Empire of Light

Sam Mendes

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Empire of Light, film diretto da Sam Mendes, è una storia d'amore ambientata nell'Inghilterra degli anni Ottanta e che ruota attorno a un vecchio e meraviglioso cinema, sito sulla costa meridionale inglese.
DATI TECNICI
Regia
Sam Mendes
Interpreti
Olivia Colman, Michael Ward, Toby Jones, Colin Firth, Monica Dolan, Ron Cook, Sara Stewart, Tom Brooke, Justin Edwards, Tanya Moodie, Crystal Clarke, Hannah Onslow
Durata
115 min.
Genere
Drammatico
Sentimentale
Sceneggiatura
Sam Mendes
Fotografia
Roger Deakins
Montaggio
Lee Smith
Musiche
Thomas Newman
Distribuzione
Walt Disney Studios Motion Pictures
Nazionalità
Gran Bretagna, USA
Anno
2022
Classificazione
Tutti
Attività

Presentazione e critica

Steven Spielberg, Paolo Sorrentino, Damien Chazelle, James Gray, Alejandro González Iñárritu e, appunto, Sam Mendes. Saranno i tempi nerissimi, eppure, ultimamente, sono tanti gli autori che cercano rifugio nel cinema, mettendo in scena la loro memoria che, per magia, diventa memoria condivisa di una platea in cerca di emozioni. Un cinema personale, privato, intimo. Il frutto dei loro ricordi più dolci, delle ossessioni più indicibili. La culla, la certezza, la speranza che si accende in un flusso di luce, proiettato nel perimetro bianco di uno sogno che sfugge. Per necessaria brevità, la recensione di Empire of Light sarebbe dovuta essere suddivisa in due parti distinte, dovendo approfondire le sue due correlate realtà: da una parte l’oggettività di opinione, dall’altra la soggettività dirompente che, appunto, ha voluto dipingere Sam Mendes nel suo nono lungometraggio. Il regista britannico, premio Oscar per uno dei più grandi film di inizio Millennio (American Beauty), concepisce così il suo film maggiormente sentito, e scaturito da una sorta di vitale bisogno: tornare dove tutto è cominciato, fare i conti con il passato, provare a capirlo e, in qualche modo, a perdonarlo.(…)

(…) Sam Mendes, ci porta e ci riporta in un’epoca lontana, di quando l’odore del cinema era intriso di pop-corn e di moquette ammuffita; di quando la pellicola girava lassù, vorticosamente, in una cabina che, oggi, non esiste più. La ricostruzione di un universo ormai perduto, di contraltare al profilo di una donna e di un ragazzo che hanno intrapreso lo stesso percorso – lo Stephen di Micheal Ward è, a tutti gli effetti, il protagonista maschile -, accettandosi e accettando le loro innumerevoli storture. Come la pellicola avvolta in una bobina, che inizia e poi finisce, Empire of Light di Sam Mendes è un film sulle seconde possibilità. Sulla rinascita. Sui secondi tempi. Sulla potenza catartica delle immagini. Una cartolina spazio-temporale, che suona prima Joni Mitchell e poi Bob Dylan (sì, troverete una grande soundtrack), ricordandoci amorevolmente quanto “la vita sia uno stato mentale”.

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Difficilmente troverete due persone che la pensino allo stesso modo su Sam Mendes, regista che ha conosciuto alti e bassi non tanto dal punto di vista qualitativo ed estetico, ma per quello che riguarda il gradimento della critica e del pubblico. Empire of Light è il suo nuovo film, forte di un grande cast, nonché di una sceneggiatura che solo apparentemente è semplice, nella realtà è una delle più audaci viste ultimamente, il che forse spiega anche perché non abbia avuto quell’accoglienza calorosa che oggi viene destinata solo a film di facile fruizione e comprensione.

La vita di Hilary non è esattamente quella che tutti sogniamo. Cinquantenne, da poco tornata a lavorare nel multisala più importante di una città del Kent, è però una donna molto sola, molto triste e depressa. Donald Ellis il direttore del cinema, la usa sostanzialmente come una sorta di passatempo sessuale, la umilia e il resto della sua vita è sostanzialmente vuota, si sente invecchiata e poco attraente, non ha amici o vita sociale. Tutto questo cambia quando al cinema fa la sua comparsa Stephen , un ragazzo di origini africane, molto attraente, allegro e che fin da subito mostra una spiccata simpatia per quella donna, anche se all’inizio ne viene maltrattato.
Nel giro di poco tempo il rapporto tra i due si farà più intimo, al netto di sensi di colpa, chiacchiericci e della situazione tutt’altro che semplice dell’Inghilterra di quegli anni ‘80 stretta tra thatcherismo, crisi economica, tensione politica e razzismo. Ma che sarà di loro due?
Empire of Light ci offre una storia d’amore atipica, fragile eppur potente, lo fa basandosi su una sceneggiatura scritta da Mendes con Pippa Harris che pone soprattutto al centro di tutto non tanto l’iter diegetico in sé, ma i personaggi, la loro psiche, il loro reagire alla vita con le sue difficoltà.
Empire of Light strizza l’occhio alla cinematografia autoriale transalpina, così come a quella dell’Italia che fu, rimanendo però sotto le righe, con un tono compassato che rende il tutto ancora più verosimile, più umanamente coinvolgente. Un film con cui Sam Mendes conferma di essere non un regista per tutti, ma un regista che tutti dovrebbero scoprire, per la sua capacità di essere atipico, sensibile, distante dalla volontà di imboccare il pubblico costantemente, di fare della vita un ritratto per immagini semplicistico e lineare.

Sam Mendes sfida la nostra sensibilità con un film che ha già diviso ampiamente Oltreoceano e Oltremanica, che molti hanno paragonato a The Fabelmans di Spielberg e a Babylon di Chazelle, a quella lista di opere che parlano di cinema, in un momento in cui le sale sono in grandissima sofferenza, secondo molti addirittura sull’orlo dell’estinzione. Eppure, la realtà è che Empire of Light è soprattutto un film sul dolore e la solitudine, nonché uno spaccato sociale e storico di grande interesse. Sam Mendes si conferma soprattutto un regista in grado di dare un senso pittorico unico alle sue immagini, di comporle e poi scomporle con una maestria che pochi oggi al mondo possono rivendicare. Se con 1917 si era parlato di una certa freddezza del suo stile, di una sceneggiatura troppo evocativa, questo film invece ci ricorda che più che di freddezza, la sua la volontà è quella di dare tutto quello che può ai personaggi, alla loro caratterizzazione. Tra i tanti registi odierni, ben pochi hanno la capacità di descrivere e tratteggiare personalità al femminile come lui, che qui ci ricorda ancora una volta quanto Olivia Colman sia una delle più grandi attrici della sua generazione. Lei, la sua Hilary, sono il simbolo di un film molto antiamericano, anche in virtù di un’estetica che per quanto curata, è molto distante dall’essenza glamour e patinata che in questo momento Hollywood cerca di affibbiare a qualsiasi cosa, a dispetto del genere.
Empire of Light è soprattutto micronarrazione rappresentativa di quegli anni ’80, in cui ci si dimentica di quanto problematico fosse il Regno Unito e quanto soprattutto fosse difficile essere diversi dalla norma. Tutti elementi resi in modo equilibrato, all’interno di una storia d’amore atipica per età e per personalità dei due protagonisti.

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