Decision to leave

Park Chan-wook

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Festival di Cannes 2022, premio per la miglior regia

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La storia del detective Hae-Jun alle prese con la misteriosa morte di un uomo, che s'imbatte nella moglie della vittima divenuta la principale sospettata del caso. Durante l'interrogatorio e le successive indagini il detective si renderà conto di iniziare a provare per la vedova sentimenti contrastanti, sviluppando una sorta di ossessione nei confronti della donna. Questo lo porterà a mettere in dubbio il suo senso del dovere.
DATI TECNICI
Regia
Park Chan-wook
Interpreti
Tang Wei, Park Hae-Il, Lee Jung-hyun, Go Kyung-Pyo, Yong-woo Park
Durata
138 min.
Genere
Drammatico
Sentimentale
Thriller
Sceneggiatura
Jeong Seo-kyeong, Park Chan-wook
Fotografia
Kim Ji-young
Montaggio
Kim Sang-Beom
Musiche
Yeong-Wook Jo
Distribuzione
Lucky Red
Nazionalità
Corea del Sud
Anno
2022

Presentazione e critica

Il detective Hae-Jun è alle prese con la misteriosa morte di un uomo, apparentemente avvenuta durante una scalata Durante le indagini, s’imbatte nella moglie della vittima, Seo-rae, una donna di origini cinesi alquanto misteriosa, divenuta la principale sospettata del caso.
Durante l’interrogatorio e le successive indagini il detective si renderà conto di iniziare a provare per la vedova sentimenti contrastanti, sviluppando una sorta di ossessione nei confronti della donna. Questo lo porterà a mettere in dubbio il suo senso del dovere.

Park Cha-wook realizza un film estremamente classico, che ha le atmosfere delle grandi pellicole noir, un’opera profondamente hitchcockiana, molto distante dalla filmografia a cui eravamo abituati. Ma si sa, per sopravvivere bisogna evolvere, e il regista sudcoreano con Decision to Leave compie un’evoluzione inaspettata e bellissima realizzando quello che è già da subito uno dei più bei film del 2023.
Dopo la “Trilogia della Vendetta”, Park Chan-wook non ha più sete di sangue, ma fame d’amore: un amore che non è fatto di contatto fisico ma di sguardi, non di sesso ma di gesti gentili, non di lettere ma di messaggi vocali, di voce e non di parole, di mistero, di doppi, di passione e tensione.
Un rapporto a due basato sul conflitto più estremo, poiché lui è un poliziotto e lei una possibile assassina: eppure i due si scambiano le cure più amorevoli, lui cucina per lei, e lei cerca di fargli passare l’insonnia raccontandogli storie sottovoce. Un legame che ha già al suo interno l’ineluttabilità della fine.

La tenerezza prende il posto della violenza, in questo splendido thriller romantico e conturbante, che non può non far pensare a La donna che visse due volte, dove due anime simili e solitarie iniziano a passare del tempo insieme.
Non sempre si sa dove si sta andando durante la visione di questo film: la maggior parte del tempo ci si sente disorientati e impotenti, esattamente come quando ci si innamora. Ma il regista sudcoreano ci chiede di seguire il flusso, come succede con le maree: il flusso salirà e scenderà ma alla fine ne sarà valsa la pena.
Se ogni storia d’amore è una storia di fantasmi, allora le due anime di questa storia – che si inseguono, si tracciano, si cercano, si perdono, si spiano, si curano – sono insieme vittime e carnefici, manipolati e manipolatori, un mistero l’uno per l’altra eppure l’unica persona che si ha l’impressione di aver mai conosciuto.
Un film che rimane incollato agli occhi come fa la cellulosa con la saliva.

Masedomani.com

La prima metà di questo poliziesco d’autore è un susseguirsi di trovate originali, di guizzi registici, di piccole gemme di scrittura che si incastonano a formare un mosaico narrativo prezioso. (…) Nella precisione del racconto e nella delineazione delle psicologie dei due protagonisti Decision to leave segue in maniera esplicita le coordinate della commedia romantica, salvo però inserirle in una detective-story in piena regola, dove il non detto – o meglio in questo caso il “lost in translation” – creano un effetto dolcemente straniante, un’atmosfera particolare che coinvolge lo spettatore in un gioco psicologico affascinante. Il film viaggia spedito e brioso verso una seconda metà in cui invece si trasforma in un melodramma romantico, senza però perdere di efficacia. Questo scivolamento costruito in maniera tanto specifica e coerente risulta estremamente difficile da trovare nel cinema contemporaneo, a conferma della lungimiranza con cui Park Chan-wook sa realizzare i propri lungometraggi. A livello ideale e cinematografico dunque Decision to Leave possiede due anime, eppure rimane un progetto solido, compatto e coeso. Una vera rarità.

