Back to Black

Sam Taylor-Johnson

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La rapida ascesa di Amy Winehouse e la pubblicazione del suo rivoluzionario album Back to Black, raccontato dal punto di vista di Amy: uno sguardo senza veli sulla donna dietro il fenomeno e sulla relazione che ha ispirato uno degli album più leggendari di tutti i tempi.
DATI TECNICI
Regia
Sam Taylor-Johnson
Interpreti
Marisa Abela, Jack O'Connell, Eddie Marsan, Lesley Manville, Ryan O'Doherty, Ansu Kabia, Bronson Webb, Juliet Cowan
Genere
Biografico
Sceneggiatura
Matt Greenhalgh
Fotografia
Polly Morgan
Montaggio
Martin Walsh
Musiche
Nick Cave, Warren Ellis
Distribuzione
Universal Pictures
Nazionalità
Gran Bretagna, USA
Anno
2024
Attività

Presentazione e critica

“Voglio che la gente senta la mia voce e dimentichi i suoi problemi per cinque minuti. Voglio essere ricordata per la mia voce, per i concerti, per essere stata me stessa”. Così dicono le due uniche voci off di Back to Black, film che sembra voler far pace con i demoni interiori della talentuosissima Amy Winehouse, scomparsa nel 2011 all’età di 27 anni.

Nata e cresciuta a Londra, famiglia di origini ebraiche, genitori divorziati, Amy Jade Winehouse è una giovane donna libera, con un amore spiccato per la musica jazz, sense of humour e gusto per l’imprecazione. Il suo stile rétro è direttamente ispirato all’adorata nonna paterna Cynthia, ex cantante professionista, sua “icona di stile, icona di tutto”. Amy ha voce potente, estensione, groove, è cresciuta ascoltando musica afroamericana. Se non si conoscessero le sue fattezze, potrebbe tranquillamente passare per una cantante black. Corpo da uccellino, tempra da leonessa, firma il suo primo contratto a diciotto anni, con già le idee molto chiare sul concetto di presenza scenica. Nessuno sa tenerle testa e nessun uomo sa starle vicino come lei vorrebbe. Lo dichiara in Stronger Than Me, uno dei brani di Frank, il suo album di debutto che arriva tredicesimo in classifica nel Regno Unito (“non ricordo più la gioia dell’amore giovane / mi sento una signora e tu il mio lady boy”). Tutto cambia quando al “The Good Mixer” di Camden entra Blake Fielder-Civil, tossicomane che la seduce mimando Leader of the Pack delle Shangri-Las. È colpo di fulmine, inizio di una relazione devastante per entrambi. L’amore, le canzoni. Con un’operazione di zoom chirurgico, Sam Taylor-Johnson e Matt Greenhalgh, già al lavoro sulle biografie di Ian Curtis (Control) e di John Lennon (Nowhere Boy), scelgono di assumere il più possibile il punto di vista della cantante, passando per i suoi sentimenti, le sue dichiarazioni (talvolta inserite in modo un po’ didascalico).

Soprattutto costruiscono la struttura del film attorno ai testi dei suoi brani, diretta emanazione della sua vita. Tagliano fuori l’infanzia, escludono il flashback, mettono subito fuori gioco la madre Janis e l’amica Juliette, pure presenze decorative, fanno solo un rapido accenno ai disturbi alimentari di Amy. Non indagano, se non superficialmente, il ruolo dei discografici sulla sua traiettoria. Per dare spazio, accanto alla coppia Amy/Blake, solo a Cynthia e Mitch, l’unica figura di riferimento solida, e il padre, che è a conoscenza delle dipendenze della figlia ma non sa aiutarla, se non quando è lei a chiederglielo. Verosimiglianza a parte, e anche se riproduce in diversi punti gli scatti dei paparazzi che hanno alimentato le pagine dei tabloid, Back to Black sembra a tratti volersi distinguere dal precedente Amy, documentario impietoso nel restituire tutti i dettagli scandalistici e la degradazione psicofisica da sostanze, compensandone il vuoto familiare. Si focalizza sulla storia d’amore tra Amy e Blake perché è dell’amore non corrisposto, di quel black vischioso, quel back to us che segue ad ogni fine, che Winehouse ha sempre cantato, conquistando i pubblici di tutto il mondo. Il nero è la radice della sua musica, che non è il pop di plastica (“non sono una cazzo di Spice Girl!”, urla al suo manager Nick).

Winehouse ama il blues, perché è la musica che canta le durezze della vita. Ne conosce la potenza, ne è dipendente, fino a quando qualcos’altro ne sostituisce il potere di attrazione. Lo si percepisce nella sequenza in cui, raggiante, cammina per le strade con in cuffia Dog Wop (That Thing) di Lauryn Hill (“il vero girl power per me è Sarah Vaughan, Dinah Washington, Lauryn Hill”).

