La stanza accanto

Pedro Almodovar

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La Stanza Accanto, il film diretto da Pedro Almodovar, segue la storia di una madre imperfetta e di una figlia rancorosa, separate da un grave malinteso. Tra di loro, un'altra donna, Ingrid, amica della madre, è la custode del loro dolore e della loro amarezza.
DATI TECNICI
Regia
Pedro Almodovar
Interpreti
Tilda Swinton, Julianne Moore, John Turturro, Alessandro Nivola, Juan Diego Botto, Raúl Arévalo, Melina Mathews, Victoria Luengo, Alvise Rigo
Durata
110 min
Genere
Drammatico
Sceneggiatura
Pedro Almodovar
Fotografia
Eduard Grau
Montaggio
Teresa Font
Distribuzione
Warner Bros. Pictures
Nazionalità
Spagna
Anno
2024

Presentazione e critica

È quasi un modo di vedere la vita, sicuramente una maniera per raccontarla nel suo cinema, scegliere due donne come protagoniste, se non sue alter ego. Pochi come Almodovar hanno condizionato la realtà a una visione al femminile, ne hanno compreso e condiviso la visione del mondo e le recriminazioni. Non saranno madri parallele, per rievocare il titolo del suo (splendido) film precedente, ma questa volta le sistema in due stanze vicine, The Room Next Door come ricorda il titolo originale, La stanza accanto quello italiano. Un’immagine mirabile per sintetizzare il rapporto che si viene a creare, quell’accompagnamento di una alla tappa definitiva dell’altra, a cui regala qualcosa di unico, apre riflessioni etiche e stimola un dibattito ancora troppo latitante come quello sull’eutanasia, schiacciato fra ideologie e tabù.

Non che questo sia l’intento del regista spagnolo, non tanto interessato a riflessioni etiche quanto all’aspetto umano, l’intimo momento di condivisione fra due donne, amiche ma perse di vista per molti anni, che si ritrovano di fronte alla scelta di morire di una delle due. Due interpreti straordinarie come Tilda Swinton e Julianne Moore certo non deludono nel sostenere i molti dialoghi del battesimo di Almodovar con la lingua inglese. Le due si sono conosciute da giovani lavorando nella redazione della stessa rivista, poi Ingrid è diventata scrittrice di buon successo e si trova a New York per presentare il suo ultimo libro quando viene informata da una vecchia amica in comune che Martha è malata gravemente di cancro. La sua è una carriera che l’ha portata in giro per il mondo come reporter di guerra. Ingrid la va a trovare, Martha le chiede di accompagnarla in una villa nel verde dove ha deciso di prendere delle pillole per optare per l’eutanasia. La vuole semplicemente nella stanza vicina, non complice.

Una scelta che può apparire impulsiva, ma non lo è, sembra molto decisa e pensa di poter ricostruire quell’intimità sospesa da anni di mancata frequentazione, di fronte a una circostanza così estrema. La stanza accanto è il racconto di chi ha talmente raccontato la morte da non avere più parole per raccontare la propria. “Di questa guerra non riesco a scrivere niente”, dice la Swinton commentando il suo spaesamento. La sua è una presa di consapevolezza, il bisogno di essere lei in prima persona a gestire la malattia, mantenendo il controllo della sua vita e soprattutto della sua morte, quando sembrerebbe impossibile, facendo un bilancio che presupponga un equilibrio interiore e di relazione con l’ambiente, senza pregiudiziali sociali e, naturalmente, un enorme coraggio. Non è una storia sul tentativo di convincere l’altra a cambiare idea, ma di rappresentare con dolcezza un percorso per una volta consapevole nei confronti della tappa comune a tutti noi, normalmente in arrivo senza preavviso. In uno scenario di grande bellezza, in un’esplosione di colori e con una luce che trasmette serenità le due si trovano a discutere del passato, dei rapporti interrotti, come quello di Martha con la figlia, in un film che evita assolutamente retorica e la lacrima facile, fino al punto di rischiare una certa algidità, una programmaticità nel racconto amplificata dal consueto classicismo della messa in scena di Almodovar nuocciono a una piena adesione emotiva. Fortuna che ci sono Swinton e Moore a deliziare con il loro talento.

