Alice, Darling

Mary Nighy

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Alice, che da diverso tempo è intrappolata in una relazione psicologicamente violenta con il suo fidanzato Simon, decide di partire con le amiche per una vacanza al lago, dicendo però una bugia sulla sua assenza al compagno.
DATI TECNICI
Regia
Mary Nighy
Interpreti
Anna Kendrick, Wunmi Mosaku, Kaniehtiio Horn, Charlie Carrick, Mark Winnick, Daniel Stolfi, Carolyn Fe, Gordon Harper, Viviana Zarrillo, Mairi Babb, Susan Applewhaite, Ethan Mitchell
Durata
90 min.
Genere
Drammatico
Thriller
Sceneggiatura
Alanna Francis, Mark Van de Ven
Fotografia
Mike McLaughlin
Montaggio
Gareth C. Scales
Musiche
Owen Pallett
Distribuzione
Notorious Pictures
Nazionalità
Canada, USA
Anno
2022
Classificazione
6+
Attività

Presentazione e critica

Quella di Alice sembra essere una vita perfetta: ha un lavoro stabile, una bella casa, delle amiche affezionate e persino Simon, un fidanzato di bell’aspetto che ha avuto successo nel mondo dell’arte. Nei momenti in cui è da sola, però, Alice sembra essere angosciata, si strappa i capelli ed è estremamente tesa. Quando le sue amiche di infanzia Tess e Sophie le propongono di partire per una settimana al lago per passare del tempo insieme e festeggiare il compleanno di Tess, Alice inizialmente sembra essere preoccupata. Ciononostante, decide di andare con loro: nel corso della vacanza si interesserà al caso di una ragazza scomparsa e lascerà emergere alcuni segreti riguardo alla sua relazione con Simon.
L’esordio alla regia Mary Nighy si fa notare per la verosimiglianza con cui descrive una relazione tossica in cui il maltrattamento assume la forma di una violenza mentale, ma non per questo meno dolorosa. Le conseguenze profonde connesse al vivere una simile situazione rimangono però inesplorate, così come le relazioni tra i personaggi, che hanno il pregio di essere persone comuni – proprio come quelle a cui nella realtà capitano certe cose -. Uno dei meriti di Alice, Darling è sicuramente quello di mettere in scena una relazione tossica in cui gli abusi non si manifestano in modo evidente, ma su un piano più profondo e nascosto, che spesso sfugge a un occhio poco attento. I maltrattamenti inferti da Simon ad Alice non sono infatti di tipo fisico, bensì mentale e psicologico, i più difficili da individuare. Sul corpo di Alice non rimangono tracce della difficile situazione che sta vivendo con il fidanzato, ma nella sua psiche il danno è presente: come le chiazze rosse che prendono il posto delle ciocche di capelli che Alice compulsivamente si strappa, così i segni degli abusi di Simon rimangono ben celati, impossibili da scorgere a un primo sguardo.
Contrariamente all’ideale antico del “bello e buono” – e ai pregiudizi diffusi nel merito – a perpetrare maltrattamenti può anche essere una persona di successo e di bell’aspetto, capace di relazionarsi amichevolmente con gli altri e di risultare gradevole agli occhi di chi, superficialmente, la incontra. Non sempre il carnefice rientra nello stereotipo dell’uomo emarginato, violento e aggressivo e spesso la sua arma più tagliente consiste nella manipolazione, uno strumento difficile da riconoscere, ma in grado di provocare ferite dolorose: questo lo racconta bene Alice, Darling.

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Mary Nighy parla del suo film: “Alice, Darling è una storia sottile e ricca di sfumature sulla coercizione e il controllo. Come regista, non potevo desiderare un cast migliore per dar vita a questa importante storia. La chimica tra Anna Kendrick, Wunmi Mosaku e Kaniehtiio Horn nei panni delle tre amiche, poi, è stata una vera gioia per gli occhi… Appena mi hanno chiamata per realizzare la regia di questo film, ho accettato immediatamente. Il viaggio simbolico ed emotivo di Alice mi ha intrigata immediatamente, soprattutto il suo complicato tumulto interiore che non riesce ad esprimere ma che manifesta in modi spesso strazianti e auto-sabotanti. Come regista, la cosa che mi interessava di più era proprio il suo mondo interiore. Sono una grande lettrice e amo molto i romanzi, perché la letteratura consente di esprimere meglio le sfumature emotive di un percorso interiore. Nel cinema, invece, è molto più difficile far emergere qualcosa di ‘non verbale’. E Alice, Darling mi è sembrato per questo una grande opportunità. Dalla scrittura di Alanna si percepisce la tensione e l’angoscia che si manifestano sotto la superficie di questo personaggio. Così, ho pensato che sarebbe stato davvero affascinante cercare di rappresentarlo visivamente e sonoramente. Per entrare nella mentalità di Alice, ho lavorato a stretto contatto con la sceneggiatrice Alanna Francis. Alice si presenta come una donna di successo e sicura di sé, amata dal fidanzato e dagli amici. Ma lentamente appaiono le prime tendenze autodistruttive. E il mio dilemma era proprio come rappresentare questo dolore così potente che la affligge. Per quanto riguarda la messa in scena, invece, volevo fortemente che il pubblico intraprendesse il viaggio assieme ad Alice, che sentisse di essere nei suoi panni – da qui, anche la scelta di alcune soggettive”.

