Freud – L’ultima analisi

Matt Brown

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Freud, famoso psicanalista, discorre di massimi sistemi con C. S. Lewis, futuro autore di "Le cronache di Narnia". Uno non crede e non ha fede, l'altro sì profondamente, entrambi si sforzano a battere l'altro esponendo e dibattendo ampiamente le proprie tesi. Nel frattempo intorno a loro tutto si disgrega, gli allarmi di bombardamento fanno tremare, a due giorni dell'invasione nazista della Polonia e dall'inizio di una guerra disastrosa si distribuiscono per strada le maschere antigas e si evacuano i bambini. C'è anche Anna Freud, figlia omosessuale di Sigmund Freud, con cui quest'ultimo ha un rapporto morboso e complesso. Sarà la pioniera della psicanalisi infantile.

DATI TECNICI
Regia
Matt Brown
Interpreti
Anthony Hopkins, Matthew Goode, Liv Lisa Fries, Jodi Balfour, Stephen Campbell Moore, Jeremy Northam, Orla Brady, Pádraic Delaney, Aidan McArdle
Durata
108 min.
Genere
Drammatico
Sceneggiatura
Mark St. Germain
Fotografia
Ben Smithard
Montaggio
Paul Tothill
Musiche
Coby Brown
Distribuzione
Adler Entertainment
Nazionalità
Irlanda, Gran Bretagna, USA
Anno
2023
Classificazione
6+

Presentazione e critica

Freud, famoso psicanalista, discorre di massimi sistemi con C. S. Lewis, futuro autore di “Le cronache di Narnia“. Uno non crede e non ha fede, l’altro sì profondamente, entrambi si sforzano a battere l’altro esponendo e dibattendo ampiamente le proprie tesi. Nel frattempo intorno a loro tutto si disgrega, gli allarmi di bombardamento fanno tremare, a due giorni dell’invasione nazista della Polonia e dall’inizio di una guerra disastrosa si distribuiscono per strada le maschere antigas e si evacuano i bambini. C’è anche Anna Freud, figlia omosessuale di Sigmund Freud, con cui quest’ultimo ha un rapporto morboso e complesso. Sarà la pioniera della psicanalisi infantile.

Un film che si regge completamente sull’ennesima maestosa interpretazione di Anthony Hopkins. Si tratta di Freud – L’ultima analisi, adattamento cinematografico dell’omonimo dramma di Mark St. Germain, tratto dal saggio “The Question of God” di Armand Nicholi. Vale la pena dirlo subito: l’incontro su cui si concentra il film, quello tra Sigmund Freud e C.S. Lewis, non è mai avvenuto. Spunto interessante che rende altrettanto curioso l’instancabile dibattito tra un grande maestro del pensiero del Novecento e un futuro scrittore che si presenta in tutto il suo afflato mistico e spirituale. Se dentro lo studio di Freud si dibatte di anima e interiorità, fuori tuttavia sta per scoppiare l’inferno: Londra è in pieno stato d’allerta, maschere antigas sono state distribuite, ci si rifugia nei bunker per i bombardamenti.

La scena dell’attacco di panico è forte e metaforica di una tensione costante in attesa della catastrofe, che arriverà di lì a due giorni con l’invasione della Polonia e lo scoppio della guerra mondiale. Una guerra che infuria «di nuovo», sottolinea il protagonista, un Hopkins ancora una volta in stato di grazia, capace di tenersi sulle spalle tutto il film interpretando un Freud ormai gravemente malato di tumore che si ostina a non arrendersi alle pene del corpo, ma resiste a colpi di morfina, in compagnia del suo inseparabile cane. Il confronto con il futuro scrittore di “Le cronache di Narnia” non è del tutto impari, colpisce la determinazione a rappresentarlo anche come incontro/scontro generazionale: da una parte uno degli uomini più influenti dell’epoca (e non solo), un maestro che ha segnato e rivoluzionato la storia della medicina e della filosofia, e che di lì a poco praticherà l’eutanasia su se stesso. Dall’altra un giovane professore saputello di Oxford che diventerà uno scrittore di fama mondiale.

Nel mezzo il racconto di un altro personaggio chiave nella vita di Freud, sua figlia Anna. Si racconta la sua relazione omosessuale e scandalosa per l’epoca con Dorothy Burlingham, il complesso di Edipo mai risolto con suo padre e l’irruzione della Gestapo per arrestarla. Neanche a dirlo, la performance di Hopkins ruba a tutti la scena (…) il film si attesta su un livello interessante su un piano di puro approfondimento, e anche per delle chicche che riporta alla memoria dello spettatore, come la descrizione puntuale della curiosa collezione privata di reperti storici di Freud.