La riuscita di questo romantico e doloroso gioco al massacro tra uomo e donna non sarebbe potuta essere talmente efficace senza l’apporto prezioso di Park Hae-il e soprattutto Tang Wei: se infatti l’attore costruisce con minuzia le piccole indecisioni, le minuscole fratture che permettono il progressivo sgretolamento della corazza professionale del poliziotto, l’anima pulsante di Decision to Leave è senza dubbio la sua poetica ed eterea protagonista, una donna la cui malinconia è raccontata attraverso un’enorme varietà di sfumature, che Tang Wei riesce a tratteggiare in tutta la loro potenza. Dopo averla amata in Lussuria di Ang Lee e ammirata in Blackhat di Michael Mann, arriva con questo lungometraggio la conferma definitiva che ci troviamo di fronte a un’attrice completa, capace di dare spessore e coerenza a personaggi dalla complessità non comune.
Pochi autori contemporanei sanno insinuarsi nella mente e sotto la pelle del pubblico come Park Chan-wook: nel caso di questo suo ultimo Decision to Leave lo ha però fatto con una grazia sorprendente, portandoci all’interno di una storia d’amore impossibile e poetica, scandita da momenti di cinema che soprattutto nella prima parte rendono Decision to Leave un lungometraggio frizzante e insieme profondo. Un “oggetto misterioso” e variegato dal fascino tutto particolare.

 

Cinefilos

C’è poco da fare. Quando c’è un regista vero, alla guida di un film, te ne accorgi subito. Ti bastano una manciata di inquadrature per capire che chi le ha pensate, e realizzate, è uno che conosce il mezzo e lo padroneggia, e si può permettere anche di osare, e tu rimani lì a guardare, mentre magari in altre circostanze, con altri registi, lo sguardo e l’attenzione deviano presto dallo schermo. Ecco, Park Chan-wook è uno di questi registi veri, uno di quelli che del cinema hanno un controllo e una padronanza, e direi anche un rispetto, che poi è anche rispetto per lo spettatore, totali. E che ti sanno raccontare una storia, qualsiasi storia, tenendoti lì appeso, ansioso per le sorti dei suoi protagonisti.
Un po’ thriller d’altri tempi, dai risvolti hitchcockiani, un po’ melodramma temperato dalla voglia di giocare con l’umorismo e ammantato da una sensualità forte ma sentimentale, Decision to Leave è un film nel quale Park riesce a bilanciare in maniera sorprendente, e senza ricorrere mai a facili trucchetti, la potenza e l’eleganza del racconto cinematografico classico con la capacità di essere modernissimo: nel contenuto, certo, ma ancora di più nella forma.
Basta vedere come Park muove la macchina da presa, e usa il montaggio, e con quale apparente facilità riesce a inventare nuovi modi per mettere in relazione e a contatto i suoi protagonisti, per capire come e quanto questa fusione tra tradizione e innovazione sia riuscita.
Quello che però conquista, di questa storia d’amore, di questo dramma sentimentale che parla di solitudine e di perdita, ma sempre con toni di estrema levità, è la capacità di Park di raccontare, tratteggiare, svelare l’intimo e l’animo dei suoi personaggi con pochissimi gesti e parole, costruendo un ritratto vivido e pieno di umanità, rendendo impossibile non avere a cuore quel che sta succedendo sullo schermo. Senza strappi, senza forzature, senza ricatti. Semplicemente lavorando sui dettagli, e sulle ambiguità.
Sulla dimensione del ricordo, che assume anche forme digitali di persistenza della memoria: foto, registrazioni audio, messaggi di testo.

Per il detective Hae-joon la questione non è poliziesca ma sentimentale.
Il nodo da sciogliere non è quello della colpevolezza o meno di Seo-rae, ma quello dei suoi sentimenti. Hae-joon sta essendo usato, o Seo-rae lo ama veramente? E come capirlo? E poi, certo, come gestire l’eventualità dell’amore altrui, e la certezza del proprio, con la verità giudiziaria?
Il modo in cui Decision to Leave intreccia questi due piani è altrettanto complesso ma riuscito di quello con cui mescola all’interno del suo racconto i generi e gli stili, e la tensione melodrammatica supera quella tra classicità e modernismo della messa in scena.
E il modo in cui Park conquista il suo spettatore è vertiginoso come certi strapiombi, ma anche dolce, progressivo e inesorabile come l’alzarsi della marea.
Coinvolgente e perfino commovente nella sua composta ma straziante malinconia.

 

Comingsoon.it