Léa Domenach
DATI TECNICI
Regia
Interpreti
Durata
Genere
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Musiche
Distribuzione
Nazionalità
Anno
Presentazione e critica
C’è poco da fare, la commedia francese (in realtà il cinema francese, in generale) continua a vivere un momento straordinario, composto da titoli intelligenti, in grado di intrattenere il pubblico e di usare il genere per fare tante cose diverse. Per esempio raccontare la Storia transalpina da un punto vista nuovo, dando lustro ad un personaggio per lungo tempo visto da una prospettiva molto svilente per le tante sfaccettature che invece ha mostrato nel corso degli anni e l’importanza politica che ha ricoperto in dei momenti chiave degli ultimi decenni. È il caso de La moglie del presidente, al cinema dal 24 aprile, comedy travestita da biopic e opera prima di Léa Domenach, nata in seguito del colpo di fulmine tra la regista e la figura di Bernadette Chirac, occorso durante la visione della regista di un documentario dedicato ad una delle figure femminili politiche francesi più importanti dell’epoca moderna.Ad interpretarla un’icona all’altezza della situazione come Catherine Deneuve (che un ruolo del genere si è già destreggiata quando ha vestito i panni della moglie di un ricco industriale in Potiche – La bella stratuina di François Ozon), protagonista di una prova maiuscola perché in piena sintonia con una pellicola divertente e divertita, giocata a metà tra satira canzonatoria del maschio a capo di un Paese di maschi e un trattato sull’importanza dell’uso dei media per la creazione di un’immagine pubblica efficace. In questo caso anche per ridare lustro ad una donna senza la quale la Francia non avrebbe avuto un Presidente della Repubblica in carica per 12 anni. C’è una chiesa a Parigi dove tiene messa un parroco che nel confessionale ha appesa una ricca collezione di foto in cui è ritratto insieme a personaggi di spicco. Un narciso affiancato da un coro straordinario che riceve uomini e, soprattutto, donne politiche. Una donna nello specifico, Bernadette Chirac la moglie del presidente, e colei che (tutti dietro le quinte lo sanno) è la vera artefice di tutti i successi del marito e del suo partito.
La sua è però un’importanza nascosta, visto che Jacques è incredibilmente puntuale nel metterla da parte una volta conquistato il potere, ammutolendola davanti ai collaboratori e rilegandola al ruolo di moglie sottomessa quando le camere sono accese. Una situazione che Bernadette accetta controvoglia, ma di buon grado per non alterare gli equilibri di una famiglia in verità piuttosto fragile, anche subendo i tradimenti goffi e reiterati di un marito imbecille, senza considerare le decisioni screanzate degli uomini di partito.
Tutto, almeno fino a quando non decide di ribellarsi all’idea che ha sempre dovuto dare all’esterno di donna austera, antiquata e conservatrice e di far valere, anche andando contro gli interessi del marito, la propria personalità, che è invece colorata, eclettica, spigliata e intelligente. Bernadette è stata una figura politica femminile moderna, in grado di coniugare il suo essere madre e moglie e il fatto che il giorno più bello della sua vita è stato quando per la prima volta ha vinto le elezioni nella sua amata Corrèze. Léa Domenach costruisce una pellicola che attraversa diversi anni avvalendosi dell’aiuto in scrittura di Clémence Dargent, insieme alla quale semplifica diversi passaggi storici (fondamentalmente sappiamo poco o nulla delle politiche di Chirac e del suo rapporto con Sarkozy, al di fuori di “è un traditore”) per concentrare tutti gli sforzi sulla trasformazione della sua protagonista. Questo è infatti ciò che guida un titolo che ci tiene sin da subito a far chiarezza, delineando il suo scheletro, la sua natura e il suo tono.Canzoni di apertura dal testo didascalico e giocoso, qualche immagine di archivio e poi un registro da commedia pop fresca, veloce, arguta e divertente che accarezza solo in modo tangenziale delle sfumature drammatiche per poi andare dritti al punto: un assolo di Catherine Deneuve, incaricata di interpretare l’unica donna in un mondo di maschi vanesi e idioti. Per non dire brutti, visto il trucco di Vuillermoz e la parrucca posticcia indossata da Laurent Stocker. Una modalità estrema, ma anche funzionale per rileggere un’epoca consistente della politica francese recente attraverso gli occhi di colei che “facendo sempre un passo indietro” l’ha guidata. Infine, La moglie del presidente decide di rifare il look ad un pezzo di Storia parlando allo spettatore di come la cura del look sia divenuta essenziale. Un look non superficiale, ovviamente, ma corrispondente al contenuto. Un’immagine credibile, non vuota o banale, come quella che sono una donna può avere tra gli uomini del partito di centrodestra transalpino in quel momento. Più o meno equiparabile (e qui sta ancora l’animo ironico del film) all’immagine di una tartaruga che entra all’Eliseo riuscendo ad ammaestrare gli orsi. E ricordandosi tutto quanto una volta uscita
Ispirato alle vicende di Madame Chirac, moglie del due volte presidente francese, in carica dal 1995 al 2007, l’opera prima (candidata a un César) di Léa Domenach, figlia di Nicolas Domenach, giornalista francese che si occupa di politica, racconta una irriverente storia di empowerment femminile, l’emancipazione di una donna che in un ambiente dominato dagli uomini è determinata a lottare per liberarsi da millenari stereotipi e da una prigione che la vuole solo consorte e madre, diventando un’icona femminista e prendendo in mano il proprio destino. La regista sceglie il genere della commedia, dove la politica resta fuori scena, per restituire un percorso di formazione e autodeterminazione verso l’indipendenza e si affida alla tagliente ironia di una Catherine Deneuve in gran forma, che come Andrea Sachs ne Il diavolo veste Prada, con la complicità di un consulente interpretato dal divertente Denis Podalydès, cambia look e mood, passando dai colori pastello ad outfit più aggressivamente rock. La Storia fatta delle donne si arricchisce di un nuovo gustoso capitolo.