 

Mymovies

Durante il Secondo Dopoguerra una delle prerogative della letteratura novecentesca era quella di ideare generi, sottogeneri e spunti vari ed eventuali, mossi dalla voglia di creare una discussione interna allo sviluppo del pensiero occidentale. Non c’era un nome specifico per questo tipo di scritto (poi qualcuno propose “colloquio fantastico postumo”) che si traduce nell’invenzione di un dialogo fantasioso (perché non possibile nella realtà) tra due intellettuali dalle posizioni divergenti. In Italia abbiamo avuto un grande esempio di questo affascinante genere durante la metà degli anni ’70, quando la RAI produsse due stagioni di, appunto, “Interviste Impossibili”, format curato da grandi nomi dell’epoca, come Carmelo Bene, Italo Calvino, Umberto Eco e via discorrendo, che immaginavano di intervistare interlocutori come l’uomo di Neanderthal. Ecco, Freud – L’ultima analisi è, se vogliamo, una variante proveniente dalla medesima matrice creativa.

Non è un caso che la pellicola diretta da Matt Brown che immagina una conversazione immaginaria tra Sigmund Freud e C. S. Lewis su Dio e la religione cattolica, proviene dal mondo letterario, essendo adattamento dell’omonima pièce teatrale di Mark St. Germain, a sua volta tratta dal saggio The Question of God di Armand Nicholi. Quello che ne esce è infatti un ibrido tra teatro, cinema e parola scritta, riuscito soprattutto per le prove di Anthony Hopkins e Matthew Goode, anche se, come vedremo, non è detto sia proprio tutto quanto campato in aria. Freud – L’ultima analisi, in quanto opera cinematografica, si basa sulla possibilità che quello studente di Oxford che si recò nella casa londinese di Sigmund Freud alla vigilia dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, quindi poche settimane prima che il padre della psicoanalisi si spense a causa del carcinoma della bocca che lo affliggeva fin dai suoi ultimi anni viennesi, fosse niente poco di meno che C. S. Lewis.

Un contesto semipossibile che però lascerebbe spazio ad una conversazione assolutamente stimolante tra due vissuti fatalmente differenti e due menti apparentemente inconciliabili. Freud, da una parte, era un uomo di metà ‘800, nato ebreo, ma fortemente agnostico in quanto scienziato a tutto tondo, mentre, dall’altra, Lewis era un letterato di fine secolo, convertito alla fede cattolica dopo la sua traumatica esperienza vissuta in occasione della Grande Guerra.La casa dello psichiatra, ritratta nella nerissima data dell’invasione nazista della Polonia, diventa una “spelonca nel deserto” dove i due possono non solo dibattere su Dio, ma sulle loro idee nei riguardi della vita, della Storia, delle relazioni e della natura umana. Un sogno dentro la realtà, quindi il luogo (freudianamente) ideale dove poter riuscire a cambiare punto di vista su loro stessi. Evento che potrebbe essere utile non solo ai due contendenti, ma anche per il “terzo incomodo”, la giovane Anna, un satellite che gira intorno alla dimora e, di conseguenza, alla vita del padre. È francamente molto difficile (anche per la mente più brillante, fantasiosa ed esperta) pensare ad una traduzione fiction audiovisiva efficace di un dialogo che possa coinvolgere uno come Sigmund Freud. Basti dare un’occhiata al suo apporto epistolare con Einstein (tra l’altro brevemente citato). Viene da sé che un’operazione come quella di Freud – L’ultima analisi risultava affasciante ma complessa a dir poco. Quello che fa Matt Brown è immaginare un’impostazione fortemente teatrale, mettendo da parte le argomentazioni più cervellotiche e nozionistiche per dare un palcoscenico il più possibile sgombro ai suoi due tenori, anche a costo di abbassare il tono della discussione. Il format viene poi espanso grazie agli strumenti del cinema, che permettono di viaggiare istantaneamente indietro e avanti nel tempo, e dietro di esso viene posto il vissuto della figlia di Freud, sulla cui figura la conversazione finisce irrimediabilmente per piegarsi durante la conversazione più e più volte, fino allo svelamento della disfunzionalità del rapporto con il padre. Lo schema di Freud – L’ultima analisi è quella di una seduta reciproca tra i contendenti, che si esaltano, soprattutto Anthony Hopkins, quando vengono messi in crisi. (…) Matt Brown tenta il colpaccio portando sullo schermo Freud – L’ultima analisi, tratto dal saggio, già pièce teatrale, di Armand Nicholi, che immagina un dialogo su Dio tra Freud e C. S. Lewis. Nel farlo recluta due pezzi da novanta come Anthony Hopkins e Matthew Goode e lascia loro il palco, puntando sulle interpretazioni per poi tentare la carta del rapporto padre – figlia. (…)

 

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