Ma anche nella lunga scena di seduzione già citata, che vale tutto il film per com’è scritta, ripresa e soprattutto interpretata da un sorprendente Jack O’Connell. Perché lì solamente si avverte il desiderio di Amy sul suo oggetto d’amore. Il film fa parlare con intelligenza anche la musica che Winehouse adorava: l’Anthony Benedetto che nonna Cynthia dice di aver conosciuto non è altro che il giovane, prorompente Tony Bennett di Body and Soul. Fly Me to the Moon è come un canto di famiglia, standard come Embraceable You e There Is No Greater Love fanno riverberare, in punti chiave, una solitudine senza appello. Ad ogni trauma o gioia un tatuaggio, alle prese con un’acconciatura debordante, Marisa Abela, anche dal punto di vista vocale, è una Winehouse accattivante e convincente. Più che una ricostruzione verosimile, un ritratto più rispettoso possibile di una donna lasciata sola a combattere con ferite forse troppo antiche.

Mymovies.it

“Ci siamo detti addio solo a parole, sono morta centinaia di volte, tu torni da lei e io torno nell’oscurità”.

Queste sono le parole della bellissima canzone Back to Black che dà il titolo al bellissimo film di Sam Taylor-Johnson (Black è anche il nome che a Londra si usa per l’eroina), che racconta la storia mai raccontata di Amy Winehouse, la cantante morta tragicamente a ventisette anni, scegliendo un registro diverso, e che ci svela i lati drammatici e oscuri di Amy, ma anche l’aspetto più umano, senza perdere di vista l’elemento musicale; un biopic intenso e commovente.

Mark Ronson, che ha scritto la canzone che dà il titolo al film insieme ad Amy Winehouse, ha dichiarato in una intervista: “Mi aveva detto che le piaceva andare nei bar e nei club, giocare a biliardo con il suo ragazzo e ascoltare le Shangri-Las” ricorda Ronson. “Mi ha fatto ascoltare alcuni di quei dischi. Le ho detto che io non avevo niente da farle sentire in quel momento, ma se mi avesse lasciato lavorare su qualcosa durante la notte sarebbe potuta tornare il giorno dopo. Così ho creato un semplice riff di piano, che è diventato l’accordo della strofa di Back to Black. Dietro ho messo solo una cassa, un tamburello e tanto riverbero”. E poi quelle parole, “We only said goodbye in words/ I died a hundred times”. Il produttore dice a Amy che quelle parole non fanno rima, di sistemarle. “Perché dovrei sistemarle? Sono nate così” è la risposta dell’artista.

L’attrice protagonista, Marisa Abela, è davvero sorprendente. Le canzoni che si sentono sono quelle di Amy, ma lei riesce ad interpretarle benissimo e sembra di vedere la Winehouse. Non è in corsa per gli Oscar, ma se lo meriterebbe: Marisa Winehouse è una delle interpretazioni più belle degli ultimi tempi, che a nostro avviso supera anche quella di Rami Malek nei panni del grande Freddie Mercury.

Il film ci racconta personaggi un po’ diversi da quelli reali: il padre Mitch è sempre vicino alla figlia come un angelo custode, la nonna Cynthia è la sua guida spirituale e umana, e il fidanzato e poi marito Blake che la sposerà per interesse e poi chiederà il divorzio, finendo in carcere nel momento del massimo successo della cantante.

“You love blow and I love puff”: Amy amava l’erba, Blake la cocaina e il loro amore è un amore malato; l’amore per Blake porta Amy nel “black”, appunto, nell’oscurità, come recitano le bellissime parole della canzone, ma la restituiscono poi alla luce, la luce del successo mondiale che la trasforma in una giovanissima star della musica pop, ma che purtroppo non basterà, perchè il cuore di Amy è ferito in modo definitivo e incurabile. Amy è un uccellino in gabbia e il canarino che vediamo nel film ricorda molto il passerotto del bellissimo film del regista di talento canadese Xavier Dolan “È solo la fine del mondo”, che però, a differenza del canarino di Amy, morirà nell’ultima drammatica scena del film, mentre il canarino uscirà dalla sua gabbia.

Back to Black è un film meraviglioso, destinato non solo agli amanti della musica e di Amy Winehouse, ma a tutti quelli che vogliono conoscere una storia bellissima e drammatica, che riesce a raccontare la vita mai raccontata di una grande cantante entrata nel mito, soprattutto attraverso la musica, che è una luce in fondo al tunnel e che illumina l’oscurità con le note e la voce di una ragazza difficile da dimenticare.

Dopo aver visto questo film, sarà bellissimo riascoltare le parole di una delle più belle canzoni che siano mai state scritte, delle quali molti di noi ignoravano il senso, e sarà inevitabile piangere per lei, ma anche credere che quella oscurità non è definitiva. Forse è anche questa la magia della musica.

 

Cinema.everyeye