Cominsoong

Pedro Almodóvar sta pensando molto alla morte. Quest’anno compie 75 anni e da almeno dieci, nei suoi film, si sta concentrando sull’eredità che ognuno di noi lascia. Pensiamo al bellissimo Dolor y gloria (2019), vero e proprio testamento spirituale e uno dei suoi migliori lavori, in cui Antonio Banderas gli fa da alter ego. Nelle ultime opere è poi centrale il rapporto tra genitori e figli, con delle costanti: una relazione conflittuale con la madre e l’assenza del padre. È così in Julieta (2016), Madres paralelas (2021) e anche in La stanza accanto (The Room Next Door), in concorso a Venezia 2024 e in sala il 5 dicembre. Ispirata al romanzo Attraverso la vita di Sigrid Nunez, è la storia di una scrittrice, Ingrid, che scopre la malattia terminale di una sua cara amica da cui si è allontanata da tempo, Martha, reporter di guerra. A interpretarle i premi Oscar Julianne Moore e Tilda Swinton.

Ritrovarsi per caso dopo molti anni, le due si aggiornano su cosa è successo nelle loro vite. Martha si spinge oltre: racconta anche dettagli cruciali del proprio passato a Ingrid, quasi come se volesse affidarle la sua storia. Le cure, l’odore dell’ospedale, l’incertezza di sapere come arriverà alla fine spingono infine la donna a fare una richiesta enorme all’altra: vuole che vada con lei in una casa bellissima in mezzo alla natura. Come se fossero in vacanza, le chiede di dormire nella stanza accanto alla sua. Fino a quando non deciderà di uccidersi con una pasticca di veleno. Oltre a rimanere sconvolta dalla richiesta, Ingrid è molto angosciata dall’idea, non solo perché l’eutanasia è illegale negli Stati Uniti, ma, soprattutto, per il suo rifiuto totale della morte. La stanza accanto si apre proprio con una scena di lei che firma le copie del suo ultimo libro, in cui spiega perché per lei la morte sia un fatto innaturale: “Non riesco ad accettare l’idea che qualcosa che è vivo non lo sia più”, dice. Eppure l’affetto per Martha la spinge a seguirla negli ultimi giorni della sua esistenza. (…)

(…) Parlando di questa situazione con un amico in comune, Damien, la scrittrice capisce che non è soltanto Martha a essere sul viale del tramonto, ma l’umanità intera. Ci si indigna per cose futili e non si vuole pensare al cambiamento climatico, si fa finta di non vedere che la guerra è ovunque, che “il neoliberismo e la nuova ascesa dell’estrema destra stanno accelerando la fine del mondo”, come dice l’uomo. Intanto Ingrid memorizza tutto: chissà, forse prima che sia troppo tardi trasformerà quei racconti in un libro. E forse è proprio per questo che Martha l’ha scelta: sperando magari che, affidandogliela, la sua storia non sarebbe stata dimenticata. Che poi forse è quello che ogni artista desidera. È un film malinconico La stanza accanto, ma che non rinuncia al senso dell’umorismo: proprio ridendo della morte, Martha, Ingrid e Almodóvar la esorcizzano. Laddove la dipartita di Martha potrebbe essere un momento tristissimo e cupo, diventa il trionfo del libero arbitrio, dell’intelletto umano, dell’amore per la bellezza. Il regista spagnolo è un fuoriclasse, ma grazie a una coppia di interpreti come Julianne Moore e Tilda Swinton il suo discorso vola ancora più alto: vederle insieme è uno spettacolo. I loro personaggi si completano e, affrontando la morte insieme, celebrano la vita. Il regista può stare tranquillo: la sua eredità è preziosa, luminosa e non sarà dimenticata.

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