Acqua e anice

Corrado Ceron

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Acqua e Anice, il film diretto da Corrado Ceron, racconta la storia di Olimpia una donna un tempo molto celebre come ballerina di liscio, soprattutto nelle balere.
DATI TECNICI
Regia
Corrado Ceron
Interpreti
Stefania Sandrelli, Silvia D'Amico, Paolo Rossi, Luisa De Santis
Durata
107 min.
Genere
Drammatico
Sceneggiatura
Corrado Ceron, Federico Fava, Valentina Zanella
Fotografia
Massimo Moschin
Montaggio
Nicola Bonaldo, Davide Vizzini
Musiche
Daniele Benati, Claudio Zanoni
Distribuzione
Fandango
Nazionalità
Italia
Anno
2022
Classificazione
6+

Presentazione e critica

Acqua e Anice è un inno alla vita, alla libertà di scelta e alla dignità.
Ottimo l’esordio cinematografico di Corrado Ceron che, con una regia stilisticamente pregevole, una fotografia impeccabile (il vero marchio di fabbrica delle produzioni K+), pochi elementi e parole dette e non dette, ci fa entrare nelle emozioni delle protagoniste: dallo smarrimento esistenziale di Maria (brava Silvia D’Amico a gestire più registri interpretativi) alla “folle lucidità” di Olimpia, intenta a unire alcuni punti del suo passato, regolando qualche conto ancora aperto e congedandosi dalle persone più significative che
ha incontrato.
Che dire della Sandrelli: in tutto il film si percepisce quanto sia coinvolta nel ruolo, ma ci sono alcune scene dove mette in mostra una clamorosa bravura. Bella e convincente anche l’interpretazione di Paolo Rossi. Gimmi, il suo personaggio, ha il compito di accompagnarci nella conoscenza nostalgica del passato movimentato e glorioso di Olimpia quando era la leggenda del liscio.
Il regista fa una scelta precisa, sta dalla parte di Olimpia. Non sappiamo quanto Ceron approvi la scelta della protagonista ma, “incollandole” la telecamera per tutto il film, rende omaggio a una donna che ha avuto il coraggio di fare una scelta radicale, magari non condivisibile, ma legittima.
Il punto del film, in fondo, è proprio questo: Non sempre è importante condividere le scelte delle persone a cui si vuole bene; è più importante riconoscere loro la libertà di scegliere la propria idea di dignità.

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Un segreto da portare con sé fino alla fine. O che sia forse proprio la fine di tutto, quell’inconfessabile verità da custodire, la decisione finale da non rivelare a nessuno. Olimpia è un’ex star del liscio ormai anziana, che dopo anni dai successi come cantante nelle balere, viene ingaggiata dalla sorella per esibirsi al suo matrimonio. Troverà in Maria (Silvia D’Amico) una fidata autista per accompagnarla in un tour dei ricordi, tra ex amanti e amici di vecchia data, fino alla meta finale, Zurigo, dove Olimpia dice di dover incontrare un’amica.
Acqua e Anice è affidato totalmente al corpo e al volto di Stefania Sandrelli, che dà vita a un’Olimpia dalla personalità fuori misura, esuberante e al contempo naïf, che mal si adatta ai rigidi schemi sociali in cui invece Maria, al suo opposto, riservata, ritrosa, discreta, sembra trovarsi così a suo agio. Attraverso il viaggio, Olimpia sembra voler fermare un tempo che nella sua mente scorre troppo velocemente, confondendosi, rannicchiandosi su se stesso in una morsa che le toglie il respiro. Ecco quindi che ogni incontro, ogni saluto di commiato, ogni momento di leggerezza che si concede, è un istante di sospensione, un tentativo di appesantire quel tempo fuggevole e tiranno, per dilatarlo, allungarlo, rimandarlo. E fermarsi a rifiatare, a liberarsi per un attimo dalla morsa di una disperazione solitaria e taciuta. A cui far buon viso concedendosi svago e leggerezza, racconti di gioventù ed eccessi, amori clandestini e confessioni. La regia di Ceron è sempre garbata, mai invadente, e riesce a dar luce a sentimenti autentici che non eccedono mai nel pathos. Il film scorre lungo le strade dell’Emilia rurale e malinconica, annebbiata e desolata, metaforica rappresentazione visiva di Olimpia, in una ricerca intimista che non si prende mai troppo sul serio, e anzi è capace di cambiare registro non appena raggiunge i picchi di commozione più alti, abbandonandosi alla naturale e malinconica comicità della sua protagonista.

