La Caccia

Marco Bocci

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La Caccia, film diretto da Marco Bocci, racconta la storia di una famiglia, di preciso quattro fratelli, Silvia, Luca, Giorgio e Mattia, molto diversi fra loro.
DATI TECNICI
Regia
Marco Bocci
Interpreti
Laura Chiatti, Filippo Nigro, Paolo Pierobon, Pietro Sermonti, Gigi Savoia, Peppino Mazzotta, Marco Bocci, Marina Rocco
Durata
100 min
Genere
Drammatico
Thriller
Sceneggiatura
Marco Bocci, Alessandro Nicolò, Alessandro Pondi
Fotografia
Federico Annicchiarico
Montaggio
Luigi Mearelli
Musiche
Emanuele Frusi
Distribuzione
Medusa Film
Nazionalità
Italia, Slovacchia
Anno
2023
Classificazione
6+
Attività

Presentazione e critica

Luca, Silvia, Mattia e Giorgio, quattro individui le cui vite sembrerebbero scorrere su binari distantissimi tra loro, sono in realtà fratelli, legati non soltanto dal sangue, ma anche e soprattutto da un trauma del passato che si è rivelato capace di distruggere ciascuna delle loro vite rendendo il rapporto fraterno qualcosa da cui fuggire, senza avvicinarsi mai. Dopo anni di distanza però, nel giorno della morte del padre, i quattro costretti a riunirsi per questioni di testamento ed eredità nella villa di campagna nella quale sono cresciuti e tra le cui mura hanno osservato e vissuto il trauma che si è poi rivelato capace di condurli alla fuga, non possono far altro tornare a quella stessa violenza familiare che li ha mutati in essere disperati, privi di moralità, e speranza, ricorrendo ancora una volta alle volontà paterne, dunque alla caccia.
Marco Bocci realizza un film corale che con sorprendente sapienza di scrittura permette la coesistenza di quattro narrazioni apparentemente slegate tra loro che nel convergere improvviso e inaspettato dei differenti destini in un finale unico, si rivela capace di aprire sempre più strade ad un film che se inizialmente si potrebbe incasellare nel dramma, nasconde in realtà nella sua oscurità tematica di disperazione grottesca e sadismo, una fortissima direzione horror che prende piede sempre più, risolvendo catarticamente ogni nodo e svelando perciò la natura vera e propria di un film anomalo, coraggioso e atipico sul male che nasce nella famiglia e che solo il cinema horror è in grado di analizzare e raccontare fino in fondo, senza fare sconti a nessuno.
L’intera prima parte del film riflette sui legami di sangue e le conseguenze di uno stesso trauma, mostrandoci quattro interpreti in stato di grazia dar corpo e anima – laddove presente, dappertutto e da nessuna parte – ad individui spietati, odiosi, crudeli e respingenti la cui osservazione non è mai pacificatoria, piuttosto distruttiva o autodistruttiva, eppure niente è mai estremizzato o condotto all’esagerazione, piuttosto giustamente scarno, radicale e drammaticamente reale, e così anche la battuta di caccia più e più volte evocate nel corso del film. Nel corso degli ultimi due anni di cinema, sempre più autori cinematografici si sono confrontati con la propria autobiografia, perciò tanto sulla loro vita, quanto sull’arte concentrandosi ancor più sul rapporto con una determinata figura genitoriale, madre, padre, fratello o che altro spingendo gli spettatori a domandarsi che cosa possa essere mai accaduto all’interno di quella famiglia e sensibilità emotiva, senza giungere mai ad una risposta concreta.
Marco Bocci con La Caccia si unisce a questa folta schiera. Il film, riflettendo infatti sul trauma dell’infanzia di quattro individui, analizza le conseguenze di esso in relazione ad un legame assolutamente controverso, turbolento, inspiegabile e psicologicamente violento tra un padre con il pallino – o peggio – della caccia ed i suoi quattro figli costretti, fin dalla tenera età, a prendere parte a quel rituale di morte, un po’ gioco scanzonato e un po’ tecnica di sopravvivenza da rispettare e amare maniacalmente, senza mai abbassare la guardia.
In nome di un padre – e della sua fine – che è stato inevitabilmente causa di un male e di un trauma sopravvissuto fino alla generazione dei figli, una battuta di caccia conclusiva, che poi dà il titolo al film, non può che risultare la scelta più coerente, intelligente e cattiva nel suo significato più spregevole e ambizioso. La caccia è infatti una resa dei conti che ruota attorno alla morte e non alla vita e che meglio di qualsiasi altra scelta o espediente narrativo consegna il film di Bocci ad una dimensione così definitivamente sadica e cinica da farsi beffe della borghesia imbellettata e buonista di molto cinema italiano pur non divenendo mai satira, perciò conquistando e sorprendendo incondizionatamente proprio per questo suo gusto sprezzante e nerissimo che non siamo affatto abituati a ritrovare nel cinema nostrano e che fortunatamente le produzioni Versace e Curti di Minerva Pictures, stanno sempre più mettendo in luce. (…)

