Michel Gondry
DATI TECNICI
Regia
Interpreti
Durata
Genere
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Musiche
Distribuzione
Nazionalità
Anno
Attività
Presentazione e critica
(…) Nel Libro delle soluzioni Gondry parla di sé stesso, e di una depressione che l’ha tenuto lontano dal cinema per molti anni, prima di questo esemplare ritorno. Un ritorno in cui si ritrova tutta l’idea lo-fi, artigianale, ipercreativa del cinema che l’ha reso famoso e adorato in tutto il mondo.
Non serve aver visto il bellissimo L’épine dans le coeur per capire che ciò che racconta dell’amata zia Suzette, qui “doppiata” dalla Françoise Lebrun di La maman et la putain, è vero e viene dal profondo. Non serve nessuna conoscenza pregressa per comprendere, con gli occhi e con il cuore, prima che con la testa, che Gondry qui, sotto l’abito da commedia esilarante e piena di incredibile inventiva (basti pensare alla regola della seconda marcia, al momento dell’orchestra e della registrazione della colonna sonora, al camiontaggio), sta facendo un doloroso quanto doveroso atto di ammenda e di resa.
Presentando scuse pubbliche, in modo goffamente irresistibile, e a modo suo sinceramente commovente, alle persone che ama, e da cui è amato.
Raccontando senza filtri, se non quelli della sua creatività rigorosamente analogica (non per testardaggine, ma perché non gli è possibile fare altrimenti), la sua inadeguatezza e il suo essere sfasato rispetto al mondo, alle persone, alla società. Incapace di confrontarsi fino in fondo perfino con la propria opera (Marc non vuole mai vedere il montato del suo film, che vedrà solo la sera della prima, sprofondato per la vergogna nella sua poltrona), Gondry è in qualche modo inadatto a confrontarsi con la vita vera, che nei suoi film reinventa secondo le coordinate della sua inesauribile fantasia basta sul riutilizzo e sull’artigianato.
In qualche modo, allora, l’impressione è che Il libro delle soluzioni stia alla realtà della vita del suo autore così come le videocassette rigirate da Jack Black e Mos Def nel geniale e sottovalutato Be Kind Rewind stavano ai film originali che una volta contenevano. Non a caso il capitolo 1 del suo libro delle soluzioni recita: “Il fallimento è una sequenza di soluzioni intervallate da problemi. Il successo è una sequenza di problemi, intervallati da soluzioni”.
Che non è la descrizione di un processo creativo, o cinematografico. È la descrizione della vita. Della sua, di Gondry, come della nostra.
(…) Tutto inizia da una fuga, quella di Marc che abbandona il progetto a cui sta lavorando per divergenze con la produzione, per rintanarsi in un luogo sicuro (casa della zia in un piccolo villaggio isolato nelle Cevennes) nell’intento di continuarlo insieme a un piccolo gruppo di fedeli collaboratori. Una situazione apparentemente ottimale, al sicuro dalle imposizioni dall’alto che rischiavano di stravolgere l’opera che aveva in mente, ma di fatto impossibile da gestire: estroso, impulsivo e caotico, infatti, Marc viene travolto da una creatività fuori controllo ed esplosiva che inizia a correre in molteplici direzioni diverse, gettando la produzione nel caos più totale. Necessario quindi metter mano a un manuale, Il libro delle soluzioni del titolo, che possa raccogliere modi per affrontare e risolvere ogni possibile problema. Suo e del mondo.
Ha un non so che di personale, di autobiografico, l’approccio al racconto e al personaggio di Marc che Michel Gondry fa ne Il libro delle soluzioni: il suo modo caotico di affrontare il lavoro e la sua componente più libera e artistica ha il sapore di una confessione, un mettere le mani avanti, ma allo stesso tempo un elogio di questo modo sovversivo di affrontare il processo creativo. Ne è un esempio lampante, sfolgorante, la bellissima sequenza della creazione della composizione delle colonna sonora, con una direzione d’orchestra improvvisata, spontanea e travolgente. In tal senso Il libro delle soluzioni spicca come bellissimo elogio della procrastinazione, delle distrazioni che non allontanano dal risultato ma vi ci portano per via traverse, inattese, sorprendenti. Gondry sembra dirci che è solo nella deriva del pensiero, nella libertà creativa totale e incontrollata, che si può ottenere l’arte vera e pura.
Michel Gondry riflette sulla necessità di avere il controllo creativo e parallelamente sulla difficoltà di ottenerlo nel contesto produttivo odierno. Ma lo fa senza salire sul pulpito per offrire una sterile lezione di cinema e di gestione di un progetto, lo fa veicolando questo ragionamento, così come quello a cui abbiamo accennato in precedenza, attraverso un impianto da commedia surreale, con un riuscito equilibrio tra riflessione e intrattenimento. Il libro delle soluzione è così un film che intrattiene, che diverte con più di una sequenza particolarmente riuscita per tempi, ritmo e trovate, ma che lascia a fine visione con più di un seme pronto a germogliare nella mente dello spettatore in una riflessione stimolante e compiuta. Non è forse il film che vi farà innamorare di Michel Gondry se non lo apprezzavate in precedenza, ma se eravate già suoi estimatori sarà quella conferma che mancava da qualche anno.
È un buon ritorno quello di cui vi abbiamo parlato nella recensione de Il libro delle soluzioni, un film che ci restituisce un Michel Gondry a fuoco, efficace nel divertire e lasciare spunti di riflessione nello spettatore, raccontandoci la storia di Marc e del suo libero approccio al lavoro e al processo creativo. Quasi un elogio della procrastinazione, della distrazione, che si accompagna a più di una sequenza efficace per trovate, modi e tempi del racconto