Anora

Sean Baker

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Le avventure di una sex worker tra New York e Las Vegas: la donna ha la possibilità di vivere una storia da Cenerentola quando incontra e sposa impulsivamente il figlio di un oligarca. La notizia arriva in Russia e la sua favola rischia di andare in frantumi quando i genitori di lui partono per New York per far annullare il matrimonio.
DATI TECNICI
Regia
Sean Baker
Interpreti
Mikey Madison, Yuriy Borisov, Ivy Wolk, Lindsey Normington, Karren Karagulian, Ross Brodar, Mark Eydelshteyn, Emily Weider, Alena Gurevich, Paul Weissman, Luna Sofía Miranda
Durata
138 min.
Genere
Drammatico
Sceneggiatura
Sean Baker
Fotografia
Drew Daniels
Montaggio
Sean Baker
Distribuzione
Universal Pictures
Anno
2024

Presentazione e critica

Anora detta Ani è una ballerina erotica americana di origine russa esperta in lap dance che porta i clienti nei privé offrendo loro servizi extra a pagamento Un giorno nel locale dove lavora arriva Ivan, un ragazzo russo che pare entusiasta di lei e dei suoi molti talenti. Il giorno dopo Ivan invita a casa sua, e Ani scopre che il ragazzo vive in una megavilla ed è figlio unico di un oligarca multimiliardario. Le cose fra i due ragazzi vanno così bene che Ivan porta Ani a Las Vegas e là le chiede di sposarlo. Ma i genitori di lui non sono affatto d’accordo, e mandano una piccola “squadra di intervento” a recuperare il figlio dissennato. Quella che seguirà è una rocambolesca avventura ricca di sorprese, che tuttavia non dimentica di avere un cuore e un occhio alla realtà anche all’interno dell’esagerazione comica. Con Anora il regista americano Sean Baker si cimenta con la “broad comedy” stile Una notte da leoni (indicativo il passaggio a Las Vegas) e la concitazione dei film dei fratelli Safdie, ma mantiene uno stile indie personale e un piglio autoriale riscontrabili in regia, scrittura e montaggio, tutti peraltro firmati personalmente da Baker, che è anche direttore di casting per il suo film: e il cast è responsabile di una parte importante della sua riuscita. Mikey Madison, già apparsa in Once Upon a Time in Hollywood, tiene magnificamente la scena nei panni della protagonista, disincantata ma non priva di speranza, realista ma non priva di sogni, irriducibile e mai incasellabile in qualche facile stereotipo. Accanto a lei c’è un gruppo di magnifici interpreti maschili, fra cui spiccano l’irresistibile giovane attore russo Mark Eydelshteyn (una versione più genuina e divertente di Timothée Chalamet nel ruolo di Ivan) e il veterano attore armeno Karren Karaguilian (atore feticcio di Baker qui nei panni di Toros, il padrino di Ivan). Il più bravo è come sempre il russo Yura Borisov (il “gopnik” Igor), già apprezzato in Scompartimento n. 6 e in Captain Volkogonov escaped, cui spetta qui una delle risposte più belle riguardo alla violenza sulle donne. Il gioco iniziale è quello di raccontare una storia alla Pretty Woman, di cui Anora cita sia uno degli scambi di battute più iconici (“Avrei accettato per duemila” “Sarei arrivato a quattro”) che il nome di Cenerentola abbinato ad una parolaccia, sia infine l’imperativo della protagonista di non baciare sulla bocca i suoi clienti. Ma la storia di Anora prende tutt’altra piega e dà spazio alle dinamiche fra i personaggi, anche loro apparentemente classificabili secondo le maschere ricorrenti del cinema americano e invece mai così scontati. E il pericolo reale che Ani correrà nel corso della storia è ad appena mezzo grado di separazione dallo svolgimento comico della vicenda narrata. La regia ricorda lo Scorsese muscolare dei “bravi ragazzi” (la fotografia, come in Red Rocket, è di Drew Daniels), il montaggio è concitato ma fluido, la sceneggiatura vivace e piena di battute perfette per i personaggi che le pronunciano, perché Anora è uno di quei rari film contemporanei in cui contano in egual misura l’azione e i caratteri, anzi, l’azione è una diretta conseguenza delle personalità in scena, che sono coerenti nel loro sviluppo e non interagiscono mai a casaccio, nemmeno nell’hellzapoppin che si viene a creare. Baker sottolinea ancora una volta la tristezza e lo squallore dei sogni preconfezionati che molti giovani americani scambiano per aspirazioni alte: ad esempio Ani ipotizza come viaggio di nozze Disneyland, il che è anche un riferimento al precedente film di Baker Un sogno chiamato Florida.

