Margherita Ferri
DATI TECNICI
Regia
Interpreti
Durata
Genere
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Musiche
Distribuzione
Nazionalità
Anno
Presentazione e critica
Presentato all’interno di Alice nella città 2024, rassegna autonoma della Festa del Cinema di Roma dedicata ai più giovani, Il ragazzo dai pantaloni rosa è un progetto che nasce direttamente dall’esperienza di Teresa Manes nelle scuole con i ragazzi per contrastare bullismo e cyberbullismo. La scomparsa del figlio Andrea il 20 novembre del 2012 aveva infatti indotto la madre a cercare una strada che desse valore e senso ad un dolore incolmabile e ad un tragico sacrificio. Attraverso libri ed incontri con i giovani Manes ha cominciato così una battaglia in favore di una consapevolezza tra i più giovani che aiuti ad evitare che tragedie come quelle di suo figlio si ripetano di nuovo.
Molto era nato da una piccola e apparentemente insignificante circostanza che all’epoca fu posta al centro del drammatico fatto di cronaca su Andrea Spezzacatena. Sua madre gli aveva regalato un paio di pantaloni rossi, ma un lavaggio sbagliato aveva stinto il capo facendolo diventare rosa. Ingenuamente Andrea trovò la cosa interessante tanto da non farsi scrupolo di indossare i pantaloni anche per andare a scuola. Non erano dello stesso avviso però i suoi compagni che cominciarono a prenderlo in giro pesantemente anche sui social rovinando la vita sociale del ragazzo e soprattutto ferendolo profondamente proprio in quell’età più delicata in cui ciascuna persona comincia a formare il proprio concetto di sé. Il ragazzo dai pantaloni rosa entra con garbo e rispetto nella vita di Andrea, un ragazzo come tanti, e racconta la sua storia immaginando che sia lui stesso, dall’aldilà a distanza di dodici anni dalla tragedia, a narrarla. Un espediente, quello del voice over, spesso rischioso al cinema, ma che qui diventa strumento semplice e adatto per far immediatamente entrare lo spettatore in sintonia con il protagonista della storia.
Non c’è tragicità in questo racconto mai caricato di un pathos che sarebbe stato superfluo; soprattutto si percepisce con chiarezza la determinazione, tanto nel linguaggio della regia quanto il quello della scrittura, a non indugiare né drammatizzare una storia che basta in se stessa a chiarire la gravità del suo portato.La regista Margherita Ferri e lo sceneggiatore Roberto Proia riescono a veicolare con la leggerezza necessaria un contenuto forte che prima di tutto possa arrivare direttamente all’esperienza ordinaria di ogni adolescente. Non ci sono vittime dannate e predestinate né carnefici da colpevolizzare ne Il ragazzo dai pantaloni rosa, ma solo ragazzi comuni, a tratti fragili a tratti troppo coraggiosi fino a diventare drammaticamente incoscienti, osservati nella loro vita ordinaria con le gioie, i dolori e soprattutto le piccole grandi difficoltà di fronte a cui la vita comincia a porli. Il ragazzo dai pantaloni rosa non nega qualche aspetto più drammatico della coscienza interiore del protagonista, il cui senso di fallimento resta indispensabile da raccontare, ma sempre bilanciato con la freschezza e la leggerezza di un’adolescenza comune a tanti. Samuele Carrino, Sara Ciocca e Andrea Arru, nonostante la loro giovane età, risultano perfetti e credibili nei loro ruoli, affiancati da una Claudia Pandolfi perfettamente equilibrata nella parte della madre del protagonista.
Nel 2012 il suicidio di Andrea Spezzacatena fu il primo caso a essere collegato direttamente al bullismo e in particolare al cyberbullismo. Teresa Manes, sua madre, dopo la morte del figlio entrò nel suo profilo Facebook con le credenziali che il ragazzo stesso le aveva dato poco prima di morire. Fu solo allora che Manes scoprì che alcuni compagni e compagne di classe di Andrea avevano creato un gruppo in cui si prendevano gioco di lui chiamato “Il ragazzo con i pantaloni rosa”. Quel paio di pantaloni erano stati un regalo che Teresa aveva fatto ad Andrea e che lui indossava spesso anche a scuola sono diventati un simbolo della lotta al bullismo: “ho commesso molti errori con Andrea – ha detto Teresa Manes – regalargli quel paio di pantaloni non è stato tra quelli”.Il caso di Andrea Spezzacatena è ancora ricordato non solo grazie all’impegno di sua madre – insignita nel 2022 del titolo di Cavaliere della Repubblica per la sua attività di prevenzione contro il cyberbullismo – ma anche per quella particolare circostanza, il gruppo Facebook e i pantaloni rosa, che sono rimasti impressi nella memoria collettiva. Ed è proprio il nome di quel gruppo a dare il titolo al film che ricostruisce la storia di Andrea. Roberto Proia, sceneggiatore e produttore del film, dice di essersi interessato alla storia dopo aver letto il libro di Teresa Manes. Proia ha detto di aver incontrato la donna dopo aver comprato i diritti del film per capire, insieme a lei, come raccontare la storia di suo figlio. Da quel momento in poi Manes ha letto il soggetto, la sceneggiatura ed è stata coinvolta in ogni passo della realizzazione del film, fino al final cut realizzato apposta per essere presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma. Margherita Ferri, regista del film, ha detto di aver ricevuto indicazioni precise da parte di Manes: “fate un film vitale, un film pieno di vita, com’era Andrea”.
Da qui, dalla volontà della madre, è partita la volontà di raccontare la storia del ragazzo coi pantaloni rosa come se fosse una commedia teen. Luci, colori, atmosfere ricordano da vicino Heartstopper – la serie Netflix che racconta la storia di formazione di alcune ragazzi e ragazzi LGBTQI+ – e anche la scelta di ambientare metà del film in una specie di college, contribuisce a lasciare in chi guarda la sensazione di assistere a un teen movie americano. Il film segue Andrea (Samuele Carrino) dalle medie alle superiori; l’incontro decisivo per lui è quello con Christian (Andrea Arru) ragazzo bello e maledetto e con l’amica del cuore Sara (Sara Ciocca), che sembra volerlo aiutare a integrarsi. In mezzo c’è la separazione dei genitori (interpretati da Claudia Pandolfi e Corrado Fortuna) preceduta da mesi di litigi che hanno molto colpito Andrea. Se non si fosse tutti e tutte consapevoli del tragico finale, sembrerebbe quasi di assistere appunto a un film a una serie per teenager tutto fatto di musiche accattivanti, colori pastello e con l’immancabile lieto fine d’ordinanza. La regista Margherita Ferri ha raccontato che sul set si era creato in effetti un bel clima: cast e troupe erano talmente felici di raccontare questa storia che sembrava quasi incredibile a tutti a tutte che quella che stavano raccontando, non sarebbe stata una storia a lieto fine.
Arisa, che per il film ha scritto il brano che fa da colonna sonora al film, ha parlato de Il ragazzo coi pantaloni rosa come di un’operazione di sensibilizzazione e, in effetti, non esiste definizione più precisa per descrivere questo film, pensato e realizzato per parlare a un pubblico di giovanissimi.(…