Cinematographe

A introdurci e poi ad accompagnarci nella cupa storia famigliare dei protagonisti de La Caccia sono le parole dolci di una fiaba, “I quattro fratelli ingengosi” dei Grimm, che vede protagonisti proprio i ‘quattro figli del re’ che, come ogni storia che si rispetti, devono affrontare un lungo e periglioso viaggio, un’avventura al termine della quale non saranno più gli stessi, ma che, se portata a termine superando tutti gli ostacoli, li premierà con il raggiungimento della loro salvezza e la conquista del loro regno. Il viaggio degli eroi, legati dal comune sangue e riuniti dalla morte del padre, inizia dalla casa di famiglia, quella in cui sono cresciuti e che ora, per necessità economiche, si trovano a dover vendere in quanto unica eredità in loro possesso. Ma l’eredità del re, di un padre che sin da subito scopriamo essere stato una figura ingombrante nella vita dei figli, non è solo rappresentata da quella villa, ma da quello che in quella casa è successo. Un oscuro segreto che tormenta ancora, in modo diverso e più o meno inconsciamente, i quattro fratelli, diversi uno dall’altro, ma tutti con vite segnate da una profonda inquietudine.
Il film di Marco Bocci mette al centro della riflessione i rapporti famigliari, ma anche il valore dei ricordi e della memoria nella nostra vita. L’autore ha recentemente raccontato che in seguito a una malattia che lo ha colpito qualche anno fa, la sua memoria oggi funziona in modo diverso e i suoi ricordi sono stati in parte persi, in parte rielaborati in un mix di realtà e fantasia. Un meccanismo che usa normalmente anche l’inconscio per allontanarci da traumi e momenti della vita che è meglio dimenticare per andare avanti, ma con cui prima o poi si è obbligati a fare i conti. Ed è proprio questo che succede ai protagonisti del film. I loro ricordi più crudi e dolorosi sono stati addolciti dalla loro mente per permettere loro di sopravvivere, ma alla morte del padre diventa impossibile non fare un viaggio a ritroso nelle loro coscienze. Lo stesso viaggio che fa lo spettatore, che viene portato piano piano a scoprire la verità, nel corso di un viaggio che lo tiene sempre tra realtà, memoria e suggestioni.
La proposta della sfida, la caccia, per accaparrarsi l’eredità diventa non solo una gara per i soldi in ballo. Quello che c’è davvero in gioco non è la soluzione dei problemi economici di ognuno dei protagonisti, ma la liberazione dalle ombre lunghe dell’influenza paterna, la possibilità di guardare in faccia la parte più terribile della loro vita, e scegliere la strada della catarsi o quella dell’abisso. E in questo si troveranno anche a dover decidere se provare a uscirne tutti insieme, o pensare ognuno a se stesso. Un viaggio carico di pathos, una lenta discesa agli inferi dell’infanzia segnata dei quattro protagonisti, raccontata attraverso flashback, simbolismi, e una colonna sonora potente ed efficace a sottolineare i passaggi più importanti.

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