte del merito di questo primo esordio.

Sentieriselvaggi

In concorso alla Semaine de la Critique del festival di Cannes 2002, l’opera prima L’amore secondo Dalva ha vinto il premio Fipresci e il Rising Star Award per la giovanissima protagonista Zelda Samson, oltre al premio del pubblico al recente Festival di Rotterdam. Tutti riconoscimenti meritati, a parer nostro, per un film che tratta il tema scabroso della pedofilia, vera e propria piaga sociale, con uno sguardo lucido, obiettivo e mai giudicante ma mostrando l’emancipazione della vittima di un crimine imperdonabile e della sua faticosa riconquista del proprio status di bambina. E’ in questo viaggio a ritroso che, grazie alla costruzione realistica della storia e alla straordinaria performance della protagonista (appena undicenne all’epoca delle riprese, e non ci si crede), la regista Emmanuelle Nicot ci conduce, per mostrarci il difficile percorso di un’anima ferita e plagiata da una violenza orribile.
Il film inizia con l’irruzione della polizia in una casa, dove in mezzo a un disordine che denota una permanenza temporanea e frettolosa, un uomo viene portato via a forza. Nell’altra stanza c’è una ragazzina. I due urlano, si chiamano, si ribellano. Poi la bambina, Dalva, viene portata in un centro di accoglienza per minori provenienti da situazioni di violenza e degrado. Nonostante non abbia ancora avuto il ciclo, la piccola sembra già una donna: truccata e vestita da adulta, nell’estremo tentativo di una mente malata (quella del padre) di normalizzare l’orrore. Quello fisico è l’unico tipo di amore che Dalva abbia mai conosciuto e dunque non accetta la separazione dall’uomo che vuole proteggerla, che le ha insegnato tutto e con cui ha un rapporto “speciale”, mettendo a durissima prova la pazienza degli educatori, ben consapevoli della situazione. Dopo le fughe ripetute e le risse a scuola per difendersi dagli insulti di compagne crudeli, l’incapacità di adattarsi e la consapevolezza di essere diversa dagli altri che pian piano si fa strada, Dalva capirà alla fine che la sua è una visione del mondo distorta e irreale: rapita dal padre a 5 anni, ha sempre vissuto in fuga, senza mai provare le gioie dell’età infantile, ridotta a una bambola senza volontà ma con ferree regole di comportamento, con la seduzione come unico strumento lecito per farsi accettare e amare.
Dalva idolatra a tal punto il padre che quando riesce finalmente ad ottenere di incontrarlo in carcere, per chiedergli di confermarle la loro “verità”, restiamo scioccati dal vedere un uomo normale, non attraente e dall’aspetto decisamente anziano, perché anche noi attraverso gli occhi di lei, con cui fin dall’inizio ci identifichiamo, abbiamo fino ad allora trasfigurato la realtà. L’amore secondo Dalva è un film vissuto tutto dalla prospettiva della protagonista, che rifiuta il ruolo di vittima ma con enorme fatica e intelligenza, grazie ad una forza d’animo indomabile e all’amicizia che stringe con una coetanea nella casa famiglia, che la mette spesso brutalmente di fronte alla realtà dei fatti, riesce a venire a patti con la vita a rovescio che ha vissuto non per scelta fino ad allora, fino a tornare la bambina che non è mai stata (resa in modo esemplare nella toccante scena in cui si taglia i capelli e la vediamo com’è realmente) e a presentarsi a fianco della madre ritrovata in tribunale.
Toccherà soprattutto il pubblico più sensibile e in particolare quello femminile questa storia di una mamma e una figlia così brutalmente ferite, perché il punto di vista è ovviamente quello delle donne, che anche in casi non estremi come quello raccontato nel film, in questa società sono spesso costrette a vivere il loro corpo come se non gli appartenesse e a fare della sessualità una merce di scambio. Con la macchina da presa attaccata al volto incredibilmente bello ed espressivo della sua protagonista, L’amore secondo Dalva ci conduce in un mondo che sappiamo esistere ma dove non vorremmo mai entrare, senza facili effetti ma rispettando lo spettatore e il tema di cui tratta, su cui dimostra una conoscenza non superficiale. Un debutto più che promettente quello di questa nuova autrice francese, di cui aspettiamo con fiducia le prossime prove.

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