Margherita Vicario
DATI TECNICI
Regia
Interpreti
Durata
Genere
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Musiche
Distribuzione
Nazionalità
Anno
Attività
Presentazione e critica
Gloria! inizia, e subito ci viene spiegato dove e quando siamo: in un orfanotrofio femminile, alle porte di Venezia, nel 1800. Subito, ci viene reso evidente che la protagonista del film si chiama Teresa, è quella che ai tempi si chiamava una serva, che è muta (o così pare) e che ama i bambini.
E e che ha un orecchio straordinario per la musica. Un orecchio che le permette di tramutare in musica qualunque cosa.
E allora, se pure qualcuno si fosse fugacemente spaventato all’idea di star per vedere la storia dickensiana di una servetta di un orfanotrofio femminile alle porte di Venezia nel 1800 – qualcosa che pure in parte Gloria! è: ma Gloria! è tante cose, tutte assieme, tutte fatte molto bene – ecco che subito Margherita Vicario mette in chiaro come stanno le cose, con una sequenza in cui colpi di ramazza, passate di straccio e tante altre attività domestiche che si svolgono allo stesso tempo nel cortile dell’istituto, diventano un vero e proprio concerto, se ascoltato con le orecchie di Teresa.
In quell’orfanotrofio ci sono poi Lucia, Bettina, Marietta e Prudenza, quattro ragazze legatissime tra loro – si considerano sorelle – che sognano una vita migliore e che, intanto, vengono educate allo studio e all’esecuzione della musica sotto la ruvida guida di Don Perlina, il prete che non solo guida l’istituto, ma che è anche un rinomato compositore. Con qualche segreto nel cassetto.Una notte, chissà da dove, all’istituto arriva un pianoforte, che Perlina nasconde in uno scantinato ma che viene scoperto prima da Teresa, e poi da Lucia e da tutte le altre, attratte in quel luogo dalla musica che, ogni notte, la ragazza esegue facendo volare le dita sulla tastiera.
Lucia e le sue amiche saranno anche orfane, ma Teresa è pur sempre una serva, e all’inizio la guardano con superiorità. Poi scatta una rivalità musicale dettata dall’orgoglio. Ma alla fine, ipnotizzate da un talento musicale innato e anarchico, tra una nota e l’altra, nascerà una vera amicizia.
Il tutto all’insaputa di Perlina, che sta lottando contro una drammatica mancanza d’ispirazione e che è sempre più alle strette in vista di un concerto che gli è stato commissionato e che dovrà eseguire con le sue ragazze alla presenza di Sua Santità Pio VII. A questo punto dovrebbe essere già chiaro che, oltre che a una vicenda dickensiana (resa ancora più evidente dal fatto che Teresa ha avuto un bambino che le è stato tolto, e che guarda da lontano; e ci sono anche echi austeniani in parte della trama che riguarda la Lucia di Carlotta Gamba), Gloria! è un film che racconta una storia di sorellanza femminile. Una storia addirittura femminista, nei modi in cui si sviluppa e in cui si conclude, e che tutto questo ha un legame stretto e inscindibile con la musica.
Perché modo suo il film di Margherita Vicario è (anche, quasi) un musical, un musical alla Jeannette, che ha il coraggio e la visionarietà di mescolare suggestioni pop a una struttura tradizionale.
Raccontato e fotografato con uno stile classico e chiare suggestioni pittoriche, quasi a voler evocare modelli come il Barry Lindon di Kubrick, se mi passare un termine di paragone estremo, o magari La favorita di Lanthimos, Gloria! fa con la musica – con la musica “da strega” di Teresa, che fa saltellare le dita sulla tastiera come grilli, producendo sonorità tra il jazz, il blues e il pop, in anticipo sui tempi di più di un secolo – quello che Sofia Coppola aveva fatto con le All Star nel suo Marie Antoinette. (…)
(…) Essenzialmente, Gloria!, è un film di ribelli. Un film classico, ma che si approccia alla modernità tramite la figura di Teresa, costantemente accompagnata dalla musica originale composta dalla stessa Marghertia Vicario in feat. con Dade. Tempo, musica, ribellione. Dall’Ancien Régime napoleonico, ad un vento nuovo che soffia verso la leggerezza pop di cui la Vicario è portavoce. Per questo, in apertura di recensione, abbiamo spiegato quanto il film rifletta la sua regista: in un certo senso, Gloria! è un manifesto femminile che parla la lingua contemporanea in uno specchio lontano duecento anni, trattando l’emancipazione di genere, l’emancipazione sociale (contro l’asfissiante giudizio della religione) e l’emancipazione artistica, nonché prendendo posizione verso la legittimazióne della musica (e dell’arte in generale) come un vero e proprio lavoro (e più potente della religione).
Per questo, nella sua arricciata scena, rifacendosi alla corrente pittorica del Naturalismo e del Realismo per la sua candida lucentezza (buona la fotografia di Gianluca Palma), Gloria!, ma nonostante una lunghezza che tende alla sottolineatura eccessiva (e quindi, tendente a strafare), merita una sostanziale attenzione. Anche perché Gloria!, per Margherita Vicario, e per il cinema italiano, è un nuovo punto di partenza, una promessa (negli ultimi anni ce ne sono state diversi, non tutte mantenuti). E finito il film, senza un vero motivo in particolare, abbiamo già voglia di vedere la (futura) opera seconda della regista. Una regista pop, come il suo cinema, come la sua musica. Cinema di luce, cinema di musica, cinema di ribellioni. Margherita Vicario all’esordio come regista convince, pur bloccandosi – a volte – in una forma visiva troppo compiaciuta. Tuttavia, come scritto nella recensione di Gloria!, l’opera suggerisce ottimi spunti, facendoci intravedere un percorso registico che abbiamo voglia di continuare ad esplorare.