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Olimpia è una donna elegante con un passato da cantante di balera insieme al suo gruppo “I capricci di Olimpia”. Ora vive da sola e si prende cura delle sue parrucche tanto amate; rilegge le lettere dei suoi ammiratori che conserva con cura e con grande affetto. Ha una grande passione per l’acqua e l’anice che beve molto spesso e sulla cui preparazione è molto severa. Un giorno al lido che frequenta spesso scopre che Maria, la ragazza del proprietario, si è licenziata e decide quindi di proporle un nuovo lavoro per aiutarla. Dovrà accompagnarla a Zurigo ma lungo il viaggio dovrà fare diverse tappe da alcuni suoi amici e vecchie conoscenze per lei molto importanti.
Inizia quindi l’avventura di Maria e Olimpia a bordo del vecchio furgoncino con cui attraverseranno non solo l’Italia e la Svizzera ma ritroveranno persone del passato e proveranno a conoscere meglio se stesse come non avevano mai fatto prima. Più trascorrono del tempo insieme più Maria – che all’inizio era restia noi confronti di Olimpia – comincia ad affezionarsi alla donna e alla sua natura esuberante e divertente. Allo stesso modo Maria cercherà di riportare con i piedi per terra una Olimpia un po’ svampita che si lascia guidare dalle circostanze. Questa inaspettata amicizia farà scoprire ad entrambi non solo di essere molto simili ma di avere un’inaspettata connessione. Non mi sveliamo altro ma vi lasciamo qui sotto il trailer del film.
Acqua e Anice è una storia che riesce a combinare in maniera adeguata la giusta dose di commedia e di dramma, un po’ come la combinazione tra acqua e anice: il drink tanto amato da Olimpia. Ed è proprio il suo personaggio quello che cattura di più gli spettatori e li fa empatizzare grazie alla capacità di Stefania Sandrelli di far emergere questi due lati complementari del suo personaggio. Da una parte troviamo una donna che vive di ricordi e che fa un vanto del suo passato indossandolo come un’armatura che le fornisce forza, spavalderia e irriverenza rendendola divertente. Dall’altra invece sono rari momenti in cui si toglie l’armatura e dietro si nota una donna fragile, spaventata e in verità sola. L’attrice riesce perfettamente con un cambio di sguardi e con una mimica espressiva davvero notevole a mostrare queste due versioni dello stesso personaggio. Questo viaggio diventa quindi per Olimpia non solo un viaggio nei ricordi, che le permette di rincontrare persone che hanno fatto parte del suo passato, ma anche anche di allontanarsi da quella realtà che la fa soffrire. È come se fosse un tentativo di sovrapporre al suo presente – che non la soddisfa – quel passato che invece le ha regalato tante gioie e momenti felici. Funziona poi benissimo la combinazione con Maria che è invece al suo opposto. Silenziosa, introversa e che rifugge le attenzioni di tutti, ragion per cui Olimpia l’ha scelta.
Un personaggio di cui però si scopre molto poco rispetto alla sua amica. Il film quindi è ben sostenuto da una sceneggiatura solida che ha pochi tentennamenti; la storia ha una linearità logica e gli stessi personaggi riescono ad incuriosire e nel complesso sono ben costruiti. La regia poi li segue passo passo, soprattutto Olimpia di cui regala molti primi piani attraverso i quali emerge la complessità del suo personaggio. Buona anche la fotografia che regala inquadrature dall’alto della strada percorsa dalle due e poi dei paesaggi emiliani. Esattamente come l’acqua e l’anice, Maria e Olimpia si incontrano e la loro combinazione risulta in qualcosa di unico. Il film è quindi una visione consigliata proprio per questa giusta combinazione tra ironia e leggerezza da una parte e dramma e malinconia dall’altra: una storia quella di Olimpia che invita a riflettere sul presente, l’importanza della spontaneità e un invito ad essere sempre se stessi non importa cosa pensino gli altri.

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