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Ci sono molti modi per far male a una persona e non soltanto fisicamente, anzi in molte occasione proprio le violenze psicologiche si rivelano assai peggiori, capaci di devastare una mente già fragile per assoggettarla ai propri voleri. Annullare l’altra persona, in una sorta di vampirismo psichico che annebbia la coscienza fino ad annullarla, trasformando in schiavi privi di raziocinio. Una situazione che si riflette in molte storie di coppia, dove uno dei due estremi consuma lentamente l’amato/a in una relazione sempre più morbosa malata e assai pericolosa, giacché il dolore inflitto non è visibile ad un occhio esterno.

Proprio di questa tematica complessa e ricca di amare sfumature parla Alice, Darling, dramma incentrato su una giovane donna – che ha il volto sofferto di Anna Kendrick – che decide di trascorrere una vacanza con le sue migliori amiche per festeggiare il compleanno di una di loro, dovendo fare i conti con quel fidanzato ingombrante che continua a tormentarla sul suo smartphone. n soggiorno che svela progressivamente i dettagli di questa relazione malata e senza apparente via d’uscita, adagiato su una narrazione che vede progressivamente svelati i lati più oscuri del legame.
Se infatti in un primo momento si può pensare ad un’ipotetica esagerazione da parte della protagonista Alice, che arriva addirittura a mentire sui reali scopi della sua partenza, con il procedere dei minuti e una manciata di flashback scopriamo come la figura di Simon sia effettivamente opprimente e “bastarda” e di come cerchi in tutti i modi di costringerla a eseguire i suoi ordini. Dalle foto osé scattate nei bagni dei locali quando esce senza di lui alle sfuriate narcisiste dopo una mostra non andata secondo le previsioni, dagli insulti e dal continuo tentativo di far sentire in colpa la ragazza, comprendiamo la vera essenza di questo babau in carne e ossa apparentemente inattaccabile, anche perché come dice la stessa Alice in una battuta “non mi ha mai fatto del male” intendendo ovviamente quello fisico.

Fondamentale in questo percorso di rinascita e di riscoperta di se stessa la presenza delle due amiche di un tempo, che con il passare dei giorni e quella ritrovata convivenza scoprono il disagio interiore della loro sodale e cercano di liberarla da quel cappio invisibile che sembra stringersi intorno a lei con un approccio sempre più claustrofobico e destabilizzante.
Al contempo assume maggiore significato anche la sottotrama inerente alla scomparsa di una ragazzina adolescente proprio in tal luogo di villeggiatura, con le ricerche per ritrovarla alla quale partecipano tutti e con la stessa Alice che si ritrova in prima persona ad affrontare un passaggio tensivo proprio durante un’indagine improvvisata e in solitaria. E di come ancora una volta molte persone arrivino a colpevolizzare la presunta vittima, situazione perfettamente speculare a quella vissuta dalla nostra. Il ritmo tensivo e la suspense in crescendo permettono di chiudere un occhio su una narrazione effettivamente lineare, nella quale a livello di eventi accade poco o nulla e un paio di tempi morti fanno capolino, per poi illuminarsi in quell’epilogo dai mille significati dove l’unione fa la forza. Una piccola curiosità: il film segna l’esordio dietro la macchina da presa di Mary Nighy – doppia figlia d’arte, suo padre è l’attore Bill Nighy e la madre l’attrice Diana Quick – che qua dimostra già come sapere gestire il solido ed eterogeneo cast a sua disposizione. A cominciare da una Anna Kendrick in una delle prove più intense della sua carriera.

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