Anora è un film divertentissimo ma con una dark side molto oscura, e accompagna il talento multiforme di Sean Baker nel suo passaggio ad un’accessibilità da grande pubblico, senza per questo fargli perdere la propria cifra autoriale e indipendente. E il sesso, come in tutta a filmografia di Baker, è centrale in tutti i suoi significati.

 

 

Mymovies

Commedia indie scatenata e spumeggiante, Anora si apre con una carrellata su ragazze nude che si strusciano sui laidi avventori di uno strip club newyorkese finché il movimento non si ferma su uno di loro che chiede a una fanciulla: “I tuoi sanno che fai questo lavoro?”. E lei ribatte divertita: “La tua famiglia sa che sei qui?”. Dopo aver lasciato il Texas di Red Rocket, sempre presentato in Concorso a Cannes nel 2021, Sean Baker sembrerebbe proseguire così sul solco dei temi di quel film in cui la sexy “Fragolina” voleva fuggire dalla sua piccola città (bastardo posto) per fare carriera nel porno assieme al protagonista. Ma è solo la primissima impressione perché Anora non è una disamina sulle giovani donne impiegate – in nero – a eccitare maschi nei night, ma innanzitutto una dissacrante rivisitazione dell’idea di fondo di Pretty Woman (1990) di Garry Marshall che, incredibilmente, venne ritenuta da tutto il mondo romantica: anche nel film di Baker la giovanissima protagonista, che ha la stessa età di Julia Roberts quando uscì il titolo che la lanciò (23 anni) e che preferisce farsi chiamare Ani, conosce sul posto di lavoro il ventenne russo Jurij detto Vanja che perde la testa per lei tanto da invitarla innanzitutto a casa sua per fare sesso (cosa vietata nel night) e poi proporle di passare l’intera settimana assieme in cambio di 15.000 dollari. Il che è esattamente l’evento scatenante di Pretty Woman dove ovviamente la prostituta e il ricco uomo d’affari alla fine dei sette giorni si innamoravano e demolivano le barriere di classe e “professionali” per restare assieme: in Anora le cose non andranno così e le differenze di ceto nonché l’insensibilità delle classi abbienti diverranno il centro del discorso. (…) Il lavoro portato sulla Croisette da Baker presenta aspetti assolutamente interessanti: Anora smonta la fabula per concentrarsi sulle differenze di classe, diventate ormai abissi perché oggi chi è ricco e chi non lo è fanno parte di pianeti diversi più che di ceti diversi. (…) Ambito intrigante e controverso è poi la rappresentazione del sesso: Anora è una sfrontata, autonoma, autodeterminata e serena lavoratrice del sesso, l’unico strumento di scambio che ha con il resto del mondo. Alla fine la maschera viene giù, con un effetto piuttosto potente, ma per il resto del film è rimasta “su” benissimo il che racconta, probabilmente, una generazione che dà per scontato di doversi vendere.

 

 

Quinlan

(…) Se da un lato non rinuncia ai segni particolari del suo cinema – l’utilizzo dell’Iphone, la predilezione per gli ultimi, la presenza di immigrati e di famiglie tossiche, lo smascheramento dell’American Dream – dall’altro mostra un desiderio maggiore di giocare con le convenzioni narrative e di ammorbidire i tratti di una visione non ancora pacificata ma certamente più distesa. Così, dopo un’ora buona di scene R-17 e di intreccio romance, si sterza sullo humour da black comedy, un tempo lungo un giro di notte, tra locali equivoci, gag slapstick e quartieri russofoni. È la parte migliore del film, quella in cui il cinema vivo e cronachistico di Baker incontra felicemente la partitura di genere e la brillantezza di scrittura. Sempre in bilico tra dissacrazione ed empatia, amore per i personaggi e critica sociale.

Anora conferma anche però la canonizzazione del cinema di Baker nel circuito dei grandi festival: siamo ormai lontani dalla ruvidezza spericolata degli esordi e oltre già il perimetro del cinema indipendente. È un lavoro più morbido e alla moda, capace, nonostante la dissipazione (gira troppo, dura di più), di assimilare elementi pop, gusto per il grottesco e verismo da smartphone con accattivante disinvoltura. Un cinema già da un po’ sfilato all’uomo della strada ma affidato ogni volta a un mix di giovani attori di talento – notevole la protagonista, Mikey Madison – e veterani della recitazione come Yuriy Borisov.

Sospeso nella luce fiacca di un sole indeciso, Anora è un film di passaggio: dall’estasi del sogno alla malinconia del risveglio. Un’istantanea di felicità e il suo negativo. L’ennesimo gesto di attenzione verso i dimenticati, che non sanno che cosa desiderare e non saprebbero nemmeno impararlo. Ma che almeno vogliono vivere.

Cinematografo