George Miller
DATI TECNICI
Regia
Interpreti
Durata
Genere
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Musiche
Distribuzione
Nazionalità
Anno
Attività
Presentazione e critica
Mentre il mondo va in rovina, la giovane Furiosa viene strappata dal Luogo Verde delle Molte Madri, e cade nelle mani di una grande Orda di Motociclisti guidata dal Signore della Guerra Dementus. Attraversando le Terre Desolate, si imbattono nella Cittadella presieduta da Immortan Joe. Mentre i due tiranni si battono per il predominio, Furiosa deve sopravvivere a molte prove e mettere insieme i mezzi per trovare la strada di casa. Arriva al cinema dopo il passaggio a Cannes 77 fuori concorso, Furiosa: A Mad Max Saga, quinto capitolo del mondo a cui George Miller diede i natali nel lontano 1979 e prequel del Fury Road con Tom Hardy e Charlize Theron del 2015, film che fece scuola ridefinendo il genere action.
Stavolta Miller punta al passato della sua saga con Taylor-Joy che vesti i giovani panni della Furiosa che fu già di Charlize Theron, braccata da un Hemsworth in forma smagliante. Furiosa risuona prepotentemente nella sala come ci aveva già abituato il chitarrista “fiammeggiante” di Fury Road, il Doof Warrior che caricava le truppe con l’heavy metal di Tom Holkenborg (i fantastici suoni apocalittici di Junkie XL), e proprio come il suo predecessore fa venire voglia di guidare una blindocisterna. Miller mantiene tutte le fiamme e i motori rombanti che hanno reso celebre il suo Mad Max, ma con Furiosa dilata i silenzi, gli sguardi e centellina la rabbia nei dialoghi e le parole stesse.
Il film si configura come un racconto di formazione quando Furiosa assume il ruolo di faro di speranza, e si trasforma in un film di vendetta quando lei diventa un presagio di dolore. Furiosa cerca di bilanciarsi tra la frenesia e la tenerezza ed è per questo diverso da Fury Road, ma non tenta nemmeno di replicarlo e anzi vuole essere qualcos’altro. La storia è tutta così perfettamente incannellata, fatta di capitoli che compongono un puzzle che pezzo dopo pezzo acquista una dinamicità tale che ribadisce quanto le parole siano superflue: le Terre Desolate sono queste, cos’altro c’è da spiegare? La più grande sequenza d’azione di Furiosa vale già da sola tutto Fury Road.
La complicità della Taylor-Joy è unica (in coppia poi con il Pretorian Jack di Tom Burke – è stato Orson Welles in Mank di David Fincher) e Hemsworth dimostra che oltre Mjöllnir c’è molto di più. Nella giostra di coreografie esplosive di Furiosa, la lunga resa dei conti è shakesperiana, silenziosa: se Fury Road poteva essere l’ultimo western moderno, Furiosa è davvero l’ultimo film muto moderno. George Miller è un maestro nel riprende il viaggio dell’eroe e trasformarlo, portandolo al livello successivo. Furiosa non è (solo) il viaggio dell’eroina, ma è fuoco e fiamme, gioie dello stridente inferno d’acciaio unico che è il mondo delle Terre Desolate della fury road. Solo George Miller poteva e può plasmare l’azione al cinema così
Ci sono voluti nove anni per mettere assieme il progetto, trovare il giusto cast e girare le due ore e mezza di inseguimenti, esplosioni e violenza. 148 minuti nei quali Furiosa passa dall’essere un’innocente bambina, per quanto possa essere innocente qualcuno nato in questo futuro distopico, al divenire uno dei principali alleati di Immortan Joe, lo spaventoso capo della Cittadella che abbiamo imparato a conoscere e temere in Fury Road. In questo caso non è lui che proverà a mettere il bastone tra le ruote (chiodate) della protagonista, ma Dementus, l’ambizioso capo di un’orda di motociclisti interpretato da Chris Hemsworth. Da qui partirà un furioso tira e molla tra i due che porterà allo status quo della precedente pellicola che, per chi non lo sapesse, in realtà è cronologicamente il seguito diretto di Furiosa: A Mad Max Saga.
A George Miller, evidentemente, piace che il protagonista dei suoi Mad Max parli poco. Similmente a quanto fatto da Tom Hardy in Fury Road, anche la Furiosa di Anya Taylor-Joy è una protagonista taciturna, schiva e imbronciata, molto diversa dall’eroina più aperta e empatica che conoscevamo. Serviva quindi un’attrice in grado di saper comunicare più col viso, o meglio con gli occhi, che con le parole e la scelta è ricaduta su Anya Taylor-Joy, salita alle cronache anche per serie La regina degli scacchi, dove aveva già stregato tutti per il suo affascinante sguardo. Una scelta azzeccata, visto che le bastano gli occhi per trasmettere rabbia, sdegno, dolore, speranza.
Quello che interessava di Chris Hemsworth, invece, era il fisico statuario, non la celebre bellezza dell’ex Dio del tuono, oltre che la vena comica mostrata nello sfortunato Ghostbusters del 2016. Il suo Dementus è un personaggio complesso, carismatico, scaltro, contorto. Capace di grandi crudeltà, ma anche di inaspettata dolcezza, di grandi macchinazioni, ma anche di scelte dementi come il suo nome. Un buon nemico sul quale imperniare gli inseguimenti, le scene d’azione e le battaglie di questo primo film della Saga di Mad Max, peccato che tutta la tensione e le sue astuzie si scontrino col fatto che sappiamo benissimo come finirà il tutto. Solo coloro che avranno la fortuna di vedere Fury Road dopo Furiosa potranno, almeno per qualche istante, temere che le minacce di Dementus possano avere un qualche impatto. Se dal punto di vista della storia questo sequel paga un po’ la sua natura, dal punto di vista dell’ambientazione Furiosa: A Mad Max Saga funziona alla perfezione. Non importa che abbiate visto Fury Road o meno, la scoperta di alcuni luoghi dei loghi citati in quella pellicola sarà una piacevole sorpresa per i vecchi e i nuovi fan di Mad Max. Quello che George Miller fa alla perfezione è unire i puntini del suo universo, quello che in gergo anglofono chiameremmo world building, ponendo le basi per una mitologia più complessa, fatta di avvenimenti storici (la guerra dei 40 giorni), luoghi leggendari, rapporti di forza ben espressi. Perché Immortan Joe è così venerato? Cosa lo lega a Gastown? Dove è Bullet Farm? A tutte queste cose Miller dà una risposta, creando un universo tanto distorto quanto affascinante, ricco di scorci meravigliosi, ma soprattutto di trovate scenografiche e mezzi di trasporto davvero azzeccati, che talvolta sembrano strizzare l’occhio ai mezzi volanti di Miyazaki e dello Studio Ghibli, pur rimanendo ferocemente ancorati all’universo fatto di sangue e fuoco di Mad Max.
Ne vengono fuori nuovi inseguimenti al cardiopalma, perfettamente coreografati e altamente spettacolari che, nel tentativo di rispettare la grammatica di Fury Road, perdono forse quel pizzico di cuore e viscere che avevano reso immortale il primo capitolo; nonostante questo Furiosa: A Mad Max Saga riuscirà a strapparvi letteralmente dalla poltrona, proiettandovi sull’arida pista che unisce la Cittadella con Gastown e Bullet Farm.